venerdì 18 marzo 2011

MANUALE TELLUS (2005-2009) di Claudio Di Scalzo. "Il piccolo bucato" di Attilio Pratella/Giovanni Pascoli. 2

                   




Il piccolo bucato, 1892. Progetto di illustrazione per Myricae, tempera e biacca su cartoncino, 32 x 36,5, Castelvecchio di Barga, Casa Pascoli. Inedito.
Il pittore interpreta i richiami pascoliani alla vita quotidiana e ai suoi gesti in campagna: il bucato.








mercoledì 16 marzo 2011

MANUALE TELLUS (2005-2009) di Claudio Di Scalzo. "Ida e Maria" di Attilio Pratella. 1

                                                
                                                          Attilio Pratella: Ida e Maria



Ida e Maria, 1893-1894. Illustrazione per Myricae, Livorno, Giusti. Matita e acquarello su cartoncino, 63,5 x 45,5. Castelvecchio di Barga, Casa Pascoli. Inedito.

Pratella conobbe il giovane Pascoli nella "Brigata carducciana". Anni dopo il poeta gli chiederà, e siamo nel '92, di collaborare all'allestimento grafico della terza edizione di Myricae.

Pratella interpreta l'intimismo di casa Pascoli e come il poeta "vede" le sorelle.







MANUALE TELLUS di Claudio Di Scalzo (2005-2009). Gauguin, Tre tahitiani

 

                                                                              Tre tahitiani, 1897


Tre tahitiani, 1898, Edimburgo, National Gallery of Scotland

Gauguin scrive che fu la classica bellezza della figura umana nell’elementare verginità della natura dei mari del sud, a fargli trovare i suoi colori e le sue forme. Affascinato dalla placidità, dai movimenti, dai gesti espressivi e dalla vita di questi uomini trovò «floridezza, fede, natura contro aridità, costrizione, artificiosità» (Noa-Noa). Egli vede i corpi del colore del bronzo bagnati dalla luce dorata, e cerca di fissare l’espressione dei loro grandi, semplici gesti e dei loro movimenti. In questo e in altri quadri che rappresentano la gente di Tahiti, gli si rivela una tacita musica, il suono dei pochi, forti colori. Una grande, serena pace emana dallo sguardo e dalle mani che reggono fiori e frutti; è più che esotico romanticismo ciò che Gauguin riesce qui ad afferrare. L’incanto dell’umanità primitiva riceve, per mezzo suo, figura artistica, «ancora una volta, prima che essa sparisca definitivamente dal mondo».

Gauguin, nei primi quadri del mare del sud, è sopraffatto dalla ricchezza delle forme e dei colori di questa natura esuberante nelle opere più mature, come in questa riprodotta, tutta l’atmosfera viene afferrata ed espressa solo dalla mossa cromaticità dello sfondo: un giallo oro assoluto e caldo, di mitica profondità, leggermente sfiorato da un velo violetto, sul quale le belle figure appaiono, per contrasto, scultoree e monumentali. (Claudio Di Scalzo)

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Il dipinto, pittura ad olio su tela, prima di arrivare alla National Gallery of Scotland di Edimburgo appartenne alla collezione di madame d’Andoque. A volte viene presentato nei cataloghi con il titolo “Conversazione” oppure come “Conversazione a Tahiti”. (cds)




VITA DI GAUGUIN


Nato nel 1848 a Parigi, Gauguin, dopo gli anni di scuola entra nella Marina, e, dopo molti viaggi all’estero resta per 12 anni, impiegato ben pagato, in un istituto bancario. Sono anni sereni, trascorsi insieme con la moglie, danese, e cinque bambini. Poi, nel 1883, esplode la passione della pittura, che rivela il suo grande talento, distrug­gendo però il patrimonio e la famiglia. I nuovi problemi della superficie, delle forme semplici, dei colori forti e interi, lo pon­gono fin dall’inizio in una posizione di contrasto con gli impres­sionisti. Nella Bretagna nascono le prime di queste opere che cercano di risolvere problema della superficie e del colore (vedi nelle immagini allegate il “Cristo giallo”). A Panama e sull’isola di Martinique egli trova colori che corrispondono ancor più alla sua immaginazione, una natura elementare, che lo entusiasma; forse risorgono in lui impressioni dell’infanzia, di quando, con la madre e i fratelli, visse nel Perù dal terzo al settimo anno di vita. Il tem­peramento imperioso e la sua aggressività in questioni artistiche, lo portano a contrasti con gli amici, fino alla tragedia con Van Gogh ad Arles, nell’autunno del 1888. Nella primavera di questo stesso anno egli aveva formulato il suo credo artistico; il successo di una vendita di suoi quadri gli offre, nel 1891, la possibilità di iniziare una vita del tutto diversa nelle regioni dei mari del sud. Dopo alcune delusioni iniziali egli trova ciò che veramente aveva sempre cercato: bellezza, natura intatta, purezza dell’essere. Egli dipinge fino all’esaurimento di tutti i suoi mezzi e di tutte le sue forze, torna, dopo una pausa a Parigi, (un’eredità, che riceve in quegli anni, è presto consumata, i quadri non hanno il successo sperato) va di nuovo nelle isole dei mari del sud, scrive (Noa-Noa) e dipinge vita e mito; crea, fino alla morte, avvenuta nel 1903, sculture e disegni, in mezzo a grandi difficoltà spirituali e materiali, alle quali sa ancora strappare veri capolavori.


Claudio Di Scalzo discalzo@alice.it


NOTIZIE SUL MANUALE SCOLASTICO TELLUS DI CLAUDIO DI SCALZO
     
Inserii nel giornale telematico da me fondato e diretto TELLUSfolio (2005-2009) il MANUALE TELLUS (che riprende nome e testata della rivista/annuario di Marco Baldino-Claudio Di Scalzo, 1990-2009), manuale scolastico per il biennio e il triennio delle superiori, con la sezione LABORATORIO dove vengono esplicate unità didattiche, percorsi per gli esami, tesine. In parallelo nella sezione TELLUSmostre, sempre sullo stesso giornale, ho inserito collegamenti con "ARTE e SCUOLA" ed anche questo manuale visuale verrà ri-pubblicato e ampliato sul MANUALE TELLUS/MANUALE DI CLASSE. I recenti sviluppi della manualistica on line confermano la novità di questa mia intuizione sei anni fa! Il MANUALE TELLUS verrà ri-pubblicato su questo weblog in quanto quello presente, attualmente su TELLUSFOLIO è stato snaturato e tenuto on line contro la mia volontà di autore e docente dall'Editrice Labos-Cooperativa Labos di Morbegno. Claudio Di Scalzo discalzo@alice.it  






sabato 12 marzo 2011

Ludwig van Beethoven: Vita e Testamento di Heiligenstadt

   




Ludwig van Beethoven fu battezzato il 17 dicembre 1770 a Bonn. La sua famiglia era originaria del Brabante, in Belgio. Suo padre era musicista, alla Corte di Bonn, con una spiccata inclinazione per il bere. Sua madre è sempre stata descritta come una donna dolce, modesta e premurosa. Beethoven diceva di lei che era «la sua migliore amica». La famiglia Beethoven ebbe sette bambini, ma solo tre ragazzi sopravvivranno; Ludwig sarà il maggiore dei fratelli.

Molto presto, Ludwig si interessò alla musica, e suo padre Jhoann lo istruì ai fondamenti della sublime arte giorno e notte, quando ritornava a casa, dopo le ripetizioni o la taverna. Che il bambino manifestasse il dono della musica non lasciava nessun dubbio, e suo padre Johann pensò di farne un bambino prodigio, come fosse un novello Mozart.

Il 26 marzo 1778, all'età di 8 anni, Beethoven si presentò per la sua prima esibizione pubblica conosciuta, a Colonia. Per la circostanza suo padre dichiarò che il giovanetto non aveva che sei anni. A causa di ciò, lo stesso Beethoven pensò sempre di avere due anni in meno della sua effettiva età; difatti, molti anni più tardi, quando riceverà a Vienna una copia del suo atto di battesimo, pensò che si trattasse dell'atto di battesimo di suo fratello Ludwig Maria, nato due anni prima di lui e deceduto in tenera età.

Ma le capacità pedagogiche e musicali del padre erano limitate. Ben presto Ludwig apprenderà la musica, in modo particolare organo e composizione, grazie a musicisti famosi come Gottlob Neefe. Quest'ultimo, particolarmente, si renderà conto delle capacità straordinarie di Beethoven. Facendogli conoscere, inoltre, grandi filosofi, antichi e moderni, Neefe introdurrà il giovane Beethoven allo spirito illuministico moderno.

Solamente nel 1782, a dodici anni, Beethoven pubblicò la sua prima opera: le 9 variazioni, in do minore per piano, su una marcia di Ernst Christoph Dressler (WoO 63). L' anno seguente, nel 1783 Neefe scrisse, nella Rivista della musica a proposito del suo alunno: «Se continua così, sarà sicuramente un nuovo Mozart».

Nel giugno 1784, grazie alle raccomandazioni di Neefe, Ludwig è chiamato in qualità di organista, alla corte di Maximilian Franz, principe elettore di Colonia. Il compositore ha allora 14 anni. Questo posizione gli permette di frequentare membri dell' aristocrazia Bonnense ed amici del padre. Incontra allora persone con cui avrà relazioni per tutta la durata della sua vita: il famiglia Ries, la famiglia von Breuning e l'affascinante Éléonore, Karl Amenda, il violinista Franz Gerhard Wegeler, amico medico che andrà anche a Vienna.

Nella propria famiglia, poco a poco, Ludwig sostituisce suo padre. Finanziariamente, innanzitutto, perché Johann, spesso ubriaco, è sempre meno capace di assumere il suo posto al focolare e la sua funzione di musicista di Corte. Il giovane Beethoven si sentirà responsabile dei suoi due fratelli, ed egli assumerà questa responsabilità tutta la sua vita, talvolta fino all'eccesso.

Cosciente anch'egli della predisposizione alla musica di Beethoven, Principe Maximilian Franz lo manda a Vienna a sue spese, nel 1787, per incontrare Mozart e rifinire la sua educazione musicale. Vienna in quel tempo è la città faro della cultura musicale. Per quanto riguarda l'incontro tra Mozart e Beethoven, esistono solamente dei testi di veridicità incerta. Mozart avrebbe detto «non dimenticate questo nome, ne sentirete parlare».

Ma una lettera richiamò Beethoven a Bonn: sua madre è morente. L'unica persona della sua famiglia con la quale era riuscito a creare dei legami affettuosi si spegne il 17 luglio 1787.

Cinque anni più tardi, nel 1792, Beethoven riparte per Vienna, beneficiando di una rendita, assicurata dal Principe Elettore che sarebbe dovuta durare per due anni per rifinire la sua erudizione musicale. Non rivedrà mai più la sua città natale. Il suo amico Waldstein gli scrive queste parole: «..ricevete dalle mani di Haydn lo spirito di Mozart»...

A Vienna, il giovane musicista prende delle lezioni con Haydn, poi con Albrechtsberger e Salieri. Stupisce e seduce Vienna per la sua virtuosità e le sue improvvisazioni al pianoforte. Nel 1794, Beethoven compone la sua opus 1, i tre trii per Pianoforte, violino e violocello. L'anno seguente, Beethoven organizza la sua prima rappresentazione pubblica a Vienna (una “Accademia”) durante la quale dirige le sue stesse opere. Seguirà un tour: Praga, Dresda, Lipsia e Berlino prima di partire per un concerto a Budapest.

Gli incontri che Beethoven ha a Vienna sono numerosi. Tutti gli esponenti della vita musicale e dell'aristocrazia ammirano il giovane compositore. Questi melomani saranno i più grandi mecenati e sostenitori di Beethoven. Il “Gran Mogol”, come lo definirà Haydn, si arrabbierà regolarmente con gli uni e gli altri, salvo fare poi autocritica e porgere le scuse a tutti. Il suo talento e la sua bontà d' animo scuseranno il suo comportamento eccessivo ed impulsivo.

Nel 1800, Beethoven organizza un nuovo concerto a Vienna che comprende, in particolar modo, l'esecuzione della sua prima sinfonia. Sebbene oggi consideriamo l'opus 21 classica, nella sua concezione e vicina alle sinfonie di Mozart e di Haydn, all'epoca molti ascoltatori trovarono questa composizione strana, ostentata ed eccessiva. Il genio di Beethoven che non è ancora pienamente espresso, tuttavia i bagliori del genio futuro spaventano ed inorridiscono i critici del tempo.

Solo nel 1801 Beethoven confessa ai suoi amici di Bonn il timore di diventare sordo. A Heiligenstadt, nel 1802, redige un testo celebre dove spiega la sua ribellione al dramma che vive: lui, un musicista, sta per diventare sordo! Ecco una fatalità alla quale non si augura di sopravvivere. Ma la musica lo richiama al lavoro. Ed egli scrive che dovrà esplorare, scoprire e tramandare molti altri campi musicali. Beethoven non si suiciderà, farà conoscere poco a poco il suo handicap crescente, ed si getterà nella composizione di opere grandiose: dalle eccezionali sonate per pianoforte (in particolar modo la Tempesta e la Caccia, opus 31), la seconda e la terza sinfonia-Eroica e molte altre opere ancora.

Beethoven scrive la terza sinfonia in omaggio di un grande uomo, Bonaparte. Quest'uomo è considerato allora come il liberatore dei popoli, generato dalla Rivoluzione francese portatrice di speranza. Quando il Primo Console si dichiarerà Imperatore, Beethoven cancellerà rabbiosamente il nome di Bonaparte dalla dedica di questa sinfonia.

La prima interpretazione pubblica della sinfonia Eroica si terrà il 7 aprile 1805, a Vienna.

Beethoven ha peraltro finito in questo fecondo periodo la sua unica opera lirica, Leonore. La correggerà e scriverà per essa quattro ouvertures differenti. Il nome dell'opera diventerà allora Fidelio, contro la volontà del compositore. Il 20 novembre 1805 si svolgerà la prima… davanti ad un pubblico diradato di ufficiali francesi, poiché Napoleone, alla testa del suo esercito, è entrato in Vienna per la prima volta. Tutto ciò si ripeterà nel 1809.

Negli anni seguenti, l'attività creatrice del compositore è intensa. Compone parecchie sinfonie, fra cui la Pastorale, l'ouverture Coriolano, la famosa bagatella "Per Elisa”. Ha alcuni allievi, ed anche delle allieve, che troveranno affascinante il rude maestro. Diventa inoltre suo allievo l' arciduca Rodolfo, fratello dell'imperatore, il quale diverrà ben presto anche suo amico e ben presto uno dei suoi protettori.

Nel 1809, Beethoven pensa a lasciare Vienna, seguendo l' invito di Girolamo Bonaparte. La sua amica di sempre, la Contessa Anna Marie Erdödy, lo trattiene, con l'aiuto dei suoi più fedeli ammiratori: l'arciduca Rodolfo, il principe Lobkowitz ed il principe Kinsky. Questi ultimi si impegnano a versare a Beethoven una rendita annua di 4.000 fiorini, permettendogli di vivere senza alcuna costrizione finanziaria. L'unica condizione è che il compositore dovrà non lasciare Vienna. Beethoven accetta. Questa rendita farà di lui il primo compositore indipendente. Prima di questo contratto musicisti e compositori erano dei servitori in seno ad una casa di un ricco aristocratico, sia che si chiamassero Bach, Mozart od Haydn. Domestici senza nessun diritto più degli altri, ma con il dovere di comporre e di rappresentare musica. Nasce così una nuova era per la musica: il compositore è libero di scrivere quando vuole, ciò che vuole, su ordinazione oppure seguendo la propria ispirazione.

Nel 1812, Beethoven segue delle cure termali Teplitz, e redige una ardente lettera all'«Immortale Amata». Questa lettera, che fu ritrovata in un cassetto segreto, dopo la morte del musicista, assieme al testamento di Heiligenstadt, non ha tuttora finito di suscitare dibattiti, ricerche e supposizioni dei biografi del musicista. A turno, quasi tutte le sue amiche ed allieve sono state proposte come destinatarie di questa lettera, ma, a meno che non si trovi un nuovo documento, così come talvolta succede talvolta nelle aste o una collezione privata, è molto probabile che l' amore di Beethoven rimanga un giusto segreto per sempre.

Alla fine del luglio 1812, Beethoven incontrerà Goethe, per iniziativa di Bettina Brentano. I due grandi uomini si ammirano ma non si comprendono. Il compositore trova il poeta-consigliare troppo servile, e questo ultimo disse che Beethoven è «persona completamente indomabile». Beethoven ammira Goethe, e metterà in musica parecchie sue poesie. Beethoven penserà sempre con rammarico di non essersi compreso con Goethe.

Purtroppo, uno dei suoi protettori, il principe Lobkowitz, ebbe in quel periodo gravi difficoltà finanziarie, il Principe Kinski morì a causa di una caduta di cavallo ed i discendenti tentarono di disfarsi dell'obbligo finanziario contratto a favore di Beethoven. Sarà l'inizio di parecchi processi che il compositore intraprenderà, per salvaguardare la sua indipendenza finanziaria.

Inventore geniale, probabile inventore del metronomo, Maelzel aveva incontrato già Beethoven e creato diversi apparecchi acustici per Beethoven, per aiutarlo nel suo udito sempre più debole: dai cornetti acustici, ad un sistema di ascolto collegato al pianoforte. Nel 1813, Beethoven compone La vittoria di Wellington, opera realizzata per un strumento meccanico di Maelzel detto “panharmonica” (o “panharmonicon”). Ma è soprattutto l'invenzione del metronomo che farà evolvere la musica, e Beethoven, che ne ha subito afferrato l'importanza, annoterà scrupolosamente il tempo metronomico sulle sue partiture affinché le sue opere siano interpretate secondo i suoi precisi desideri.

L'Accademia del 1814 raggrupperà La Vittoria di Wellington, così come la settima e l'ottava sinfonia. Il 1814 sarà anche l'anno della riscrittura di Leonora in Fidelio, la sola opera lirica di Beethoven. Questa opera, così rivista, otterrà infine il successo del pubblico. Il Congresso di Vienna, che si tenne in quella città lo stesso anno, sarà il momento di massima gloria e di riconoscimenti per Beethoven. Mentre Re ed Imperatori discutono i destini dell'Europa, il compositore sarà invitato a suonare più volte davanti agli uomini più potenti del tempo, e di questo ne sarà fiero per tutta la vita.

Il 15 novembre 1815, morì Kaspar Karl, il fratello di Beethoven. Lasciò una moglie che il compositore soprannominerà “La regina della notte”, parafrasando Il Flauto magico di Mozart, a causa della scarsa dirittura morale della vedova, così come un figlio, Karl, di solo 9 anni.

La vita di Beethoven cambiò radicalmente, dal momento che suo fratello aveva scritto sul suo testamento «che la tutela di suo figlio fosse esercitata congiuntamente da sua moglie e da Ludwig, suo fratello». Quest'ultimo prenderà molto sul serio il suo ruolo, ma il celibe di 45 anni, sordo ed ammalato, troverà problemi insormontabili a capire il bene del bambino prima e del giovane poi. Questo triste periodo condizionerà gli anni seguenti della vita del compositore, sempre alle prese con problemi giudiziari per la tutela del minore.

Nel 1816, Carl Czerny (futuro maestro di Franz Liszt), allievo di Beethoven, diventerà il professore di musica di Karl, ma senza incontrare alcun successo. In questo periodo il compositore finisce il ciclo di lieder All'amata lontana opus 98 ed abbozza il primo tema per la nona sinfonia.

Due anni più tardi, l'arciduca Rodolphe diviene cardinale e Beethoven comincia la composizione della Missa Solemnis opus 123. L'opera non sarà pronta per la cerimonia cui era stata destinata, ma l'occasione donò all'umanità il capolavoro che conosciamo.

Gioachino Rossini si recò a Vienna nel 1822, in un trionfale tour, ed incontrerà Beethoven. La barriera, imposta dalla lingua e la sordità di Beethoven, permetteranno solamente una breve visita. Il compositore viennese apprezzava molto poco l'opera italiana, che considerava frivola.

La nona sinfonia sarà praticamente terminata nel 1823, lo stesso anno della Missa solemnis. Liszt, che aveva allora 11 anni, incontrerà Beethoven. Forse il sommo maestro assisterà al concerto del giovinetto del 13 aprile. Egli si congratulerà calorosamente col piccolo virtuoso che, degli anni più tardi, trascriverà interamente sinfonie e lieder di Beethoven per piano.

Il 7 maggio 1824 sarà la data della prima interpretazione della nona sinfonia e, malgrado le difficoltà di esecuzione e soprattutto delle parti cantate, sarà un successo. Purtroppo senza ricadute finanziarie. Questi problemi finanziari continueranno a tormentare il compositore fino agli ultimi giorni della sua vita, sebbene, dopo la sua morte, verranno trovati alcuni titoli di credito, che Ludwig aveva custodito per il nipote.

La grande stagione compositiva continuò ancora con i grandi ultimi quartetti per archi, Opus 127, 130, 131, 132, 133, 135. Opere difficili per i contemporanei, ed ancora pregne di lati oscuri. Tuttavia la vena del maestro sembra inesauribile; anche una ipotetica decima sinfonia viene pensata ed abbozzata.

Nel dicembre 1826, ritornando a Vienna su di un carro scoperto, dopo che aveva avuto una ennesima lite con suo fratello, Beethoven prese una terribile infreddatura. La malattia complicherà la sua situazione di salute, già molto precaria. Si spegnerà lentamente circondato dai suoi più cari amici, il 26 marzo 1827, nel bel mezzo di un furioso temporale; ma il caso volle che, al momento del decesso fossero presenti presso il suo letto di morte solamente l'odiata cognata, Therese Obermayer e il musicista Anselm Huettenbrenner, quasi un estraneo.

La cerimonia funebre si svolse alla chiesa della Santa Trinità. Si stima che tra 10.000 a 30.000 persone si riunirono per accompagnare Ludwig van Beethoven alla sua ultima casa. Franz Schubert, timido ammiratore del grande compositore, e che non ebbe mai il coraggio di avvicinarlo, sarà uno dei portatori delle fiaccole funebri, assieme a numerosi altri musicisti. Schubert morì l'anno seguente e sarà seppellito vicino a Beethoven. Heinrich Anschütz, attore lesse l'orazione funebre, scritta da Franz Grillparzer, grande letterato, davanti alle porte del cimitero di Währing (oggi, Schubert Park).



TESTAMENTO di Heiligenstadt


Nel maggio 1802, su consiglio di Johann Adam Schmidt, Beethoven si recò ad Heiligenstadt per riposarsi. Questo comune era allora distinto da quello di Vienna: per spostarsi dall'uno all'altro era necessaria una carrozza.



Depresso, non potendo più tener nascosta la sua crescente infermità, Beethoven scrisse il 6 ottobre 1802 un documento che custodì preziosamente, conosciuto con il nome di Testamento di Heiligenstadt. Nello scritto Beethoven svela la sua sordità. Una seconda parte del testamento fu redatta alcuni giorni dopo, il 10 ottobre 1802.
È a notarsi che per tre volte il compositore non scrisse mai il nome del suo secondo fratello, Johann.
Beethoven redasse in seguito due altri testamenti: nel 1824 ed infine poco prima la sua morte, nel 1827.

Per i miei fratelli Carl e Beethowen

O voi uomini che mi credete ostile, scontroso, misantropo o che mi fate passare per tale, come siete ingiusti con me, non sapete la causa segreta di ciò che è soltanto un'apparenza, il mio cuore e la mia mente erano sin dall'infanzia inclini al tenero sentimento della benevolenza, e avrei anche sempre voluto compiere grandi azioni, ma pensate solo che da sei anni sono colpito da un male inguaribile, reso più grave da medici insensati che mi hanno ingannato anno dopo anno facendomi sperare in un miglioramento illusorio, con la prospettiva finale di una menomazione permanente (la cui guarigione durerà magari anni se non è addirittura impossibile). Nato con un temperamento ardente e vivace, persino aperto alle distrazioni della vita sociale, ho dovuto presto isolarmi, vivere in solitudine, ogni tanto ho ben cercato di superare tutto ciò, ma l'esperienza doppiamente mortificante del mio cattivo udito mi ha duramente richiamato alla realtà, come avrei infatti potuto dire agli uomini: parlate più forte, gridate, perché sono sordo, come poter confessare la debolezza di un senso che dovrei possedere molto più degli altri, un senso che un tempo possedevo in realtà al più alto grado di perfezione, come pochi altri del mio mestiere possiedono o hanno mai posseduto - no, non lo posso fare, perdonatemi quindi se mi vedrete stare in disparte là dove invece mi mescolerei così volentieri con voi, la mia disgrazia mi fa doppiamente male perché vengo inoltre malgiudicato, per me il piacere di stare in mezzo alla gente, di partecipare a conversazioni intelligenti, a proficui scambi di vedute, non esiste, e quando è veramente indispensabile avere a che fare con la società, devo restare quasi completamente solo, vivere come un esiliato, se mi avvicino a qualcuno, sono subito terrorizzato al pensiero che possa in qualche modo accorgersi della mia condizione - così è stato negli ultimi sei mesi che ho trascorso in campagna seguendo il consiglio del mio bravo medico di affaticare i miei orecchi il meno possibile, egli veniva così incontro alle mie attuali inclinazioni, anche se di tanto in tanto mi sono lasciato sviare dal mio istinto socievole, ma che umiliazione quando qualcuno accanto a me udiva di lontano il suono di un flauto e io nulla o qualcuno udiva un pastore cantare e io sempre nulla, questi fatti mi portavano al limite della disperazione e poco ci mancò che non mi togliessi la vita solo l'arte mi ha trattenuto dal farlo; mi è parso impossibile lasciare questo mondo prima di avere pienamente realizzato ciò di cui mi sentivo capace, così ho prolungato questa vita miserabile -veramente miserabile, un corpo così sensibile che qualsiasi cambiamento un po' brusco può trasformare il mio stato di salute da ottimo a pessimo - pazienza -proprio così, devo sceglierla come guida, così ho fatto, spero che questa mia risoluzione resista finché le inesorabili parche vorranno spezzare il filo, forse andrà meglio, forse no, sono preparato - a ventott'anni essere costretto a diventare filosofo non è facile, per un artista è ancora più duro che per qualsiasi altro uomo.

Divinità tu vedi dall'alto il fondo della mia anima, sai che amo gli uomini e desidero fare il bene, o uomini, se mai un giorno leggerete questo scritto, pensate al torto che mi avete fatto, e l'infelice si consoli di aver trovato qualcuno simile a lui, qualcuno che, malgrado tutti gli ostacoli della natura, ha fatto tutto il possibile per essere ammesso nella schiera degli artisti e uomini di valore - voi, miei fratelli Carl e..., non appena sarò morto e se il Professor Schmid sarà ancora in vita, pregatelo a mio nome di descrivere la mia malattia, e aggiungete a questa storia della mia malattia il presente scritto, in modo che almeno il mondo possa quanto più riconciliarsi con me contemporaneamente vi dichiaro entrambi eredi del mio piccolo patrimonio (se così lo si può definire), dividetevelo onestamente e sopportatevi e aiutatevi l'un l'altro, ciò che avete fatto contro di me, lo sapete, ve l'ho già da molto tempo perdonato; a te mio fratello Karl, un grazie particolare per l'attaccamento che mi hai dimostrato in questi ultimi tempi; vi auguro una vita migliore e meno carica di affanni della mia, raccomandate ai vostri figli la virtù, essa sola può rendere felici, non il denaro, lo dico per esperienza; essa mi ha recato sollievo nella sofferenza, a lei, oltre che alla mia arte, debbo se non mi sono tolta la vita- addio e vogliatevi bene-; ringrazio tutti gli amici, in particolare il principe Lichnowski e il P[rofessorj Schmidt - gli strumenti del principe L. desidero che siano possibilmente conservati da uno di voi, beninteso senza che per questo vi disputiate; se peraltro potessero servirvi per altri scopi, vendeteli pure; sarei molto felice di potervi essere utile anche nella tomba - così fosse - con gioia vado incontro alla morte - ma se essa mi coglierà prima che abbia avuto occasione di sviluppare interamente i miei talenti artistici, sarebbe per me, malgrado il mio duro destino, troppo presto e vorrei che venisse più tardi - e tuttavia sarei contento lo stesso, non meriterebbe forse da uno stato di infinita sofferenza? - Vieni quando vuoi, ti vado intrepidamente incontro - addio, non dimenticatemi completamente quando sarò morto, me lo sono meritato perché nella mia vita ho spesso pensato di rendervi felici, siatelo.

Heiglnstadt, 6 ottobre 1802
Ludwig van Beethowen

Per i miei fratelli Carl e
Da leggersi ed eseguirsi dopo la mia morte -

-Heiglnstadt, 10 ottobre 1802 - prendo così congedo da te - e con quanta tristezza - da te amata speranza - con la quale sono qui venuto, nella prospettiva di una almeno parziale guarigione, ora mi deve abbandonare completamente, come cadono appassite le foglie d'autunno, così anch'essa si è per me disseccata, me ne vado - quasi nello stato in cui ero al mio arrivo - persino il coraggio superbo - che spesso mi sosteneva nelle belle giornate estive -è svanito - o Provvidenza, concedimi una volta un puro giorno di gioia - è da tanto tempo che la mia anima non ode più l'intima eco della vera gioia - o quando, o Divinità - quando proverò di nuovo la gioia nel tempio della natura e degli uomini - Mai? - no - oh, sarebbe troppo duro.