lunedì 23 novembre 2015

Jean François Millet. Sintesi bio-percorso artistico a cura di Claudio Di Scalzo






JEAN FRANÇOIS MILLET 
(1814 - 1875)
a cura di CDS


Nato a Grucky in Normandia, figlio di contadini, si dedica presto alla pittura, dapprima a Cherbourg poi nella capitale francese (dal 1837); a Parigi è allievo di Delaroche, ma irritato per il sostegno non ricevuto da questo nella domanda per l'Accademia francese di Roma, abbandona il maestro e i suoi insegnamenti, dedicandosi all'autonomo approfondimento delle opere dei pittori Daumier, Delacroix, Courbet. Espone al Salon fin dal 1842; le sue prime opere, ispirate a scene pastorali o mitologiche, oppure a soggetti storici e legate al gusto settecentesco, e in particolare ai dipinti di Fragonard, non incontrano grande successo (Dafni e Cloe, Offerta a Pan, Edipo). Fra il 1845 e il 1848 questi temi tendono a scomparire dal repertorio pittorico di Millet, che si dedica con sempre maggiore impegno alla rappresentazione di scene di genere, alla descrizione di ambienti di vita contadina. Così al Salon del 1847, accanto alla Cattività degli ebrei a Babilonia, espone Il vagliatore, opera che riproduce un umile contadino, con sinceri accenti di emotiva partecipazione alla vita delle classi sociali meno agiate. Entrato in contatto con i pittori della scuola di Barbizon  (che intendono rinnovare l'accademismo dominante attraverso quel realismo del mondo della natura che secondo loro solo la pittura di paesaggio è in grado  di rappresentare), diventato repubblicano in occasione del moti del 1848, Millet finirà con l'esaltare nei suoi quadri le dure condizioni del lavoro contadino e col riprodurre le stentate condizioni di vita del proletariato agricolo.





    
Nel 1849 l'artista si ritira definitivamente a Barbizon, dove rimarrà fino alla morte, avvenuta nel 1875; qui dipinge II seminatore (del 1851, ora al Boston, Museum of Fine Arts), II pasto dei mietitori (1851), Le spigolatrici (1857, Parigi, Museo d’Orsay), opere nelle quali è messo in evidenza il lato eroico della dura vita contadina non senza sfumature dal tono predicativo. L'iconografìa esaltativa della vita dei campi si arricchisce con le successive opere: L'Angelus (del 1859, Parigi, Museo d’Orsay), La nascita di un vitello (del 1861), L'uomo con la zappa (del 1862-‘63), quest'ultimo destinato a diventare un emblema del socialismo ottocentesco. Millet è sempre più conosciuto e acquista fama crescente: partecipa all'Esposizione Universale del 1866 con un cospicuo gruppo di opere che gli assicurano grande popolarità. 




Accanto ai dipinti che lo rendono più famoso, l’artista produce una serie di disegni a carboncino, a matita, a pastello, (Primule, 1868, Boston, Museum of Fine Arts, La primavera, 1868-73, Parigi, Museo d’Orsay), i quali rilevano il suo meraviglioso senso della linea. Ma di là degli intenti polemici o educativi del suo stile, incentrato su un profondo interesse per le condizioni di vita della povera gente, derivatogli da Daumier, e su di un amore per la rappresentazione della realtà, acquisito da Courbet,... resta in Millet un notevole talento per le luminescenze e le ombre, per i giochi di luce negli aperti orizzonti della campagna francese. “Le figure individuate come valori di masse, senza inutili particolari descrittivi”, scrive Giulio Carlo Argan, “sono intimamente fuse con le grandi luci del paesaggio e molto spesso l’altezza lirica delle opere d’arte è superiore a ogni programma o affermazione politica e sociale”. (1995)



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