martedì 30 giugno 2015

Claudio Di Scalzo: Jorges Louis Borges e Giovanni Bertacchi.


"Gioanin Bertàch allunga il collo nella primavera poetica dei poeti minori"
CDS



Claudio Di Scalzo

JORGES LOUIS BORGES E GIOVANNI BERTACCHI

A UN POETA MINORE DELL’ANTOLOGIA


Il poeta argentino è anche uscito all'esame di maturità in questo giugno, qui, nel febbraio 2015, l'ho accostato al poeta Giovanni Bertacchi. Perché vincere l'oblio a cui sono consegnati a volte i poeti è il compito di chi ama la letteratura e la pratica. E Borges ce lo ricorda con una poesia insuperabile per bellezza e tenerezza.




Claudio Di Scalzo: Giovanni Bertacchi all'Esame di Stato a Chiavenna presso l'istituto Leonardo da Vinci. Il poeta chiavennasco commentato e presentato dagli studenti accanto ad Ungaretti e Pascoli


CDS al Crotto Giovanni Bertacchi in Pratogiano discute del poeta e della sua opera nel 2012
Sul camino un ritratto del poeta a firma Wanda Guanella proprietà di Edo Mezzera





Claudio Di Scalzo

GIOVANNI BERTACCHI ALL'ESAME DI STATO A CHIAVENNA
presso l'istituto "Leonardo da Vinci"


Ci sono momenti in cui sento mio mestiere decisamente bello e credo utile, quest'anno, in questi esami, penso lo sia. E tanto. E ringrazio tutti i chiavennaschi che da anni mi segnalano un inedito, una cartolina, un aneddoto. Quando avrò terminato il libro sul poeta a loro farò una dedica speciale. 


Con viva soddisfazione informo i miei lettori ed i valligiani che il progetto INSEGNARE GIOVANNI BERTACCHI/PROGETTO DI MANUALE, fra l'altro finanziato dal Comune di Chiavenna, esordisce in maniera stabile alla maturità con la mia classe, la V A Ragioneria, che porta, come programma, anche poesie ed opere e vita del poeta. Insomma dopo aver chiesto i numi della poesia italiana come Ungaretti o Montale c'è spazio anche per il poeta erede di Giovanni Pascoli in terra alpina. Ed è per me, dopo tanti anni, d'impegno per la sua diffusione anche con lo studioso e storico Guido Scaramellini, una grande gioia vedere che le sue poesie il suo nome viene trascritto nei verbali. E' un passaggio a mio avviso fondamentale verso l'insegnamento della Geografia Letteraria Regionale ed Alpina. Ed i giovani studenti, che possono ritrovare anche il poeta dialettale, esprimono impegno e coerenza di studi in questa scommessa didattica innovativa.

L'insegnamento di Giovanni Bertacchi nella scuola chiavennasca e valtellinese, dovrebbe poi, nei tempi lunghi, portare come ho scritto sul quotidiano LA PROVINCIA DI SONDRIO/L'ORDINE (riportato nel mio weblog BERTACCHI LIBRO-WEB che viene utilizzato anche dalle università come quella di PADOVA per ricordare Bertacchi che lì insegnò) ad un PARCO LETTERARIO con fini turistici, ricreativi,  e di diffusione delle risorse locali valligiane. un BRAND insomma incentrato sulla scuola e sugli enti come il Comune, la Comunità Montana, l'imprenditoria, la Biblioteca Comunale, e gli uffici turistici.

IN CALCE estraggo dal Progetto, che non a caso si chiama "Insegnare Bertacchi" e "Progetto di manuale", perché l'intento è quello di addivenire ad un vero e proprio manuale, ad una manualistica, costruita da me, da studiosi chiavennaschi, dagli studenti, che possa servire da viatico per curare conservare sviluppare la presenza di un poeta tanto eticamente strutturato e valido negli esiti nei versi e nella prosa.

Le antologie che uso per la lettura in sede d'esame sono l'edizione degli anni cinquanta a cura di Francesco Flora, il "Canzoniere delle Alpi illustrato" a suo tempo curato da Edo Mezzera, che ne sarebbe contento fosse ancora tra noi, e la mia antologia che pubblicai nell'annuario TELLUS "Scritture Celesti" nel 2003 con il titolo "IL SACRO DEL POSITIVISTA" (quaranta pagine antologiche). Dove compaiono anche poesie su Chiavenna a me affidate da Alda Merini.





DAL PROGETTO "INSEGNARE BERTACCHI/PROGETTO DI MANUALE" depositato all'istituto "Leonardo da Vinci" di Chiavenna". 

   
OBIETTIVI  DIDATTICI: Conoscere la geografia letteraria regionale nell’esempio di Giovanni Bertacchi; Sviluppare una prassi manualistica di insegnamento del poeta con commento di poesie e analisi testuali delle sue opere anche in prosa e giornalistiche; Diffondere la cultura alpina chiavennasco-valtellinese inserendola nel disegno storico-letterario della cultura italiana in modo da rafforzare i legami con la società civile; Proporre l’istituto “Leonardo da Vinci” come centrale nella diffusione della cultura letteraria e storica chiavennasca attraverso iniziative di incontro con enti, comune, associazione, realtà turistico-ricreative; Sviluppare la capacità interpretativa e rappresentativa degli studenti attraverso la recitazione in aula magna e nei luoghi bertacchiani dove furono creati i testi del poeta.


OBIETTIVI  FORMATIVI: Sviluppare il rapporto con la cultura espressa dal territorio alpino per meglio conservarne ampliandola memoria culturale e antropica; Diffondere la prassi che soltanto innovando la tradizione nel presente si può progettare il futuro: nel lavoro, nella comunità; Sollecitare a partire dalla scuola superiore a che gli studenti, magari in ambito universitario, nelle facoltà umanistiche, dedichino tesi al poeta;  Utilizzare la cultura espressa dal poeta chiavennasco per diffondere un’etica basata sulle libertà collettive e individuali e sui doveri del singolo e delle istituzioni.




domenica 28 giugno 2015

Claudio Di Scalzo: “Tra due litiganti il terzo implode” - Brevi note sullo scontro tra favorevoli e contrari alla legge sulla “Buona scuola”. Con riferimenti ai bisogni degli studenti, esami compresi.





Claudio Di Scalzo

 “Tra due litiganti il terzo implode” 
Note sullo scontro tra favorevoli e contrari 
alla legge sulla “Buona scuola”. 
Con riferimenti ai bisogni degli studenti, esami compresi.

Mi sono concesso una variante al celebre proverbio “tra due litiganti il terzo gode". Virandola nell’amaro: "Tra due litiganti il terzo implode". Perché il rischio in questi mesi di contrapposizioni (e io non apprezzo questa nuova legge) è che gli studenti non vedano trattata la questione fondamentale, e cioè come debba, nel presente di questa società, in cui sono  cambiati gli stili di vita con il dominio di una tecnica telematica quotidiana, svolgersi l’apprendimento, su cosa conoscere e come misurarlo, compresa la valutazione finale del percorso formativo: che poi avviene all’Esame di Stato.

In ciò mi viene in aiuto l’articolo oggi (28 giugno 2015) sul supplemento “La Lettura” del Corriere della Sera dove lo scrittore Paolo Giordano scrive:
(…) non si è discusso affatto di ciò che bisognerebbe insegnare, di come insegnarlo e, soprattutto, di come sono cambiati coloro ai quali l’insegnamento è rivolto. Chi sono gli adolescenti di oggi? Quali bisogni hanno? Come funziona il loro apprendimento? I programmi ministeriali e i criteri di valutazione sono sintonizzati con la realtà tecnologica, multiculturale, priva di gerarchie standard e sottilmente perversa nella quale vivono? Ma almeno su queste domande, il governo e il fronte a muso duro degli insegnanti sono apparsi solidali: non sono questioni urgenti. (...)

A considerare attentamente gli interrogativi di Paolo Giordano essi sono simili a quelli da me espressi in questo giugno nei post sullo Storytelling pubblicati nel Manuale Tellus. Post prodotti dal mio partecipare anche alla maturità, agli esami. Ma già in anni e mesi precedenti di ciò ho parlato e scritto. Anche all’interno della scuola. Su come re-inventare programmi d’insegnamento a partire dai nuovi stili cognitivi dei giovani e dalle diverse intelligenze che possiedono. Compresa la visuale e la tecnologica! Perché ogni inizio anno scolastico con la programmazione didattica ed educativa, e sia nel finale del processo formativo con gli esami di stato, ciò mi muove a riflessioni e considerazioni e a formulare proposte. Tipo la speranza che la commissione d'esame in futuro sia tutta interna, che cambi la misurazione del colloquio con prove oggettive, e aggiungo che le materie nel triennio diminuiscano. Diventando alcune facoltative. Come in altre scuole europee.

Sostenere queste posizioni (In "Si può raccontare la scuola...), non militare in uno dei campi contrapposti perpetuamente, spero non presti il fianco alla solita affermazione sul mio possibile individualismo. Chi insegna non deve mai smettere di cercare le sorgenti, mutevoli, del Nilo della Sapienza. Rendendosi indipendente da ogni ideologismo preconfezionato per praticare un riformismo dal basso concreto e lungimirante. 


Claudio Di Scalzo: Cene lontane per il dimane (con riflessione sulle ideologie di ieri e di oggi)


Ragioneria di Ponsacco-Pontedera. Cena di fine anno. Metà anni Novanta





CLAUDIO DI SCALZO
CENE LONTANE PER IL DIMANE
(con riflessione sulle ideologie di ieri e di oggi)

Questa foto rimanda al mio insegnamento a metà anni novanta a Ponsacco-Pontedera nel pisano. Abitavo sulle colline pisane a Casciana Terme. Val d’Era. Luoghi incantevoli. Tanto che ci girano spot con Bruce Willis o del Mulino Bianco. Un paio di anni dopo sarei partito per la Valchiavenna. Altra terra bella e unica. Dopo aver insegnato a Pisa, al Pacinotti, dove avevo studiato da giovane.

Alla classe nella foto ero legatissimo e tuttora lo sono. Accanto a me Matteo Arcenni. Questo studente, allora, così come oggi, aveva una coerente ideologia di Destra: Alleanza Nazionale allora, oggi Fratelli d’Italia. Nel mio lavoro da docente, ho sempre avuto molti scambi con giovani dentro idee e ideologie che sono distanti dalle mie di quando avevo la loro stessa età. Ho sempre affermato, infatti, che sono stato un partecipante ai moti del ’68 e degli anni settanta, smettendo con la politica nel 1976. Ho così dialogato in tempi di contrapposizioni, anche in Valchiavenna, con giovani leghisti e simpatizzanti verso l’estremismo di destra.

Forse la mia è una curiosità anche da scrittore. Ma non solo, penso. È Umanesimo duemila. Coerenza. Scelta di capire l’Altro. (Ho letto il filosofo Lèvinas). Perché nel 1975-'76, a Pisa, mi rincorrevano per “tonfarmi” non solo i neo-fascisti, ma anche i militanti filo-sovietici del PCI o dell’estremismo di sinistra, perché, scambiandomi, con la Mail-Art, con artisti di paesi del Blocco Comunista dell’Est, diffondevo i loro volantini e appelli. (Paradossalmente chi mi rincorreva, sempre per menarmi, ammesso che ce la facessero! perché non era facile “tonfare” Accio!, e cioè qualche fidanzato o marito cornuto, aveva più basilari motivazioni e per certo non ideologiche!). Allora, a quei tempi, rivelare il Gulag sovietico, parlare di Aleksandr Solzhenitsyn di Salamov, della Cambogia dei Khamer rossi, della dittatura maoista, nella città di D’Alema e Mussi e altri di Democrazia proletaria non era facile. Ma io avevo letto Orwell la “Fattoria degli animali”, e “Buio a Mezzogiorno” e me li aveva consigliati un rivoluzionario come mio padre Libertario detto Lalo, resistente, perché era convinto che dopo i fatti d’Ungheria, negli anni cinquanta, “… di là il comunismo e nemmeno il socialismo non c’è!, c’è una dittatura, un fascismo rosso. Quelli come noi finirebbero nel Gulag, figliolo, non scordarlo”. I conti con gli esisti del comunismo la sinistra italiana ex comunista non li ha mai fatti. Neppure chi oggi critica il PD da sinistra. Ecco perché un nuovo soggetto anti-capitalista non sorge. E la battaglia contro banche ed euro è di altri movimenti.

La classe docente, in Italia, non ha riflettuto sull’abbaglio comunista nel novecento (che è finito pressappoco con la morte di Lenin nel 1924), si è fidata di tanta manualistica ideologica, e poi è diventata tutta liberal, al massimo socialdemocratica, o renziana, e così via. Mantenendo però una preclusione ideologica verso chi esprime convinzioni di Destra. Insomma per sintetizzare, con esempio, se il tema sugli immigrati, sull'Islam, sulla giustizia, sull'euro, è ben scritto, e in esso lo studente presenta o elabora idee della Lega Nord di Salvini, io sempre gli do un voto alto come se a scrivere il tema fosse uno di Emergency con idee di Strada.

Ovviamente, queste mie posizioni, nella scuola (in 35 anni di insegnamento), non mi hanno facilitato l’esistenza. Perché, come poi accadeva a mio padre, avevi contro quelli di Sinistra, e non ti iscrivevi alla Destra. Ma lo eri, iscritto, ad uno strano partito SCALZO basato su di una sola tessera: L’IO ARTISTICO. Che poi, sia detto simpaticamente, faceva la sua discreta figura alle cene con belle professoresse.


sabato 27 giugno 2015

Claudio Di Scalzo: Perché sono a favore dei commissari tutti interni all'Esame di Stato e all'abolizione del colloquio d'esame







Claudio Di Scalzo

PERCHÉ SONO A FAVORE DEI COMMISSARI TUTTI INTERNI 
ALL'ESAME DI STATO
E ALL'ABOLIZIONE DEL COLLOQUIO D'ESAME


L'esame di stato così come è organizzato, anche se ovviamente come dipendente pubblico e insegnante svolgo ogni attività a norma di legge e di deontologia professionale, non funziona! Non mi convince da anni. E' superato e farraginoso. E, soprattutto, nella valutazione dello studente non è oggettivo.

Mi affido all'elenco semplificatorio.

A-Sarebbe opportuno che i commissari, la commissione esaminatrice fosse tutta interna, il CdC insomma. Con soltanto il Presidente di commissione esterno. E questo perché i professori conoscono gli studenti da tre anni o cinque, ne sanno le conoscenze e le competenze, il profilo didattico ed educativo. Gli obiettivi raggiunti. In più tranquillizzano gli studenti, non creano ansie dovute all'incontro con prof. sconosciuti, e possono gestire al meglio le prove scritte mappe e i percorsi o le tecniche del colloquio. La Commissione interna poi fa risparmiare risorse. Risorse che potrebbero esser destinate agli istituti invece che al pellegrinaggio dei docenti in altre scuole.

B-I commissari esterni valevano per una scuola che non c'è più. Oggi fra l'altro, per risparmiare i commissari sono della stessa provincia; da quest'anno sempre per risparmiare della stessa città. Alcuni miei colleghi sono al Caurga, docenti del Caurga sono al Leonardo da vinci. Insegnanti che si spostano in provincia e nelle cittadine da istituti spesso in concorrenza tra loro per gli iscritti. In passato poteva valere l'incontro con altre didattiche e paradigmi: insegnanti venivano dalla Toscana, dal Lazio, dal Veneto, dalla Sicilia. E altri punti di vista nella valutazione si arricchivano, potevano scontrarsi, ma dentro interpretazioni didattiche multiformi. 

C-Anche la prova orale così non funziona. Non è oggettiva. Meglio sostituirla con schede oggettive, Invalsi o d'altro tipo, ma che siano simili a quelle che poi dovranno affrontare gli studenti in sede di accesso all'università.

D-L'esame orale, così come la valutazione degli scritti in campo umanistico, e pure nelle terze prove, non tiene conto che negli ultimi dieci anni, gli studenti vivono anche sul web, producono immagini e testi per i social, si rapportano ad immagini e scritti e testi decostruiti destrutturati. Allora intanto per vincere grafie che ormai classicamente nessuno più usa le prove dovrebbero esser svolte su files di pc! e poi le valutazioni devono tener conto di queste formazioni di linguaggi ed espressioni nei giovani. 

In altri post ho evidenziato la necessità di procedere per storytelling, per laboratori, per fasi di produzione di testi creativi e non ancorati a valutazioni puramente grammaticali o contenutistiche. Accanto ad una più oggettiva misurazione degli apprendimenti in ambito scientifico su materie matematiche e scientifiche e professionali.

Se poi ogni istituto, in Autonomia, può inventare itinerari didattici specifici, che senso ha farne misurare gli esiti a docenti in un paio di ore massimo? chiedere loro di valutare un prodotto di cui sono all'oscuro? 

Gli insegnanti dovrebbero esprimersi sulla scuola in atto attraverso Forum, blog, social. Insomma esporsi maggiormente nel dibattito anche con studenti e famiglie. E non aspettare i soli momenti canonici di uno sciopero, di una opposizione ad una legge, alle prese di posizione nei Collegi Docenti.







POST SCRIPTUM 

L'imperativo è esprimersi sulla didattica la pedagogia la funzione docente. Sulla scuola nel 2015. Non su quella dei sogni o su quella che non esiste più da decenni.

Con questi post a lato della maturità chi scrive (che in realtà l'ha sempre fatto) opera considerazioni e fa delle proposte; oggi, fra l'altro, in maniera molto colloquiale e senza vis polemica dadaista, su questioni capitali del futuro della scuola. Al di là delle leggi approvate o rifiutate, il nocciolo della scuola è l'interrogarsi su come trasmettere i saperi (plurale), le conoscenze e le competenze nell'epoca telematica ed elettronica, ed al tempo della globalizzazione dei linguaggi. 



Claudio Di Scalzo : Cravatta e fiocchino nel collegio esclusivo degli studenti lucchesi (Storytelling da precursore)







Claudio Di Scalzo

Cravatta e fiocchino nel collegio esclusivo degli studenti lucchesi 
(storytelling da precursore)

 Queste tre fotografie, fine anni ottanta o inizio novanta, forse nel biennio o classe terza, all'istituto professionale "Giorgi" di Lucca, nascono da una confidenza fattami dai miei studenti. 





"Professore, senta questa, se non c'è da innervosissi!" - "Dimmi giovanotto..." - "Quando andiamo in treno o sul bus o a ballare e diciamo che si studia al professionale Giorgi certe smorfiose liceali ci guardano dall'alto al basso! proprio un' ci 'onsiderano nulla! 'o che possiamo facci?" - ve l'insegno io, cosa s'inventa! ce l'avete cravatte e fiocchini in casa de' vostri babbi!, ah sì, e allora camicia bianca cravatta e giacca scic, anch'io vengo tirato a lucido!, ah lo son sempre! grazie ma se non studi ti boccio lo stesso" - "Di Scalzo ma un se 'apito duve andiamo a parà?" - "ma allora siete proprio duri! siete tutti nati a Montuolo!... ci facciamo una foto tutti attizzati e poi quando incontrate le ragazze e vi chiedono dove studiate dite che siete iscritti al prestigioso Collegio privato per ricchi "George Gordon Byron" in villa fuori Le Mura - "ganzo professore!... come faremmo senza di lei..."






 - "E riordatevi di sorridere davanti all'obiettivo e di essere sciolti perché i ricchi son disinvolti! mi chiedete perché? ma perché non hanno preoccupazioni e anche se son brutti son convinti d'esser belli..."




venerdì 26 giugno 2015

Claudio Di Scalzo: Si può raccontare la scuola? Ludico Ragione Scienza





Claudio Di Scalzo

SI PUO' RACCONTARE LA SCUOLA? E COME?
(Ludico Ragione Scienza)

La scuola è necessario che la si racconti. Inventando nell'epoca telematica, nel Duemila, una sua "narrazione", sua perché dovrebbe nascere nell'alveo della struttura (ed oggi le tecnologie lo permettono se i componenti della scuola, insegnanti, studenti, bidelli, si appropriano dei generi un tempo demandati agli intellettuali od ai creativi: penso alla fotografia a brevi narrazioni) che superi e il pietismo novecentesco intriso di buoni sentimenti a partire dallo zuccheroso "Cuore" e gli esiti secondo-novecenteschi tutti affidati al grottesco e alla demolizione, ingiusta, sostanzialmente, in chiave parodistica, del mondo della scuola e degli insegnanti e degli studenti; oppure consegnata (la scuola) a vicende sanguinolente tipo narrazioni dei cosiddetti scrittori "cannibali" o financo virate in un erotismo inesistente (tipo "100 colpi di spazzola");... tanto per vendere qualche grammo di carta; (anche il cinema lo ha fatto spesso) 

Ed io come lo faccio? se mi pongo questa domanda posso rispondere che intanto lo faccio costruendo sulla didattica, spesso innovativa, racconti fotografici, finzioni nei diversi generi, frammenti di prosa. Un esempio sta nella fotografia in esergo. "Il compleanno di Giovanni Bertacchi". Organizzato come un viaggio nei luoghi bertacchiani in progress. Fino  a giungere nei crotti. Un Progetto sul poeta alpino che il Comune di Chiavenna finanzia. Ed al quale ha partecipato anche il preside Salvatore La Vecchia. 

Ovviamente le mie interpretazioni rimandano al genere della finzione creativa, a volte del sottile umorismo, anche all'ambito sublime, perché le vite scolastiche, degli studenti e degli insegnanti, spesso propongono biografie delicate, fini, avventurose, e, nel tempo presente, purtroppo, sono poste sotto il martello di una tecnica impietosa (nemica per sua natura dell'Umanesimo nell'epoca dello spettacolo) che svelle ogni tradizione per mercificare l'Essere. Dunque la narrazione sulla scuola (e, ovviamente, bisogna stare attenti a non violare la riservatezza sui meccanismi istituzionali: su quanto accade nei consigli nelle commissioni ecc. o quantomeno a coniugare in modo ottimale il reale con la finzione. Scommessa ardua!), è, nel mio tentativo, quello di ampliare l'umano, l'UMANISMO, la relazione educativa a partire dalla letteratura. Dall'estetica. 

A volte mi viene contestata un'eccessiva crudezza nei fatti, che non sono abbastanza velati, o dispiegati in un tempo narrativo sfumato. Ed io accetto la critica, ovviamente, anche perché potrei urtare altre biografie, però rimango convinto che la scuola debba essere raccontata nei momenti "caldi" (anni fa un mio articolo sulla tempistica per uscire di classe per andare nei bagni sollevò un putiferio. E, certamente, fui troppo realistico e crudo. Il plot narrativo incorreva nell'esagerazione non necessaria, però evidenziava un problema che poi è stato risolto) degli eventi; magari inventando nomi, situazioni, luoghi (sfumandoli). Antonio Scurati ad esempio l'ha fatto con "Il sopravvissuto". Ed anche un film tanto visto e rivisto sul giorno prima degli esami, l'ha fatto. 

Dunque, senza ambire a platee vaste quanto quelle citate per i miei post scolastici, metti del PROGETTO BERTACCHI o LIBRIAMOCI, credo che questo mio impegno di "narrazione" debba essere visto come proficuo. Dialettico. E, se a volte scomodo - esiste una narrazione efficace che non sia un tantino scomoda? - garantisco che passerò dalla hegeliana antitesi ad una sintesi che valga come arricchimento per chi scrive e per il lettore. 

L'obiettivo, di me come insegnante e scrittore, è di rendere evidente che le nuove generazioni non possono più vivere di prassi novecentesche nella didattica e nella produzione delle materie studiate, bensì necessitano di laboratori, di innovazioni tangibili, di un'altra antropologia mi verrebbe da dire;... un uso sempre più agile dell'immagine del suono delle performance, lo ricordo, sono state inserite nelle scuole d'avanguardia europee. Perché non potrebbe accadere un simile tentativo in ambito alpino, e metti in una scuola superiore come il "Leonardo da Vinci"? Ciò, sarebbe, ne sono certo, un viatico per aumentare gli iscritti, e, raggiungere, da questo versante, una quota di "eccellenza". Il LUDICO accanto alla RAGIONE e alla SCIENZA!


   



giovedì 25 giugno 2015

Claudio Di Scalzo: Bio-bibliografia dal quotidiano "La Provincia di Sondrio/L'Ordine" e sintetico elenco di pubblicazioni in terra valtellinese-chiavennasca su autori di interesse per la scuola valligiana lombarda nazionale






Claudio Di Scalzo

RIVISTE - LIBRI - CATALOGHI - MOSTRE

QUADERNI VALTELLINESI, n. 54, 1995. (“Giovanni Bertacchi e il gentile professore di Istambul”).
QUADERNI VALTELLINESI, n. 56, 1995. (“Un catalogo ideale del pittor poeta G.F.Damiani”)
QUADERNI VALTELLINESI, n. 61, 1997. (“Il nascondiglio dell’Angelo”). Intorno al pittore Angelo Vismara.
QUADERNI VALTELLINESI, n. 66, 1998. (“Una musa a Chiavenna”)






QUADERNI VALTELLINESI, n. 67, 1998. (“Notte di natale”). La genesi della fiaba di Giovanni Bertacchi.
QUADERNI VALTELLINESI, n. 69, 1999. (“I mesi di Carlo Linati”).
QUADERNI VALTELLINESI, n. 71, 1999.(“Viaggio per due a Sankt Moritz”. Annemarie Schwarzenbach
                                                       In Engadina).
QUADERNI VALTELLINESI, n. 73, 1999. (“Apologhi per la sera muta”)
QUADERNI VALTELLINESI,n. 75, 2000. (“Giovanin Bèrtach.Ritratto di poeta con e senza date”.
                                                       Prima parte.)
QUADERNI VALTELLINESI, n. 76, 2000. (“Giovanin Bèrtach. Ritratto di poeta con e senza date””.
                                                        Seconda parte.)
QUADERNI VALTELLINESI, n.78, 2001. (“Giovanin Bèrtach. Ritratto di poeta con e senza date”.
                                                         Terza parte.)
QUADERNI VALTELLINESI, n.79,2001. (“Giovanin Bèrtach. Ritratto di poeta con e senza date”.
                                                       Quarta parte.)
QUADERNI VALTELLINESI, n. 83-84, 2002. (“Sei lettere al valligiano che volle farsi marinaio e poi pittore”)
                                                             Sulla mostra di Bruno magoni al Museo Mulino di Bottonera
                                                             nel settembre 2002.
QUADERNI VALTELLINESI, n. 85, 2003.  (Il Canzoniere delle Alpi illustrato. Sul Canzoniere di Giovanni
                                                          Bertacchi edito dal C4 di Chiavenna).


A.A.V.V. - ATTI DEL CONVEGNO "GIOVANNI BERTACCHI" nel cinquantesimo della morte (1942-1992) con il saggio: "Bertacchi, l'uomo che lavorò da stella a stella".

IRRSAE, LOMBARDIA (OGGI IRRE). “Raccontare il novecento con il cinema”, in “Cinema: uno sguardo
                                    sull’esperienza” a cura di Feliciana Cicardi. Franco angeli, Milano, 2001.


ALCUNI PROGETTI REALIZZATI E FINANANZIATI - "CDS: Una Biblioteca per la valle" (Progetto nazionale) diecimila euro circa di libri e arredamento per l'istituto. Unico vincitore in Lombardia) - "Cinema e letteratura" - "Progetto Bertacchi" ecc







MOSTRE

Mostra n.1 di Bruno Magoni al Museo Mulino di Bottonera di Chiavenna-SO. “Tre lettere al marinaio che volle farsi pittore” ne “I quaderni dell’Accademia Bertacchiana”, Chiavenna, 2002.

Mostra n. 2 di Giovanni Boffa al Museo Mulino di Bottonera di Chiavenna-SO. “ Ipotesi Floreali” ne “I quaderni dell’Accademia Bertacchiana”, Chiavenna, 2003.

Fumagalli pittore, “Dal bianco, dal nero”. Fondazione Credito Valtellinese, gennaio 2003. Mostra Museo valtellinese di storia e arte, Palazzo Sertoli-Galleria del Credito Valtellinese, Palazzo della Provincia-Sala mostre Ligari.

“Montagna viva”, antologia di poesia, 2003, Editrice Labos e della Comunità Montana di Morbegno in Valtellina.

Giorgio de Chirico, Voci e luoghi per un atlante dechirichiano, sculture, oli, litografie. Catalogo mostra al Mulino di Bottonera di Chiavenna e a Madesimo, 2003. Edizioni della Comunità Montana della Valchiavenna-Accademia Bertacchiana.

Nino Romano, Ravioli in poesia. Un pomeriggio con Alda Marini in Valchiavenna. 2003. Plaquette a cura di CDS per l’Accademia Bertacchiana. (CON TRE POESIE DI ALDA MERINI su CHIAVENNA e MADESIMO)

“L’alfabeto del Custode”, indagine sull’arte selvatica di Bruno Dell’Ava, monografia sullo scrittore-pittore, Edizioni della Comunità Montana della Valchiavenna, 2004.

“MeraViglie”. I grandi scultori del novecento italiano. Mostra a Chiavenna, al Museo Mulino di Bottonera dal 28 luglio al 20 agosto 2004. In catalogo il saggio: “In principio fu Medardo

 “Resistenza in punta di matita”, nel libro-catalogo: Natale Borsetti, La mia resistenza non armata, 2005, Morgana Edizioni, Firenze 2005. (SUGLI I.M.I. il tema di ordine storico all'esame di stato di quest'anno, 2015)

 “Le 5 MeraViglie, Rassegna di opere dei maggiori scultori del ‘900: Manzù, Marini, Martini, Messina, Minguzzi”, 2005, Regione Lombardia, Edizioni della Comunità Montana della Valchiavenna, Sondrio.  

      




Claudio Di Scalzo: Giovanni Bertacchi interventista democratico nella Grande Guerra. Dal quotidiano La Provincia/supplemento culturale L'Ordine





"Bertacchi che sognò la guerra di pace", testo comparso sul quotidiano LA PROVINCIA/supplemento culturale L'ORDINE diretto da Pietro Berra Domenica 14 giugno 2015, e che i miei studenti, V A Ragioneria, porteranno all'esame orale sessione 2015 presso L'Istituto Leonardo da Vinci di Chiavenna -



BERTACCHI CHE SOGNO' LA GUERRA DI PACE

Interventista democratico, il poeta di Chiavenna coltivò negli scritti l'illusione di un nuovo spirito risorgimentale privo di militarismo pur prevedendo l'incombente tragedia del primo conflitto mondiale
Illustrare prima e riflettere poi sul rapporto tra Giovanni Bertacchi e la Grande Guerra, sia nella fase con L’Italia neutrale durante il 1914, sia con l’Italia in guerra dopo il “Patto di Londra” della primavera 1915, è fondamentale per delineare, in ambito letterario misto storico, la figura nascosta, dell’interventista democratico e socialista di Chiavenna. Rimozione a tutto vantaggio nella critica, e nelle conoscenze dei lettori, del Neutralismo della maggioranza del PSI e del partito giolittiano oppure dell’Interventismo “rivoluzionario” e nazionalista dei vari Mussolini e D’Annunzio e Corradini con annesso colorato e rutilante parolibero movimento futurista.






LO SPIRITO RISORGIMENTALE

Il poeta valtellinese fu interprete dello spirito risorgimentale che auspicava il ritorno all’Italia delle terre irredente (non redente dal ritorno alla patria) come il Trentino e il Friuli Venezia Giulia e Trieste ancora parte integrante dell’impero Austro-Ungarico. Questo empito che a volte appare laicamente mistico, lo conferma l’opuscolo “Davanti alla guerra”, orazione letta la sera del 19 settembre 1914 nel Teatro Sociale di Sondrio e ripetuta in Chiavenna il 27 settembre. Bertacchi era cosciente di quanto immane, prolungato, nella storia e nei suoi effetti, sarebbe stato il conflitto acceso mesi prima, ai primi di agosto, con l’immediata contrapposizione da una parte degli Imperi Centrali: Cecco Beppe con la Germania di Guglielmo II e dall’altra della Triplice Intesa costituita da Inghilterra Francia Russia. E ciò mentre in tanti, dagli stati maggiori ai governanti alle teste coronate, erano convinti di una guerra breve, rapida, quasi ottocentesca. Da dove veniva questa convinzione sui tempi lunghi, storici, con effetti inauditi sui popoli e sui loro comportamenti, al poeta? Semplice, Bertacchi era un viaggiatore per il Touring Club. Conosceva, scrivendo reportage, i popoli e i governi e le loro trame alla luce del sole e quanto s’intuiva di nascosto ancorché di rovinoso per equilibri ereditati dal secolo precedente. Inoltre era un laico positivista convinto che la tecnica applicata alla guerra potesse produrre sciagure e modellazioni politiche e antropologiche mai viste prima. Questo intuito corso futuro lo descriveva come ineludibile: una fase, che se guidata da spiriti nobili, accorti nel progettare una nuova umanità, senza il militarismo oppressivo degli Imperi Centrali, che facevano strame del popolo belga invaso, proprio nel settembre 1014, poteva avviare un’altra epoca.

IL PARALLELO STORICO

I sacrifici, dunque, per riavere le terre irredente erano necessari come quelli sostenuti nelle guerre, gloriose, d’Indipendenza per costruire un’Italia unita dalle Alpi alla Sicilia. Palpitazione risorgimentale e sacrificale, mazziniana, garibaldina, nobilmente socialista perché richiesta al popolo lavoratore che doveva lasciare montagne e pianure per il fronte; però al fante prima dubbioso e nostalgico delle vette, al soldato dopo nel ritorno a casa contento della sua gloria da anonimo artiere d’una nuova fratellanza, sarebbe stato offerto un governo statuale più moderno, più accorto verso i suoi bisogni, e il contadino e il montanaro avrebbero avuto come ricompensa la terra, sostegni economici, riforme e migliorie per i propri figli. Questo auspicava l’interventismo democratico di Bertacchi che rappresenta il tentativo più continuo di un autore italiano di trasporre ideali fondanti la nazione a fine ‘800 nel nuovo secolo con gli strumenti della poesia, dell’oratoria, in sintesi della letteratura.





IL RICORSO ALLA LETTERATURA

Molte delle poesie comprese nella raccolta del 1921 “Riflessi d’orizzonti”, anche dedicate alla Guerra di Libia, rimandano a questa cornice politico-ideale. Nessuno degli interventisti democratici che portano i nomi di Bissolati e Bonomi e Salvemini e Battisti ricorrono agli strumenti della letteratura per giustificare (e spiegare) l’Interventismo e la sua necessità. Bertacchi trasfonde nei suoi interventi oratori (che era uno stimato genere letterario) come in “Belgio e Italia”, Milano 1914, con un discorso gemellato al poeta simbolista belga Maeterlinck; in “Dinanzi alla Guerra” del 1914; nei successivi “La parola d’Italia” del 1916” e ”L’ora del mondo” del 1918, le parole d’ordine dei democratici interventisti quali: “guerra per la pace”, “fine della diplomazia dalle mani sporche”, “Delenda Austria”, “L’ultima guerra”, “per il trionfo delle libere nazionalità”. A loro modo e maniera anche gli interventisti democratici, e Giovanni Bertacchi in particolare, intuivano con una sorta di sorpresa che l’Interventismo affidato all’estetica letteraria andava corrodendo il sistema liberale tradizionale operando una sorta di supplenza: da qui incipit metaforici nei suoi discorsi che rimandano a burroni, frane, valloni inesplorati, masse in cammino con destinazioni incerte nel fuoco guerresco magmatico come nell’auspicata pace con albe rarefatte includenti terre pacificate. Certamente sono intuizioni, ma questo vuoto politico liberale rende evidente il ruolo di minoranze chiamate a interpretare esigenze, velleità, ideali, della supposta maggioranza o quantomeno della nascente (e già potente) opinione pubblica. Insomma nell’autunno 1914 a Chiavenna e poi nel 1916 docente a Padova e poi negli anni del conflitto, al fronte come nelle retrovie, la voce di Bertacchi sarà quella di un singolo molto più ascoltato dei partiti di governo nei loro comunicati. C’è però da aggiungere che l’Interventismo democratico sarà messo nell’angolo dal più vociante e attivo e strutturalmente legato all’industria della guerra dei vari Mussolini e D’Annunzio e Marinetti corifei dell’Interventismo rivoluzionario, e propugnatori di parole d’ordine nazionaliste e autoritarie, che fanno presagire una sorta di proto-fascismo, molto più adatto alla psicologia della piccola e media borghesia italiana delle nobili idealità di Bertacchi e Bissolati.

IL TRAMONTO

(La posizione del poeta messa all'angolo dalle parole d'ordine nazionaliste)

Tramonterà dunque, a breve, il socialismo umanitario illusosi d’indirizzare la guerra verso una pace europea senza militarismo austro-tedesco e con nazionalità ricondotte ciascuna nei loro confini naturali di lingua e cultura.
In “Riflessi d’orizzonti” di Giovanni Bertacchi, raccolta del 1921, le poesie dedicate alla Grande Guerra sono 15. In tutto le liriche sono 29. Viene raccontata la storia dei singoli e delle masse anonime in modo epico. E mentre nella poesia dei “poeti moderni”, penso a Ungaretti, c’è in primo piano l’evento biografico, lo squarcio, il frammento che evoca il tutto; nella poesia bertacchiana c’è l’affresco, c’è la rappresentazione, anche ridondante, d’ogni vicenda e data, e dei luoghi che incorniciarono la guerra. Ricordo poesie del 1914, dove Bertacchi descrive il fronte occidentale con “Morituri”: “Vanno. Stipati nei convogli neri/a sterminate file di pedoni/e di cavalli solcano gli imperii”. Si ricordano le masse stipate con un destino mortale sopra gli elmetti. In “Inverno eroico” compaiono descrizioni del paesaggio reso teatro di cannoneggiamenti e devastazioni: “Turbina neve. Tra le boree crude/vanno le compagnie, stanno disperse/le sentinelle sotto gli infiniti/vesperi e guardan le distese ignude, tra scheletri di rari alberi e terse/lucentezze di fiumi irrigiditi”. Poesia civile perfettamente esemplificata in “A un alpino” con il verso: “Prima del ferro e dopo il ferro, l’uomo”. In “Belgio, cuor degli eroi” c’è un paese neutrale dove l’esercito tedesco distrugge, stupra, violenta, annichilisce, sequestra, un popolo. Praticamente tecniche di dominio già hitleriane. L’interventista democratico chiude la poesia invocando che l’Italia scelga di lottare contro i deturpatori del Belgio. E c’è da chiedersi se oggi non possa esistere un altro “interventismo democratico”, gestito dall’ONU o dalla NATO, per arginare e sconfiggere i totalitarismi jihadisti.