Zola
Claudio Di Scalzo
PANORAMA STORICO-LETTERARIO DEL
SECONDO OTTOCENTO (1848-1885)
Dopo il ‘48 si verifica per
alcuni decenni uno sviluppo vastissimo della società borghese, mediante il
quale trovano realizzazione tante premesse e possibilità già implicite nelle
vicende precedenti; ma nel contempo, l'apogeo di questa società ne mette in
luce anche i conflitti di fondo, le forze antagonistiche che essa stessa nel
suo sviluppo si è creata, i motivi di crisi, (Ad esempio lo scontro tra
borghesia e proletariato, differenze regionali, le contraddizioni della
rivoluzione industriale.)
Nei decenni che vanno dalla
restaurazione al 1848, la borghesia si è via via imposta come classe
dirigente, e ciò perché e riuscita a frenare le esigenze popolari “troppo
spinte” e a dirottare certe situazioni verso soluzioni “moderate”. Si veda ad
esempio la rivoluzione parigina del '48, o le Cinque giornate di Milano.
Col '48 la borghesia ha, per così dire, superato la prova, diventa classe
dominante, da pieno sviluppo alle sue possibilità e costruisce strutture
statali a misura dei suoi interessi (Governo, Magistratura, Polizia, ecc). Ma
tutto ciò comporta una conseguenza, che è un'altra caratteristica fondamentale
di questo periodo: lo sviluppo del nazionalismo e gli scontri che ne
derivano. Infatti i vari organismi nazionali, raggiunta una solidità attraverso
l'egemonia della classe borghese, diventati strumento degli interessi economici
di questa classe, entrano in conflitto fra di loro, in una gara di supremazia,
alla conquista di mercati per l'espansione commerciale e di prestigio e dì
potenza nel quadro politico europeo. Ne deriva una serie di conflitti e di
guerre che mutano profondamente quell'assetto che dal Congresso
di Vienna era rimasto pressoché immutato sino al '48. Diamo ora uno
sguardo alle singole situazioni nazionali:
IN FRANCIA quel Luigi Bonaparte
che nel '48 è stato portato dai voti della borghesia moderata alla presidenza
della Repubblica, attua il 2 dicembre 1851 un colpo di stato e, dopo, trasforma
la repubblica in Impero ( il “Secondo impero”: 1852-1870) assumendo il nome di
Napoleone III. Lo scontro con la Prussia e la sconfitta di Sedan (I870)
segneranno il crollo del secondo impero.
IN ITALIA, in conseguenza del
fallimento delle iniziative “democratiche” del '48, il processo di unificazione
nazionale viene orientato dall'azione diplomatica di Cavour verso una
soluzione “moderata”: con una rete di alleanze e di iniziative dall'alto, la
monarchia dei Savoia si inserisce nella politica europea. Si arriva cosi alla
Seconda guerra di indipendenza (1859) durante la quale il Piemonte può godere
dell'alleanza di Napoleone III che però appoggia i movimenti di indipendenza
nazionale per avere occasione di affermare il ruolo della Arancia nella politica
europea ed italiana. Le correnti democratiche del risorgimento però non sono
spente e si fanno sentire con la spedizione di Garibaldi in Sicilia (1860): ma
l'arrivo delle truppe di Vittorio Emanuele II frena questa iniziativa popolare
e la incanala verso una soluzione monarchica.
Con la Terza guerra
d’indipendenza (1866) e poi con la conquista di Roma (1870), che segna la fine
del potere temporale dei papi, l’unità d'Italia è fatta, ma il nuovo stato avrà
gravi problemi da affrontare: pareggio del Bilancio, superamento delle abissali
differenze di sviluppo delle varie regioni, unificazione delle disposizioni
legislative, lotta contro il Brigantaggio che nasceva dall'opposizione al nuovo
stato (fattosi subito odiare con l'aumento delle tasse e la coscrizione
obbligatoria), alimentata dai sovrani spodestati, i Borboni. Tutte queste
difficoltà erano in gran parte dovute al “peccato originale” del Risorgimento,
cioè al modo come si era realizzato: Non per iniziativa popolare ma per
conquista dei “Piemontesi”, non col coinvolgimento degli interessi di larghe
masse popolari,ma sulla spinta dei bisogni di ristretti gruppi.
NATURALISMO E POSITIVISMO
Il periodo che stiamo trattando è
caratterizzato da uno straordinario sviluppo delle attività produttive, dei
trasporti, dei commerci e poggia tutto sui risultati del progresso tecnico. Non
fa meraviglia quindi che anche nelle manifestazioni culturali ed artistiche si
riscontri una tendenza alla concretezza e al realismo, una attenzione
particolare per i fatti, per i meccanismi sociali, una valorizzazione della
scienza e delle applicazioni tecniche che si dimostrano strumenti sorprendenti
di trasformazione della realtà. Il Positivismo è la corrente filosofica che dà
la fisionomia culturale a questo periodo e che ne interpreta e nel contempo ne
determina le esigenze e gli atteggiamenti mentali.
In Francia AUGUSTE COMTE col
suo Corso di Filosofia Positiva (1830-1842), in Inghilterra STUART
MILL con i suoi scritti, CHARLES DARWIN con due celebri opere: L'origine
della specie, 1859 e L'origine dell'uomo, 1871, ed HERBERT SPENCER, in
Italia ROBERTO ARDIGÒ (1828-1920) sono i principali esponenti di questa
filosofia.
Cerchiamo ora di fissare con
sommari accenni alcuni canoni fondamentali del POSITIVISMO.
I) Sia l'uomo singolo sia
l'umanità nel suo complesso passano attraverso vari momenti, vari stadi,
e all'inizio si affidano alle spiegazioni religiose, poi a quelle puramente
intellettuali e astratte, (l'uomo si chiede i perché delle cose), infine c'è lo
stadio POSITIVO o SCIENTIFICO (l'uomo si chiede come avvengono le cose, cioè
cerca le leggi scientifiche) nel quale ci si dedica esclusivamente allo studio
e all'osservazione dei fatti, dei fenomeni della realtà.
II) Questo studio può basarsi
solo sui metodi scientifici: che sono gli unici strumenti per comprendere i
fenomeni e per dare una “base razionale all'azione dell'uomo sulla natura”.
Per “fenomeni” si intende sia ciò che accade in natura, sia ciò che accade
nella società.
III) L' esaltazione della scienza
è quindi un cardine del Positivismo e sfocia in quella fiducia nel progresso
che sarà un atteggiamento fondamentale di questo movimento. È perfettamente
logico che la borghesia nella sua piena affermazione di classe dirigente,
sempre più soddisfatta del vertiginoso ampliarsi delle attività produttive,
veda nel POSITIVISMO la sua filosofia e nella scienza l'unico strumento capace
di liberare tutti dai pregiudizi, dalla miseria, dalla malattia, secondo un
programma inarrestabile, destinato a raggiungere livelli sempre più alti.
Anche in CAMPO LETTERARIO è
possibile riscontrare quelle caratteristiche e quegli orientamenti che abbiamo
finora individuato in campo filosofico, cioè: attenzione per i fatti volontà e
concretezza di analisi.
Si assiste quindi ad una
produzione letteraria che nelle più varie fasi prende i nomi di “Realismo”,
“Naturalismo”, “Verismo” (in Italia); ma al di là di queste distinzioni,
potremmo usare una definizione più largamente comprensiva e parlare di SCOPERTA
DELLA REALTÀ.
Sottolineiamo alcune
caratteristiche, che in varia misura, sono presenti in questa produzione (in
Francia, in Inghilterra, in Italia):
a) Alle sottili analisi
interiori, alle effusioni di complicati e dolenti stati d'animo che erano
tipici della letteratura romantica e si esprimevano soprattutto nella poesia
lirica, subentra ora una rigogliosa produzione di romanzi; si tratta di grandi
affreschi di una intera società che viene analizzata e rappresentata in tutti i
suoi aspetti e nel complesso intreccio delle varie classi in conflitto fra di
loro. Il romanzo come genere letterario non è certo una novità (c'era già
stata una certa produzione romanzesca nel '700 in Inghilterra e in Francia);
la novità è invece nell'attenzione che ora l'autore dedica a definire i
personaggi nelle loro connotazioni e nelle loro caratteristiche di classe e a
studiare comportamenti e sentimenti alla luce della collocazione sociale. I
romanzi di BALZAC sono una rappresentazione non di singoli personaggi ma delle
varie classi della società francese; FLAUBERT e MAUPASSANT in Francia
continueranno su questa strada, mentre DICKENS in Inghilterra mette in evidenza
il prezzo di sofferenza e di sfruttamento che l'industrializzazione comporta,
e GOGOL e TUHGHENIEFF in Russia descrivono l'inerzia delle classi dominanti e
nel contempo i fermenti di rinnovamento in quella società. Si può concludere,
ed è un dato importante, che il romanzo realista, nel suo complesso, proprio
quando la società raggiungeva il suo apogeo, ne metteva in luce i limiti,
denunziava l'inesorabilità delle leggi economiche che stritolavano i
sentimenti, sottolineava l'angustia di certi valori come la produttività, il
benessere, il progresso.
b) Diventa ora oggetto di
rappresentazione anche la realtà più dimessa e più giornaliera in quanto il
NARRATORE REALISTA sente la dignità e la tragicità di ciò che è umile,
quotidiano. Mentre l'artista romantico amava rappresentare protagonisti
eccezionali per intensità di sentimenti e per complicati dissidi interiori, ora
invece un insieme di fattori (vicende storiche, posizioni filosofiche ecc.)
spinge l’artista a non escludere alcun aspetto della realtà, a rappresentarla
nella sua interezza. E così c’è posto per i contadini e per lo spaccapietre di
Courbet o per l’avarizia tragica di papà Grandet nell’Eugenia Grandet di Balzac
o per la vita anonima di una povera serva in Un cuore semplice di
Flaubert o per i minatori e gli alcolizzati nei romanzi di Zolà o per un'umile
famiglia di pescatori travolta dalle avversità nei Malavoglia di
Verga.
Questa attenzione alla vita
quotidiana fa sì che il narratore, ed è quasi una inevitabile conseguenza,
circoscriva e limiti il suo campo di rappresentazione a ciò che conosce
direttamente, che può osservare e studiare da vicino. Ed ecco allora, nella
narrativa realistica, l'attenta rappresentazione di un ambiente circoscritto
nello spazio e nel tempo, coi suoi costumi e la sua atmosfera: ecco la
Normandia di Flaubert e Maupassant, la Sicilia di Verga, la Lombardia di De
Marchi. È' il cosiddetto “REGIONALISMO” tipico di tanta narrativa realistica
dell'ottocento.
IL VERISMO
Il “Verismo” si sviluppa in
Italia soprattutto in seguito alla conoscenza delle idee nuove sul romanzo che
provengono dalla Francia. In questo paese, infatti, quella tendenza all'analisi
concreta e immediata della realtà, ha dato luogo al Romanzo naturalista e lo
scrittore ÉMILE ZOLA caposcuola del Naturalismo, affermava che il romanzo è la
forma letteraria più efficace per i tempi moderni, e che essa deve interpretare
i fatti umani e sociali con metodo scientifico e fotografare la vita della
gente, soprattutto in quelle periferie industriali e operaie dove maggiormente
imperversano le malattie, i vizi (alcoolismo e prostituzione) e tare
ereditarie. Zola aggiungeva anche che lo scrittore deve osservare un rigido
criterio di IMPERSONALITÀ, cioè di estraniamento dalle vicende e dalle
situazioni rappresentate. Con ciò lo scrittore francese auspicava UN ROMANZO
SCIENTIFICO, uno spaccato di vita descritto col distacco del medico quando fa
una diagnosi o redige un referto. Il Verismo in Italia è diffuso da LUIGI
CAPUANA e GIOVANNI VERGA. Con questi due autori il naturalismo francese subisce
adattamenti e modifiche sia per il diverso atteggiamento di questi autori sia
per la situazione politica e sociale italiana diversa da quella francese.
Della poetica naturalistica i veristi italiani rifiutano il criterio della
riduzione dell'opera letteraria a esercizio di carattere scientifico. Senza
riserve, invece, viene accettata la teoria dello Zola dell'IMPERSONALITÀ
nell'arte. Lo scrittore deve rappresentare, quasi fotografare, la realtà cosi
come essa è, spogliandosi completamente della propria ideologia, delle proprie
vedute personali e deve far parlare e agire i personaggi così come parlano e
agiscono nella realtà. Sino a quel momento nella tecnica romanzesca gli
scrittori (si pensi al MANZONI) hanno alternato parti dialogate a parti
espositive o narrative, nelle quali i fatti sono stati esposti dal punto di
vista dell'autore, che talora si è anche messo in primo piano per giudicare il
comportamento dei suoi stessi personaggi. Secondo la nuova poetica
dell'Impersonalità nell'Arte, queste intromissioni del narratore non sono
più tollerate,in base al criterio che il romanzo deve sembrare «Essersi fatto
da sé» (Verga) senza serbare alcun punto di contatto col suo autore. Va
ricordato inoltre che i Veristi a differenza dei loro colleghi d'oltralpe si
muovevano in una situazione politico-sociale molto diversa. Mentre in Francia il
proletariato industriale è organizzato e costituisce una forza politica, (ed i
romanzi dello Zola saranno ambientati nelle città e fra il proletariato), in
Italia all'indomani dell'Unità d'Italia, il nuovo Regno è sostanzialmente
ancora in una fase pre-industriale (la maggioranza dei lavoratori è impiegata
nell'agricoltura) con la Questione Meridionale che emerge in tutta la
sua drammaticità. Ecco allora che gli scrittori veristi, Capuana e Verga
(quest'ultimo in maniera geniale) rappresenteranno le miserie economiche e
culturali delle plebi abbandonate a se stesse, i drammi dei primitivi e degli
infelici.
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