Università cattolica occupata
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a cura di Claudio Di Scalzo
Fondato su un'interpretazione del Concilio Vaticano II che ne portava all'estreme conseguenze il senso di svolta epocale, e precorso dalla contestazione studentesca all’Universila cattolica, che poneva non solo problemi legati alla condizione degli studenti ma metteva in questione i rapporti interni allaChiesa, il dissenso cattolico organizzato si manifestò in primo luogo sul piano politico. Il 25-26 novembre 1967 il convegno “La fine dell'unità politica dei cattolici, la socialdemocrazia al potere e le prospettive della sinistra italiana” vide tra i relatori, accanto a Luigi Anderlini e Achille Occhetto, Vladimiro Dorigo, per molti anni dirigente della DC e direttore di Questitalia, che si impegnò in un'opera di coordinamento dei gruppi spontanei della sinistra cattolica.
L'esaurimento dell'unità politica dei cattolici nella DC parve divenire, specie nel 1969, una realtà concreta: Livio Labor, presidente delle ACLI, proclamò la fine del collateralismo; Carlo Donat Cattin, all'epoca il più vivace esponente della sinistra DC, mostrò disponibilità all'ipotesi di un secondo partito cattolico, un partito dei lavoratori schierato a sinistra. Nel 1968 il dissenso cattolico ebbe però una prospettiva più vasta di quella politica: veniva rifiutata la validità dei tradizionali vincoli di obbedienza all'interno della Chiesa e al tempo stesso si esprimeva l'esigenza di una sua univoca collocazione dalla parte dei diseredati.
Don Mazzi, il parroco dell'Isolotto, nel pieno del contrasto con l'arcivescovo di Firenze, il cardinale Ermenegildo Florit, affermava che «ubbidire alla gerarchia cattolica significa quasi sempre disubbidire alle esigenze più profonde, vere ed evangeliche del popolo», e vedeva uno scisma già in atto: «Da una parte, la Chiesa legata al potere politico, economico, culturale; dall'altra, la Chiesa dei disoccupati, dei sottoccupati, degli analfabeti, dei rifiutati, dei lavoratori»
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