Gustave Courbet (1819 - 1877)
Sintesi Divulgativa
a cura di Claudio Di Scalzo
Fu Ornans, la piccola
cittadina dello Jura, ai confini tra Francia e Svizzera, a dare i natali a
Gustave Courbet, uno dei grandi innovatori, forse il più audace, della pittura
ottocentesca. Siamo nel 1819, precisamente il 10 giugno. Gustave è primogenito
di Eleonor Regis, un agiato proprietario terriero che nel 1831 lo iscrive al
Seminario di Ornans per poi inviarlo sei anni dopo al Collegio Reale di
Besançon. Fin dai primi anni il giovane Gustave, si mette in evidenza, oltre
che per il carattere particolarmente indisciplinato, per l'attitudine al disegno.
Ebbe grande importanza per la sua formazione l'amicizia con Max Bouchon,
cornpagno di collegio, che lo portò verso il socialismo in politica e il
realismo nell'arte. Nel 1840 si stabilisce a Parigi dove abbandona gli studi di
diritto per dedicarsi interamente alla pittura: frequenta gli atelier di vari
artisti, ma soprattutto analizza e copia i capolavori del Louvre. Sono ancora
in auge in quegli anni i canoni della pittura romantica e Courbet vi si adegua:
specialmente nei numerosi autoritratti, nei quali il pittore trasfigura per
l'appunto romanticamente la propria immagine: (Le Desespéré, L'hom-me
blessé, Le Violoncelliste). Vale la pena comunque di ricordare che
l'autoritratto fu un'esigenza che accompagnò tutta la vicenda artistica del
pittore francese (con un’assiduita pari al solo Rembrandt), testimoniando la
forte componente narcisistica del suo carattere.
Nel '44 Courbet espone per la
prima volta una propria tela al Salon parigino, che costituiva il tempio della
cultura artistica ufficiale.
Ci avviciniamo così agli anni
caldi del '48 che furono determinati per l'evoluzione del suo pensiero e della
sua arte: cade il trono di Luigi Filippo e sale al potere la II
Repubblica.
Courbet frequenta la
Brasserie Andler, tempio della cultura non ufficiale, dove entra in amicizia
con Baudelaire, Corot, Daumier e altre interessanti
personalità: proprio da questi incontri nascono le idee base del Realismo di
cui l'artista si fa agguerrito paladino. Nel ‘49 inizia la gigantesca tela Un
funerale a Ornans, (Parigi, Museo d’Orsay), vero e proprio manifesto della
pittura realista. I contadini e i borghesi di Ornans, tutti i volti noti
all'artista, sfilano sulla tela con la loro umile ma autentica dignità. "È
il Romanticismo che viene sepolto" disse lo stesso Courbet riferendosi al
quadro. In effetti d'ora in poi la sua pittura sarà rivolta unicamente al
reale: nei ritratti, nei seducenti nudi femminili come nei meravigliosi
paesaggi, non si tratta più di rievocare visioni fantasistiche o simboliche,
quanto piuttosto di portare sulla tela, per farla rivivere in intensità e
pienezza, la realtà. Soltanto la realtà che l'occhio vede, e niente di
più.
Furono in molti a non capirlo e a criticarlo violentemente, in particolare nell'ambiente del Salone parigino, che non poteva sopportare di vedere il popolo, la gente di paese, quella realtà che a Courbet, anche in quanto socialista, stava più a cuore, elevata a soggetto di un’opera d'arte. La polemica toccò il culmine durante l'Esposizione Universale del '55, quando la giuria si rifiutò di esporre il Funerale a Ornans e L'atelier del pittore, (Parigi, Museo d’Orsay), che Courbet aveva appena completato. Nel primo dipinto, la più grande tela dipinta dall'artista (3,61 X 5,98 cm), il pittore si era ritratto in atto di dipingere un paesaggio, circondato dagli amici che frequentavano abitualmente il suo studio (“la storia morale e fisica del mio atelier” come egli stesso definì l'opera). Il rifiuto convinse Courbet ad allestire, in polemica coll'Esposizione, il Padiglione del Realismo, dove presentò 40 suoi quadri e 4 disegni. Proseguendo con ostinazione e coraggio la strada intrapresa, nel ‘57 espose al Salone Ragazze sulle rive della Senna (Parigi, Petit Palais), dove ritrasse, cogliendo il dramma della loro stanca umanità, due donne di facili costumi sdraiate sulla riva del fiume. Il quadro non fece che gettare olio sul fuoco delle critiche; ma a coloro che lo rimproveravano non solo per la "volgarità" del soggetto ma anche per la mancanza di carica ideale dell'opera, il pittore rispondeva enunciando i principi della sua estetica: “Considero un uomo come considero un cavallo, un albero, un oggetto qualsiasi della natura”.
Furono in molti a non capirlo e a criticarlo violentemente, in particolare nell'ambiente del Salone parigino, che non poteva sopportare di vedere il popolo, la gente di paese, quella realtà che a Courbet, anche in quanto socialista, stava più a cuore, elevata a soggetto di un’opera d'arte. La polemica toccò il culmine durante l'Esposizione Universale del '55, quando la giuria si rifiutò di esporre il Funerale a Ornans e L'atelier del pittore, (Parigi, Museo d’Orsay), che Courbet aveva appena completato. Nel primo dipinto, la più grande tela dipinta dall'artista (3,61 X 5,98 cm), il pittore si era ritratto in atto di dipingere un paesaggio, circondato dagli amici che frequentavano abitualmente il suo studio (“la storia morale e fisica del mio atelier” come egli stesso definì l'opera). Il rifiuto convinse Courbet ad allestire, in polemica coll'Esposizione, il Padiglione del Realismo, dove presentò 40 suoi quadri e 4 disegni. Proseguendo con ostinazione e coraggio la strada intrapresa, nel ‘57 espose al Salone Ragazze sulle rive della Senna (Parigi, Petit Palais), dove ritrasse, cogliendo il dramma della loro stanca umanità, due donne di facili costumi sdraiate sulla riva del fiume. Il quadro non fece che gettare olio sul fuoco delle critiche; ma a coloro che lo rimproveravano non solo per la "volgarità" del soggetto ma anche per la mancanza di carica ideale dell'opera, il pittore rispondeva enunciando i principi della sua estetica: “Considero un uomo come considero un cavallo, un albero, un oggetto qualsiasi della natura”.
Nel 1867 Courbet inviò all'Esposizione
Universale quattro quadri ma, come dodici anni prima, allestì contemporaneamente
una mostra personale. La sua produzione in questi ultimi anni verte soprattutto
sui ritratti e sui paesaggi, tra cui spiccano le marine e le scogliere dipinte
a Etrétat nell'estate del ‘69. L'anno seguente, dopo aver clamorosamente rifiutato,
insieme a Daumier, il conferimento della Legion d'onore, Courbet si trova
coinvolto nei drammatici avvenimenti che si abbattono sulla Francia: il 31
agosto Napoleone III è sbaragliato dai Prussiani a Sedan e il 18 settembre
inizia l'assedio di Parigi. L'artista entra a far parte della Comune ed
è eletto presidente della commissione per la protezione delle opere d'arte.
Dopo la caduta della Comune e le sanguinose repressioni, viene giudicato
ingiustamente responsabile dell'abbattimento della Colonna Vendôme, viene
condannato a sei mesi di reclusione, durante la quale continua a dipingere,
eseguendo il celebre Autoritratto a Sainte-Pélagie (il carcere parigino).
Perseguitato dalla giustizia anche dopo la scarcerazione, (è condannato a ricostruire la colonna a sue spese), l’artista fugge e si rifugia in Svizzera a La Tour-de-Peilz, nei pressi di Vevey. Qui dipinge ancora numerosi paesaggi, tra cui le meravigliose visioni del Castello di Chillon. Da lungo tempo malato, Gustave Courbet muore il 31 dicembre 1877, lasciando in eredità ai pittori che lo seguiranno, tra cui gli espressionisti, un sentimento della realtà e della natura di profondità e verità straordinarie.
Perseguitato dalla giustizia anche dopo la scarcerazione, (è condannato a ricostruire la colonna a sue spese), l’artista fugge e si rifugia in Svizzera a La Tour-de-Peilz, nei pressi di Vevey. Qui dipinge ancora numerosi paesaggi, tra cui le meravigliose visioni del Castello di Chillon. Da lungo tempo malato, Gustave Courbet muore il 31 dicembre 1877, lasciando in eredità ai pittori che lo seguiranno, tra cui gli espressionisti, un sentimento della realtà e della natura di profondità e verità straordinarie.
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