giovedì 5 gennaio 2012

"Una donna" di Sibilla Aleramo. materiale per tesine a cura di Claudio Di Scalzo

Il romanzo Una donna (1906), opera autobiografica di Sibilla Aleramo, inizia con il ricordo della fanciullezza libera e spensierata della protagonista e presenta i vari personaggi attraverso un lento e graduale crescendo delle loro singole individualità soffermandosi su alcune figure chiave: il padre, la madre, il marito, il figlio, il profeta, descritti nella storia sono tutte persone che hanno interagito in modo significativo con la vita della scrittrice.
Il nodo di tutto è la disuguaglianza costruita a partire dal sesso e il nemico è il sistema che la civiltà ha edificato attraverso il tempo. All’età di dodici anni la Aleramo si trasferì da Milano in una cittadina del mezzogiorno perché il padre aveva ottenuto la direzione di un’industria chimica. Dopo pochi anni che si trovava nel nuovo paese, la protagonista interruppe gli studi e venne impiegata regolarmente nella fabbrica diretta dal padre. Un’epoca di grandi cambiamenti e di crisi della famiglia borghese fa da scenario agli episodi salienti della vita della scrittrice; il passaggio dal mondo del lavoro, al quale era stata avviata dal padre, a un matrimonio violento e senza amore, a cui fu costretta, la videro interpretare un ruolo che odiava, quello di donna moglie e madre in cui era richiesto l’annientamento del proprio Io. L’esempio più vicino era quello di sua madre vittima lei stessa di un matrimonio sbagliato che l’aveva spinta in depressione e poi al suicidio.
Da queste vicende individuali nasce l’esigenza della scrittrice di cercare attraverso la scrittura una sua identità. Il combattere per trovare qualche trascendenza alla semplice volontà di fuga e l’arrendersi di fronte al richiamo imperativo di fedeltà alla propria legge e alla propria vita, creano un’atmosfera nella storia in cui il tempo, che scorre monotono, fa da cornice a tutta quella serie di avvenimenti che serviranno a rendere la giovane donna finalmente “padrona della scelta”.
Una donna è un complesso sviluppo narrativo in cui la struttura e i personaggi, divengono parte di quel meccanismo reale che rivela tutta la forza di una vita segnata dalla passione per l’avventura intellettuale e artistica e che fa pensare ad una forma di confessione minuziosa, un diario frammentato e rifuso a posteriori. In questa opera prevale la rivendicazione sociale di un ruolo femminile paritario a quello maschile.
In una prosa del 1911 (“Apologia dello spirito femminista”, compresa nel volume Andando e stando), scriveva che il femminismo come movimento sociale era stato una breve avventura, eroica all’inizio, ma grottesca sul finire, un’avventura da adolescenti, inevitabile ed ormai superata. Il suo carattere femminista si era riversato sul lato letterario e spirituale, sulla rivendicazione della “diversità” femminile e della necessità della “libera estrinsecazione dell’energia femminile”. In realtà, il libro divise le femministe e le scrittrici, che riconoscevano la particolarità di quella “coscienza evoluta”, ma ne prendevano le distanze, identificando il bambino come l’unica vera vittima; la rivista femminista Vita internazionale la giudicò come orgogliosa, egoista e priva di forza, incapace al sacrificio estremo.
Nelle liti col marito la giovane cercava di tenere duro, per far crescere il figlio con una mente libera e aperta. Dalle liti però si passò alle percosse e la ragazza stremata decise di partire, ma quando lo comunicò al marito, lui disse che avrebbe acconsentito purché il piccolo fosse rimasto con lui. La donna, divisa tra il desiderio di realizzare se stessa e l’istinto materno, partì e tornò a Milano dove si trovava la sua famiglia, con la speranza che nel giro di pochi giorni avrebbe fatto in modo che suo figlio la raggiungesse. Ma i giorni passarono così come i mesi e gli anni e il suo piccolo a Milano non venne mai. Le lettere che la madre gli scriveva non ebbero mai una risposta, la protagonista allora, soffrendo in silenzio, decise di scrivere un libro per far si che le parole in esso contenute lo raggiungessero, permettendogli di comprendere le scelte che aveva compiuto.
Lo scopo che l’autrice si prefigge è quello di mostrare per la prima volta “l’anima femminile moderna”, capace di tramutare l’essenza di una vita in arte. E proprio attraverso ogni forma d’arte e di libero pensiero l’Aleramo si era attivata nel movimento per l’emancipazione della donna, collaborando a riviste e giornali, e partecipando alle campagne più significative di sensibilizzazione, da quelle per il voto alle donne a quelle per la pace, contro l’alcolismo, la prostituzione e la tratta delle bianche.


SIBILLA ALERAMO (1876-1960) - NOTA BIOGRAFICA

Scrittrice e giornalista. Prima di quattro figli, nacque dal professore di scienze Ambrogio Faccio e da Ernesta, una casalinga. Nel 1888, la sua famiglia si trasferì da Milano in un piccolo paese delle Marche, dove Ambrogio diresse una fabbrica di vetro. Impiegata come bibliotecaria, nella fabbrica, all'età di sedici anni dovette sposare Ulderico Pierangeli, un operaio della fabbrica, che la aveva violentata.
Risentendo sia dell'instabilità mentale della madre, sia della costrizione di un'unione sfortunata, ad un certo punto tentò il suicidio, e per il resto della sua lunga vita ebbe continui sbalzi depressivi. La scrittura divenne l'unica fuga di questa donna sensibile e brillante. Pur avendo ricevuto solo un'istruzione elementare, cominciò a collaborare con riviste femministe, e per tutta la vita scrisse recensioni di libri, critiche letterarie, studi sociologici e commenti sulla vita quotidiana.
Nel 1899, la sua reputazione era così grande, che le fu offerto di dirigere una rivista femminile a Milano, dove si era trasferita, per un breve periodo, con la famiglia di Pierangeli. Milano le aveva offerto una finestra sul mondo, così quando il marito la costrinse a tornare al paese, Rina prese la difficile decisione di abbandonare la sua famiglia ed iniziare una vita che le permettesse di affermarsi come persona. Distrutta dalla separazione dal figlio amatissimo, si trasferì a Roma nel 1902. Ebbe una relazione con il giovane poeta valtellinese, nato a Morbegno, Felice Damiani. Poeta che morirà giovanissimo.
A Roma conobbe Giovanni Cena, direttore della rivista letteraria La Nuova Antologia, con il quale instaurò un sodalizio culturale e spirituale, durato sette anni. Fu durante questo periodo che Rina Faccio, guidata e supportata dal suo mentore (che però impose di non citare né ricordare il suo primo amante Felice Damiani) e dagli altri intellettuali divenuti suoi amici, pubblicò il suo primo libro: Una Donna (1906). Con questo evento, Rina Faccio divenne Sibilla Aleramo, un nuovo nome per una nuova vita.
Alla fine della sua storia con Giovanni Cena, nel 1910, Sibilla iniziò un viaggio durato venti anni. In questo periodo, continuando a scrivere ed a collaborare con diverse riviste, la scrittrice attraversò tutta l'Italia e parte dell'Europa, alla ricerca dell'amore perfetto, che avrebbe dato un senso assoluto alla sua vita.
Nel 1928, però, orami ridotta sul lastrico tornò a Roma, dove finì i suoi giorni, dopo aver militato contro il Fascismo ed essersi innamorata per l'ultima volta del giovane Franco Matacotta, uno studente quarant'anni più giovane di lei. Leggenda del femminismo, Sibilla Aleramo si spense nel 1960, all'età di ottantatré anni, senza mai aver smesso di scrivere.


DONNE E LETTERATURA. DOPO SIBILLA ALERAMO
Nel XX secolo nasce e si intensifica sempre più la produzione letteraria e poetica ad opera delle donne. Tale fenomeno viene generalmente inserito all’interno del quadro di modernizzazione della civiltà italiana ed europea contemporanea, ma soprattutto viene associato al processo dell’emancipazione femminile e al cambiamento dei rapporti fra uomo e donna.
Nonostante non esista ancora una storia della letteratura italiana femminile, molte rappresentanti di essa, da Sibilla Aleramo ad Elsa Morante, da Grazia Deledda ad Anna Maria Ortese e Natalia Ginzburg, fanno parte delle più alte e significative sfere della nostra produzione letteraria.
Il filone letterario “al femminile” si apre, nel nuovo secolo, con l’opera di una scrittrice che nel panorama generale spicca per la sua scrittura innovativa, per la sua vita intensa e per le sue molte storie sentimentali. Sibilla Aleramo, al secolo Rina Faccio: bella, intelligente, modello di donna nuova libera da schemi e pregiudizi, autrice di un’opera stimata da tanti come la “bibbia del femminismo”, Sibilla Aleramo viene così giustamente considerata una delle figure più originali ed anticonformiste della letteratura del Novecento.
Il suo primo romanzo, l’autobiografia Una donna, pubblicato nel 1906, è considerato una testimonianza della condizione femminile dell’epoca ed è il primo libro femminista apparso in Italia. Una donna è la prima opera firmata con lo pseudonimo di Sibilla Aleramo ed è anche quella che le ha donato da subito la notorietà, delineando la sua immagine pubblica e privata. Il romanzo infatti riscosse successo e la sua pubblicazione suscitò l’interesse della società dell’epoca: il testo, commovente e provocatorio allo stesso tempo, animò per più di un anno il dibattito culturale italiano.
L’opera, che racconta la vicenda umana della scrittrice, non è una semplice autobiografia né un diario, ma è considerata una riflessione spietata e acuta sul proprio passato, una sorta di “autoanalisi” letteraria. In ventidue brevi capitoli la protagonista, partendo dagli anni spensierati della sua infanzia, arriva al tempo della prima stesura del romanzo, quando cioè avrà già lasciato suo marito e suo figlio.
Rina infatti, dopo aver subito uno stupro da parte di uno dei dipendenti che lavorano nella fabbrica del padre, viene costretta a sposare quest’uomo con un matrimonio “riparatore”, un matrimonio senza amore da cui nascerà il suo unico figlio che per molto tempo rappresenterà la sua unica salvezza.
La solitudine, il disprezzo per il marito, l’atmosfera chiusa e gretta della provincia la spingeranno, dopo un tentato suicidio, a ritrovare conforto nella scrittura. L’autobiografia si trasforma così in un percorso di formazione che, nell’arco di dieci anni, porterà la scrittrice ad una maturazione: deciderà infatti di lasciare definitivamente la famiglia e il suo adorato figlio.
Nel 1902 Rina lascia il marito e il figlio e si trasferisce a Roma per inseguire la sua vocazione letteraria ma soprattutto la sua libertà e indipendenza. Per l’abbandono del tetto coniugale Sibilla, secondo la legge, perde ogni diritto sul bambino e per questo il distacco diventa ancora più doloroso e drammatico, un allontanamento che per lei risulta essere però necessario. In realtà questo romanzo viene scritto dalla Aleramo proprio per il suo amato figlio, perché un giorno possa leggere la storia di sua madre e capire fino in fondo le sue tormentate scelte. Tema centrale del libro rimane perciò la maternità che nel romanzo viene ampiamente trattato.
Scrivendo la sua storia Sibilla definisce di nuovo anche la sua immagine, riportando in superficie il valore profondo del suo percorso. Una donna è, come la stessa autrice spesso lo ha definito, il libro del suo passato che rappresenta dunque allo stesso tempo la nascita ad una nuova vita, è l’annuncio del futuro: la donna Rina lascia il posto alla scrittrice Sibilla. Lo stesso pseudonimo che Rina sceglierà e con cui firmerà questa e tutte le sue successive opere, cancellerà d’ora in avanti e per sempre il suo nome e il cognome del padre e del marito.
La perdita del nome rappresenta una cesura netta con il suo passato e coincide con la nascita della sua “seconda vita”, come lei stessa amava definirla, una nascita di certo violenta e non naturale costellata da abbandoni dolorosi. Il libro va dunque letto per la vicenda che narra ma soprattutto per il modello di donna nuova che cerca di proporre.
La scrittura è la via che l’autrice ha scelto per affermare se stessa e la sua identità di donna e il romanzo, esito finale di un’esperienza di vita, diviene un modello universale di riscatto. L’itinerario intellettuale e privato di una sola donna assume in questo modo, come già rivela il carattere generale del titolo stesso, Una donna, il ruolo di testimonianza e di documento di denuncia.
Nel romanzo infatti, specchio della società italiana a cavallo dei due secoli, la Aleramo, con occhio critico, analizza buona parte dei problemi delle donne della sua epoca. E il valore di “romanzo femminista”, intuito già alla sua pubblicazione, favorì probabilmente il grande successo di pubblico e di critica.

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