lunedì 10 maggio 2010

Caspar David Friedrich: Paesaggio Boemo. Claudio Di Scalzo Manuale di Classe

 




Il movimento romantico, che trovò la sua espressione specialmente nella letteratura dell’inizio del diciannovesimo secolo (Novalis, Tieck, Schlegel) è rappresentato nella pittura tedesca con particolare evidenza da Caspar David Friedrich, nato nel 1774 a Greifswald. Dopo aver studiato quattro anni a Kopenhagen, si trasferì per sempre, nel 1798, a Dresda. Seppe realizzare nei suoi quadri gli ideali di questo movimento artistico con una purezza non raggiunta neanche da Runge o dai Nazareni. La sua pittura vuole rinnovare l’eticità dell’arte, risvegliare il senso di venerazione per la divinità, che era andato quasi perduto durante la monarchia assoluta. Non è un caso che Caspar David Friedrich scelga come soggetto dei suoi quadri quasi esclusivamente il paesaggio: è infatti il paesaggio che, per la sua vicinanza a Dio, la sua purezza, l’essere e il divenire che sempre sono in esso racchiusi, può divenire un simbolo del cosmo. Il pittore anela a perdersi in questo cosmo. E Veramente i paesaggi di Friedrich non sono paesaggi realistici, come quelli che saranno dipinti dalla scuola di Barbizon o dagli Impressionisti, ma vogliono semplicemente contenere tutta la nostalgia dell’infinito, quel sentimento quasi mistico che distingue l’anima romantica.

Friedrich disse una volta che un pittore non deve dipingere solo quello che vede davanti a sé, ma anche quello che vede in sé - e cosi diventa facile comprendere che egli non abbia ritratto fedelmente la natura in nessuno dei suoi quadri; ma che abbia invece fatto, dapprima, numerosi schizzi che riportava poi, nel suo studio, sulla tela. Quanto sia forte la sensibilità romantica dei suoi quadri, è dimostrato anche dai motivi che egli preferisce: l’alba, il tramonto, o una notte di luna, ovvero quelle ore che, a differenza del giorno chiaro, non fanno vedere le cose come esse sono, senza possibilità di illusione, ma ne mostrano il divenire o il trapassare, lasciando piena libertà al gioco della fantasia. Già nel suo primo grande quadro, Croce in montagna, Altare di Tetschen, del 1807, (Dresda, Gemäldegalerie) una grande croce sta, sullo sfondo del sole calante, sull’alta cima di un monte. La profonda religiosità di questo quadro colpisce ogni volta che lo guardiamo. Nei quadri di Friedrich la figura umana appare di rado e, quando appare, è assorbita dalla natura, e non ha altra funzione se non quella di essere un ponte verso l’infinito, di attirare l’attenzione dell’osservatore, rendendo più accessibile il vero contenuto del quadro. Sono quasi sempre figure viste di spalle, come i due uomini che contemplano la luna, o come la gente che guarda le navi ancorate nel porto, nella luce vespertina del giorno che volge alla fine. Come uomo l’artista fu un solitario, malgrado imolti onori, e malgrado anche la sua amicizia con il dotto e versatile Cari Gustav Carus, il poeta Ludwig Tieck, Gerhard Kuegelgen, e il pittore Dahl.


PAESAGGIO BOEMO
Stoccarda, Staatsgalerie

I monti del Riesengebirge hanno sempre ispirato a Caspar David Friedrich grandiosi paesaggi. Egli trascorre in questa regione interi periodi di cura, e vi trovò sempre proprio ciò che voleva comunicare agli uomini attraverso il linguaggio dell’arte: vi trovò l’essenza dell’infinito e la via che conduce all’intenzione dell’onnipotenza divina. Anche questo paesaggio montuoso ci sorge davanti come un simbolo della natura vergine e incontaminata. La notte vela ancora i prati in primo piano e tesse le sue ombre nell’oscurità del bosco; ma nelle vallate si distilla già la fredda luce del giorno incipiente che rischiara, senza disegnarla con esattezza, la topografia della regione. Contorni precisi serrano però la forma dell’alta montagna slanciata verso il cielo, che, nella sua trasparenza appena velata di nebbia, ben rende l’atmosfera della luce mattutina. Ed è proprio il cielo che domina il quadro, benché sia l’alto monte, sottolineato dalle due grandi querce solitarie in mezzo ai prati, a segnare il centro. Ma la via che conduce alla vetta è nascosta e, se anche la si raggiunge, superando le varie alture a destra, non vi si trova riposo, perché lo sguardo è spinto in alto nell’ampiezza appena intuibile del cielo, da cui incede il nuovo giorno.

Questo sognante intuire, che fa evadere il pensiero dall’immagine reale, è il contenuto essenziale di questo e degli altri quadri dell’artista.





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