Claudio Di Scalzo
Il Manuale Tellus Scolastico (Transmoderno) riguardo ai grandi periodi della cultura occidentale opera
delle sintesi e propone delle cornici divulgative ed insieme rigorose, senza
però dimenticare la vocazione alla narrazione che ogni buon manuale ieri su
carta e oggi sul web deve avere.
IL BAROCCO E LA MUSICA
Breve introduzione
Il Barocco è un’esperienza
europea che nasce e si afferma evolvendosi contemporaneamente nelle principali
culture continentali, imprimendo i suoi connotati, anche se con sfumature e
intensità diverse, a tradizioni storicamente e geograficamente molto lontane,
dalla Spagna alla Germania, dall’Italia all’Inghilterra, dalle Fiandre all’Est.
È un dato di testimonianza che evidenzia l’omogeneità dei motivi di fondo da
cui è scaturito questo modo di percepire e rappresentare la realtà.
Il Barocco vive di un’esperienza
onnicomprensiva, nel significato che interessa non soltanto la letteratura, ma
le arti, la musica, il costume e la mentalità.
Il Barocco ha la caratteristica
dell’ufficialità, assurge, cioè, come la forma di cultura più vicina agli
interessi del potere costituito, e contemporaneamente rappresenta anche
l’esaltazione dell’anticonformismo e della trasgressione (ed è proprio in
questa esagerazione che sta il motivo maggiore del suo fascino).
Il limite maggiore del Barocco fu
quello di volere a tutti i costi stupire e meravigliare, ricorrendo a un
formalismo esasperato e ad immagini inusitate (il cosiddetto concettismo),
oppure affrontando gli argomenti più improbabili, singolari e bizzarri con un
risultato che molto spesso, riduce l’arte barocca ad uno sfoggio di bravura
fine a se stessa e non di rado indisponente per il suo fondo esibizionistico e
vacuo. E se le arti figurative e la letteratura uscendo dall’esperienza del
Manierismo cinquecentesco avevano già la nuova tendenza intrisa in esse, la
musica invece, che non aveva alle spalle alcuna grande tradizione, trovò
nell’età barocca il suo vero atto di nascita.
Musica del barocco
Normalmente questa età viene
contraddistinta da queste due date: il 1600, con la nascita del melodramma, ed
il 1750, data della morte di J.S. Bach. Si nota, in questa epoca, una unità di
fondo tra la musica rinascimentale e quella barocca, ma verso la fine del XVI
secolo si evidenzia un cambiamento di stile significativo: lo si può vedere
confrontando alcune delle ultime opere di Palestrina con quelle più mature di
Monteverdi, in cui si nota una forte influenza dell'Umanesimo.
La dottrina umanistica, per i
compositori del XVI sec., portava al dominio del testo verbale su quello
musicale, mentre fino ad allora la musica aveva avuto il sopravvento. La
parola, come elemento che meglio esprimeva l'individualità umana, era di
primaria importanza nella visione umanistica, per cui era vietato soffocarla
con la musica. Per soddisfare questa necessità i compositori dell'epoca
adottarono uno stile consistente in una sola linea melodica, con un
accompagnamento armonico, mentre per rafforzare i concetti espressi nel testo
venivano usati metodi diversi.
Anche in questi secoli i
compositori dipendevano dalle corti o dal clero, come nel passato: bisognerà
attendere il periodo del Romanticismo per poter assistere alla cessazione di
questa dipendenza. Ai compositori dunque si chiedeva musica adatta alle
occasioni, su commissione: per esempio l'Orfeo fu commissionato a Monteverdi
per il carnevale di Mantova, mentre Bach componeva le cantate sacre per il
servizio domenicale nella cattedrale di San Tommaso. Peraltro la composizione
su "ordine" non escluse la nascita di capolavori come la Passione
secondo Matteo o il Magnificat, proprio di J.S. Bach.
Forme e tecniche del Barocco
Caratteristico del periodo è
l'uso di un accorgimento particolare nella notazione, quello cioé del Basso
continuo, di solito riservato agli strumenti a tastiera: si trattava di una
linea di basso, con sopra segnate delle cifre per indicare le armonie
richieste, e venne usato fin dagli inizi dell'opera per recitativi ed arie.
Il primo teatro d'opera pubblico
a pagamento fu aperto a Venezia nel 1637. Da questo primo evento risultò
chiaramente che l'aria dominava sul recitativo, in quanto maggiormente melodica
e quindi più adatta ad un pubblico normalmente poco preparato in campo
musicale: cosa più rimarchevole, nacque allora il culto del solista, tuttora
duraturo. I cantanti di allora erano invitati a sfoggiare la loro bravura ed agilità,
impegnandosi in arie ricche di virtuosismi e prodezze tecniche: questi principi
erano molto rispettati, a partire da Monteverdi per arrivare a Haendel.
Stessa cosa valse per la musica
strumentale: questo aspetto della musica si trasportò al di fuori dell'opera,
portando modelli come l'"allegro - adagio - allegro" tipico delle
ouvertures di opere come quelle di Scarlatti nel concerto grosso: la stessa
struttura del ritornello, con i passaggi vocali interrotti da frasi puramente
strumentali, fu adottata in opere strumentali.
Un'altra caratteristica, già
presente nel XVI secolo, fu quella dello stile concertato in cui strumenti
solisti o gruppi contrastavano con l'orchestra: questo stile venne usato per
molte musiche, compresa quella sacra.
Un merito dell'epoca barocca fu
il maggior studio delle capacità espressive degli strumenti, che così non
risultarono più intercambiabili facilmente tra loro e permisero di raggiungere
risultati di maggior livello rispetto ai tempi precedenti. Già all'inizio del
XVII secolo la monodia (canto ad una sola voce) prevalse; la polifonia si
sviluppò ulteriormente, portando agli alti livelli del contrappunto strumentale
mostrati dalle fughe di Bach. Nel processo di semplificazione attraversato,
inizia la codificazione moderna del concetto di tonalità: gli otto modi
precedenti, nel 1700, vennero del tutto sostituiti dai due modi (maggiore e
minore) conosciuti nella musica occidentale.
Infine, le forme strumentali più
affermate del periodo furono la suite e la sonata. La suite era una selezione
di danze, solitamente presentata nelle quattro parti di allemanda, corrente,
sarabanda e giga: di solito queste erano in una stessa tonalità, in cui ogni
danza presentava due parti, delle quali la prima modulava in una tonalità
vicina, la seconda tornava invece alla tonalità iniziale, il tutto poi veniva
ripetuto due volte.
La sonata inizialmente era simile
alla suite, poi se ne differenziò, consistendo semplicemente in uno, al massimo
due movimenti. Più tardi si definirono due tipi di sonata da camera (basata su
movimenti di danza) e sonata da chiesa, dal contenuto solenne.
La Musica barocca e la religione
La Musica del periodo barocco è
intimamente legata alle evoluzioni ed involuzioni creative che videro
protagonisti la Riforma luterana prima e la Controriforma cattolica dopo.
Nell’elaborazione della sua proposta, Martin Lutero rivalutava la posizione individuale
e indipendente del soggetto nel suo rapporto con Dio, con le istituzioni della Chiesa,
con le Sacre Scritture. Di fatto egli escludeva la centralità e il ruolo
intermedio del clero, che fino ad allora (ci troviamo nella prima metà del
1500) aveva tenuto, nel rapporto con i credenti, una posizione di evidente
vantaggio economico e culturale. Lutero sostiene la necessità di una lettura
individuale della Bibbia e favorisce per questa ragione l’incremento
dell’alfabetizzazione di massa e a carattere popolare, gratuita e obbligatoria.
Lutero auspica lo sviluppo dell’attività filologica e l’incremento della
circolazione del libro in quanto strumento indispensabile a quella che egli
definiva una ‘autoliberazione’ della coscienza, l’affermazione di un pensiero
libero e svincolato da quelle paure che proprio nella Chiesa cattolicasubordinavano
lo spirito critico all’obbedienza assoluta.
La Chiesa, che sembrava
inizialmente ignorare le teorie luterane, cominciò, dopo l’affissione sul
portale della cattedrale di Wittenberg delle “95 tesi”, la sua controffensiva:
il Concilio di Trento (1545-1563) servì a deliberare e poi ad applicare in
concreto le iniziative che diedero vita alla Controriforma.
Tra le più disparate iniziative
che la Controriforma diede origine è la ‘rinascita’ delle arti in genere e la
Musica, è una delle forme artistiche che laChiesa adoperò per sostenere la
sua causa controriformista, con l’intenzione di suscitare ed esaltare nell’intimo
dei credenti cattolici – con lo stupore e la magnificenza delle note che
riecheggiavano nelle immense volte delle Cappelle ecclesiastiche – una
soggezione spirituale intenta a sostenere le ragioni morali e spirituali del
credo cattolico.
Musica sacra a Roma e a Venezia
La musica del XVII secolo fu
caratterizzata da uno scambio intenso d’influssi stilistici fra le varie
nazioni d’Europa, dove lo stile italiano predominò sempre più nel teatro
musicale e nella musica strumentale. Oltre a questo il periodo seicentesco
s’identifica anche con l’affermarsi del “sistema tonale” e con l’uso specifico
del “basso continuo”. Senza però allargare troppo i nostri confini, vorrei
attirare l’attenzione soprattutto sulla prima metà del Seicento musicale sacro in
Italia, con esclusivo riferimento ai due centri più importanti della cultura
musicale sacra di quel periodo: Roma e Venezia. La scuola romana e quella
veneziana continuarono a celebrare la tradizionale musica liturgica che si era
stabilita sullo scorcio del Cinquecento, secondo le rispettive “scuole” del
Palestrina e dei Gabrieli. Musiche interpretate esclusivamente, secondo la
tradizione dell’epoca, da quegli “angeli del canto” che erano i castrati (e/o
dal coro di voci bianche dei fanciulli).
A Roma la figura simbolica di
Palestrina contribuì, non poco, a far considerare la polifonia a voci sole come
a un “patrimonio” locale della più alta gerarchia ecclesiastica (anche se più
tardi, non mancò ad arrivare l’influsso della scuola veneziana con lo stile concertato
dei Gabrieli, in quei maestri che si sentivano gli eredi autentici dello stile
palestriniano come Orazio Benevoli ed Ercole Bernabei, dei quali fecero epoca
le loro messe) e dove la Cappella Sistina, con a capo il Papa, era il fulcro
della tradizionale musica “antica”.
A Venezia, invece, la figura
emblematica di Monteverdi e la sua musica liturgica rispecchiarono lo stile
concertato dei Gabrieli, con strumenti tanto nei mottetti quanto nei salmi e
nelle messe.
Il Cantore della Chiesa
La Musica del periodo barocco, è
anche strettamente legata alle nuove evoluzioni nel campo musicale che diedero
origine all’uso specifico del ‘basso continuo’ e alla monodia. Questa nuova
espressione di pensare e fare musica si sviluppò sullo scorcio del Cinquecento e
per tutto il ‘600, diede vita ad una vera e propria rivoluzione, portando alla
ribalta l’aria. Il significato del termine “aria” è indivisibilmente legato al
canto monodico che si sviluppò col tramonto della polifonia e la gloria del
solista vocale.
La Chiesa, sempre attenta
alle forme di espressione più vicine a Dio, non tardò molto a capire il valore
della musica monodica nel divulgare i valori evangelici e la nuova figura del
‘cantore’ solista, fu uno strumento di comunicazione di massa.
Il cantore della Chiesa è
fortemente legato all’espressione musicale sacra di tutto il periodo barocco
(1600-1750). Alla donna era proibito sin dal 1588 calcare le scene teatrali in
tutto lo Stato Pontificio e il cantore, molto presto, divenne il ’simbolo’ del
nuovo linguaggio musicale sacro cattolico. Il cantore si distingueva in due
categorie: sopranista e contraltista. Due vocalità dallo stesso registro vocale
della donna che segnarono un’epoca: l’Epoca d’Oro dei castrati.
Il cantore dell’epoca barocca fin
dal suo impiego professionale nella Cappella Pontificia e poi in tutte le
chiese,ma ancor prima del tempo di Papa Sisto V (il Papa che proibì alle donne
l’esibizione pubblica, 1588) ha rappresentato, con il suo canto e la sua
vocalità, il linguaggio evangelico universale racchiuso nella musica sacra di
grandi compositori quali Giacomo Carissimi, per esempio, elevando il messaggio
cristiano ad altissime e forti sensazioni nelle alte sfere delle emozioni
intime dell’uomo, che facevano vibrare l’anima nel suo profondo.
Il cantore, uno degli ultimi
Alessandro Moreschi è scomparso nel primo ventennio del ‘900, è una figura
lontana dall’immaginario collettivo, da troppo tempo dimenticata e così legata
all’esecuzione di musica da chiesa, ma non solo, da farne quasi l’unica ragione
per cui si scrivesse musica nel periodo che stiamo esaminando fino alla
comparsa sulla scena europea del Romanticismo, che decretò la fine di un’epoca
e l’inizio di un’altra.
Il castrato e la donna sulla
scena teatrale
Di fronte a un caso come quello
dei cantori evirati – che la storia musicale sembra averci tramandato come
fenomeno di costume – si rimane affascinati dal mistero di quelle voci: né di
uomo, né di donna e né di bambino. Voci che sembrano avere (secondo le cronache
dell’epoca, Riflessioni pratiche sul canto figurato, G.B. Mancini, 1777)
qualcosa di ‘soprannaturale’.
Una nota distintiva di tutta
l’epoca barocca fu proprio la presenza, nei teatri di prosa e lirici di tutta
Europa ma non solo, degli evirati cantori. Questi ultimi, inizialmente,
cantavano prevalentemente nelle Cappelle ecclesiastiche dopo che il veto di
Papa Sisto V (1588), come già sottolineato, proibì l’esibizione pubblica alla
donna in tutto lo Stato della Chiesa. I fedeli che assistevano alla messa,
rapiti dallo stupore e dalla meraviglia che il canto dell’ evirato destava
nell’animo, facendosi sempre più numerosi alle funzioni liturgiche davano vita,
molto spesso, a veri e propri deliri di massa (pensate ai concerti dei moderni
cantautori o al tifo nello stadio per una partita di pallone). Da qui il loro
passo sulle scene teatrali fu breve.
La donna, che tranne nello Stato
Pontificio si esibiva in tutti i teatri di prosa e lirici europei, si trovò ben
presto di fronte un forte rivale sulla scena teatrale, l’evirato. Il castrato
aveva la “presunzione” non solo di subentrare nei panni della protagonista
femminile di un’opera o credere di rappresentare un’alternativa alla vocalità
femminile e maschile, ma aveva anche l’ardire di effigiarsi del titolo di
‘primo virtuoso del canto’ (da qui nacquero tante storie di rivalità tra il
castrato e la prima donna), volendo relegare così il ruolo di cantatrice a
secondo e terzo ordine.
È fuor di dubbio che l’immagine
del castrato è soprattutto legata all’esecuzione di musica da chiesa, la quale
è stata sempre pensata - almeno per quanto riguarda il cattolicesimo - in
funzione della vocalità dell’eunuco e comunque, per una figura maschile
(pensiamo ai cori greco-bizantini e ai cori gregoriani, per esempio). Solo più
tardi, con il Motu Proprio de Musica Sacra di Pio X (1903) la donna sarà
ammessa al canto liturgico, da prima solo sul sagrato e poi nel presbiterio.
Due stili a confronto
Due stili a confronto è la
conflittualità di due vocalità e due stili di canto che hanno caratterizzato
due distinte epoche musicali: quella barocca prima e quella romantica dopo.
L’esecuzione del canto nel periodo barocco, che era caratterizzato dalla
stilizzazione dei sentimenti, da un virtuosismo fine a se stesso,
dall’improvvisazione dell’ornamentazione (lasciata all’arbitrio dei cantanti) e
dalla perfezione estetica nella cura della ‘forma’ musicale, venne a decadere
con lo sviluppo, l’evoluzione di una nuova maniera di cantare: il canto
“romantico” (più drammatico ed espressivo) che segnò la fine della ragion
d’essere dei castrati e del loro modo di cantare, per una rinnovata schiera di
‘prime donne’ sulla scena lirica.
L’avvento del Romanticismo spazzò
via, dalla scena operistica, storie e leggende mitologiche, eroi ed eroine del
mondo antico, volendo dare spazio così, per un forte desiderio di concretezza e
per una maggiore realtà scenica, a storie vissute nella quotidianità borghese,
plebea e militaresca (Rivoluzione francese 1789).
Nacquero in questo modo, solo per
citarne alcune, opere immortali quali Il franco cacciatore di Weber (1821,
prima opera romantica), Guglielmo Tell di Rossini (grànd – opéra,
1829) ; fino ad arrivare agli spiriti ottocenteschi di Verdi e di Wagner e a
cavallo dei due secoli all’opera verista con Mascagni (Cavalleria rusticana,
1890), Puccini (La Bohème, 1896) e Cilea ( Adriana Lecouvreur,
1902).
Questa nuova rivoluzione del
canto e della vocalità, da un timbro sempre più drammatico e potente, mosse i
suoi primi passi con l’opera Orfeo ed Euridicedi Gluck (1762), passando
poi attraverso Cherubini (Medea, 1797), al gluckiano Spontini (La Vestale, 1807),
fino ad arrivare al ventennio 1820-’40, che i contemporanei considerarono come
la fine di un epoca e l’inizio di un’altra.
LE TRE FASI DELLA MUSICA BAROCCA
Musica composta in Europa tra il
1600 e il 1750. Lo sviluppo del barocco può dividersi in tre fasi: primo, medio
e alto barocco, ciascuna della durata approssimativa di un cinquantennio.
L'inizio del barocco è contrassegnato da innovazioni stilistiche e tecniche che
permisero la creazione del nuovo genere operistico, mentre nel periodo
conclusivo iniziarono ad affiorare gli elementi del successivo stile classico.
La definizione di musica barocca fu adottata dalla storiografia musicale nel
secondo decennio del Novecento non più per definire, con una connotazione
dispregiativa, una musica considerata eccessivamente esuberante, quanto per
indicare un'epoca musicale.
- Il primo barocco
Il genere operistico fu
sviluppato da un'associazione di letterati e musicisti di Firenze (la Camerata
fiorentina) nell'ultimo decennio del Cinquecento. L'intento della Camerata era
quello di rinnovare la potenza emotiva del dramma classico greco usando la
musica per accrescere la potenzialità comunicativa della voce umana. La prima
opera completa giunta sino a noi, Euridice (1600), di Jacopo Peri e
Giulio Caccini, combinava la declamazione dei solisti con le danze villerecce
di ninfe e pastori, fondendo la forza del dramma tragico con la contemporanea
convenzione bucolica.
Per fornire i mezzi musicali
necessari a uno stile vocale potente e flessibile era necessario sviluppare
nuove forme e creare in particolare uno stile elevato di canto accompagnato o
monodico. Ciò richiese dunque lo sviluppo di mezzi adeguati per accompagnare i solisti,
e fu allora che si impose il basso continuo. L'accompagnamento del "basso
figurato", che prevedeva l'improvvisazione di una determinata struttura di
accordi, da comoda pratica esecutiva finì per modellare l'approccio alla
composizione musicale per i successivi centocinquant'anni, stimolando un tipo
di composizione a "motivo e basso" e la produzione di melodie sulla
base di strutture principalmente armoniche.
Creata nel contesto degli
sfarzosi e occasionali intrattenimenti di corte, l'opera richiedeva una messa
in scena elaborata e impegnativa per l'impiego di un gran numero di esecutori.
Un fattore importante per lo sviluppo del genere fu l'istituzione a Venezia,
verso il 1630, sotto il patrocinio delle famiglie più facoltose della città, di
teatri d'opera permanenti accessibili al grande pubblico.
Fu Claudio Monteverdi a fare
dell'opera un genere artisticamente coerente, prima a Mantova con l'Orfeo (1607)
e l'Arianna (1607, la cui musica è andata quasi interamente perduta), e
poi soprattutto con le opere veneziane Il ritorno d'Ulisse in patria (1640)
e L'incoronazione di Poppea (1642). La declamazione fortemente
drammatica sostenuta da sorprendenti effetti orchestrali (lo stile definito
"concitato") si ritrova anche nella scena drammatica Il
combattimento di Tancredi e Clorinda (1624).
Oltre alla creazione dell'opera,
nell'ultimo decennio del Cinquecento si verificò un altro evento importante: la
pubblicazione a Venezia nel 1597 delleSacrae Symphoniae strumentali di
Giovanni Gabrieli, che presentavano folti organici divisi in gruppi tali da
essere variamente combinati e contrapposti. Questo principio di orchestrazione,
sul modello corale detto dei "cori spezzati", era la diretta
conseguenza delle opportunità offerte dalle gallerie separate della basilica di
San Marco, ma l'idea poté applicarsi più coerentemente alla distribuzione
strumentale quando i compositori barocchi ebbero a disposizione un maggior
numero di orchestrali. La Sonata pian e forte di Gabrieli segnò
l'ingresso delle indicazioni dinamiche nella musica europea.
- Il medio barocco
Verso la metà del XVII secolo, in
Francia, Jean-Baptiste Lully – espatriato italiano al seguito del duca di Guisa
– sviluppò un nuovo genere di opera nella magniloquenza della corte francese.
Mentre l'opera italiana aveva portato sempre più in primo piano il cantante
solista, quella francese valorizzava gli elementi della danza (rifacendosi alla
tradizione del balletto di corte), del coro e della spettacolarità degli
effetti scenici. L'elegante stile melodico dei solisti, consono ai testi
francesi, contrastava con il virtuosismo spinto della vocalità italiana. In
entrambi i paesi, comunque, cresceva la distinzione tra i recitativi (episodi
più colloquiali e veloci a cui era affidato lo sviluppo della trama) e le arie (che
dovevano veicolare le tensioni e i sentimenti dei personaggi).
Fu in quest'epoca che si posero
le basi dell'orchestra moderna. L'oboe e la tromba divennero strumenti da
concerto, mentre gli archi conobbero un periodo di splendore, soprattutto in
Italia, dove i grandi liutai cremonesi Amati, Stradivari e Guarneri fornirono
adeguato materiale strumentale a compositori quali il veronese Giuseppe
Torelli, l'emiliano Giovanni Battista Vitali (1632-1692) e la veneziana Barbara
Strozzi (XVII secolo). Il concerto per orchestra d'archi e la sonata a tre per
complesso da camera emersero tra i principali generi strumentali, ampliando i
singoli movimenti delle precedenti analoghe composizioni. Il nuovo stile
italiano si propagò rapidamente in tutta Europa. Amsterdam e poi Londra
divennero importanti centri della stampa musicale e, grazie alla popolarità
delle composizioni italiane, la terminologia musicale di questa lingua divenne
patrimonio comune della cultura musicale dell'intero continente.
Alla fine del medio barocco, i
caratteri propri di questo stile iniziarono ad avere un'ampia risonanza sul
continente. Nel contrasto tra musica italiana e francese, i compositori che
operavano in Germania e in Austria, come Georg Muffat e Johann Kusser,
prediligevano lo stile francese, mentre gli stili vocali e orchestrali italiani
influenzarono lo sviluppo della cantata da chiesa tedesca.
Risulterebbe difficile
individuare in questo periodo uno stile specificamente "tedesco", ma
la lingua del paese fornì un particolare modello di inflessioni alle parti
vocali, e i corali, profondamente radicati nella cultura della Riforma,
costituirono una caratteristica risorsa per i compositori tedeschi, sia nelle
cantate da chiesa sia nella musica per organo. Con Heinrich Schütz, la Germania
ebbe un compositore di altissimo livello nella prima metà del XVII secolo, ma
la guerra dei Trent'anni provocò una battuta d'arresto nello sviluppo culturale
del paese. Con la ripresa delle attività, le corti e le città tedesche
istituirono loro teatri d'opera, idealmente di ispirazione italiana, ma che
spesso attingevano a tradizioni esecutive di origine locale. Non era insolito
che nella stessa opera alcuni personaggi cantassero in tedesco, mentre altri
usassero l'italiano, o che i recitativi fossero nella lingua locale e le arie
in italiano.
Le esigenze di partitura della
musica italiana per archi fornivano uno schema per l'impiego dei musici di
corte: ai solisti molto ben pagati – due violini, un violoncello o una viola da
gamba (sovente italiani o francesi) e un Kapellmeister o Konzertmeister che
poteva essere un clavicembalista o un primo violino – si affiancavano
orchestrali molto più modesti. Tale struttura corrispondeva all'emergere del
principio musicale italiano del concerto grosso per orchestra d'archi, nel
quale il "concertino" dei solisti si contrapponeva all'insieme
dell'orchestra che costituiva l'accompagnamento. Questo contrasto fece la sua
prima apparizione nell'accompagnamento orchestrale dell'oratorioSan Giovanni
Battista (1675) di Alessandro Stradella. Il genere dell'oratorio si
sviluppò in Italia nel XVII secolo parallelamente all'opera, usando le stesse
tecniche e gli stessi stili musicali per la presentazione di episodi della
storia sacra, ma senza le risorse della messinscena teatrale.
Un altro genere collegato
all'opera fu la cantata da camera, che rispecchiava le caratteristiche musicali
dell'opera italiana e francese. Alcune di esse erano vere e proprie scene
operistiche in miniatura, mentre altre erano essenzialmente orchestrazioni di
testi poetici.
Il maggior compositore del medio
barocco è l'inglese Henry Purcell. All'inizio del secolo, gli sviluppi musicali
italiani avevano incontrato una forte resistenza in Inghilterra, soprattutto
nella musica da camera, che aveva privilegiato le fantasie contrappuntistiche
rinascimentali per insiemi di viole, e il canto per voce sola accompagnata dal
liuto. Purcell realizzò la fusione tra la tradizione inglese e le più recenti
mode europee, dapprima con inni e odi per la corte e poi, nel 1683, con la
pubblicazione di una serie di sonate a tre "a imitazione dei più famosi
maestri italiani". In realtà, Purcell aggiungeva di suo una grande
maestria contrappuntistica e un sistema armonico che conservava un trattamento
della dissonanza molto distante dal modello italiano. Pochi anni prima, Purcell
aveva scritto alcuni pezzi per viola nel vecchio genere della fantasia.
Il tardo barocco
Nel primo decennio del
Settecento, le guerre continentali sospinsero in Gran Bretagna alcuni tra i
migliori strumentisti d'Europa; la loro presenza fu uno dei fattori che permise
la creazione della grande orchestra, destinata ad accompagnare la compagnia
d'opera italiana che proprio in quel periodo si stava insediando a Londra.
Ormai la musica italiana aveva compiuto altri passi verso uno stile ancora più
ampio e grandioso, tanto nella produzione operistica quanto in quella
strumentale.
Con Alessandro Scarlatti e
Giovanni Bononcini, l'opera italiana aveva sviluppato una grandiosità
espressiva adeguata al virtuosismo di una nuova generazione di cantanti-attori.
Il Settecento avrebbe avuto, tra i castrati, divi come Nicolini, Senesino e
Farinelli, e controparti di pari talento tra le voci femminili (tranne nella
Roma papale, dove alle donne era vietato calcare le scene e i ruoli femminili
erano interpretati da uomini). Sempre nel XVIII secolo il libretto per
l'"opera seria" italiana fu portato a un alto livello di qualità
poetica da Pietro Metastasio, attivo in Italia e alla corte imperiale di
Vienna.
Nella musica strumentale, la fama
di violinista, direttore e compositore di Arcangelo Corelli si diffuse
rapidamente in tutta Europa nell'ultimo ventennio del Seicento; basti pensare
che i suoi Concerti grossi (come l'Op. 6) erano celebri ben prima che
venissero pubblicati nel 1714, anno successivo alla sua morte. Tuttavia, nella
loro struttura in più movimenti e nello stile armonico ricercato essi
risultavano essere in un certo senso antiquati: il gusto allora all'avanguardia
preferiva i vivaci concerti in tre movimenti di Antonio Vivaldi,
l'anticonvenzionale "prete rosso", virtuoso di violino e autore,
oltre che di concerti, di musica operistica e da chiesa. Ciononostante, le
sonate e i concerti corelliani segnarono una tappa importante nello sviluppo
dello stile musicale. Nelle sue composizioni, la tonalità aveva definitivamente
rimpiazzato la varietà dei modi e i sistemi armonici modali caratteristici
della musica rinascimentale. Altri compositori del tardo barocco, tuttavia,
conservarono l'uso occasionale di pratiche modali più antiche, utilizzate in
contrasto con il prevalente sistema armonico di scale maggiori e minori.
Il tardo barocco vide anche
importanti progressi nella musica per strumenti a tastiera. La tradizione
francese della musica per clavicembalo, elegante e assai ornata, raggiunse
l'apice nelle opere di François Couperin, il cui primo libro di Ordres (suite)
fu pubblicato nel 1713. Le suite di Couperin erano composizioni in più
movimenti che affiancavano pezzi "di carattere" alla danza; i
compositori tedeschi e inglesi autori di suite in stile francese adottarono per
lo più una struttura con quattro tipi di danze: alemanna, sarabanda, corrente e
giga.
La produzione dei clavicembali
fiorì nel periodo barocco grazie ai fabbricanti fiammingo-olandesi, tedeschi,
francesi e italiani. Il pianoforte, inventato quasi per caso da uno dei
principali fabbricanti italiani nel tardo Seicento, acquistò una sua autonomia
artistica solo un secolo dopo. Il clavicembalo e l'organo erano i principali
strumenti a tastiera del periodo, ma anche il clavicordo venne spesso
utilizzato come strumento da camera e da studio, soprattutto in Germania.
Nelle mani di costruttori quali
Schnifger, Smith o Silbermann, l'organo raggiunse il culmine del suo sviluppo
nel medio e alto barocco: i differenti gusti tonali rappresentati da questi e
dai fabbricanti di organi francesi trovano riscontro nella musica per organo di
compositori come Dietrich Buxtehude, William Croft, Johann Pachelbel e Louis
Marchand. La forma binaria in un solo movimento della sonata per clavicembalo
fu sviluppata da Domenico Scarlatti, figlio di Alessandro, il quale trascorse
gli anni della maturità al servizio della corte spagnola.
Il tardo barocco è dominato anche
da due altri compositori nati entrambi nel 1685, Johann Sebastian Bach e Georg
Friedrich Händel. Tra i contemporanei, raggiunsero entrambi la fama come
esecutori, ma per noi la loro importanza è legata alla loro opera di
compositori. Entrambi diedero contributi fondamentali a tutti i generi più
importanti del periodo, e la loro musica è un compendio di tutte le tendenze
stilistiche del tardo barocco. Nelle cantate da chiesa e nelle passioni, Bach
immise nello stile vocale italiano la solennità tedesca, e le sue suite per
tastiere mostrano una contaminazione altrettanto efficace con lo stile
francese. Pur lavorando chiaramente all'interno della tradizione del basso
continuo, l'interesse di Bach per le possibilità intellettuali ed emotive della
fuga e dell'imitazione diede alla musica del tardo barocco una dimensione che
le mancava. Händel era attirato principalmente dall'opera italiana: fu questo
genere che lo portò dalla nativa Germania prima in Italia e poi a Londra. Fu
nella città inglese che, dopo aver prodotto alcune tra le opere più notevoli
del tardo barocco, si dedicò a sviluppare un nuovo tipo di oratorio inglese,
destinato all'esecuzione teatrale. Questo sviluppo, impostogli in una certa
misura dai mutamenti nel gusto musicale londinese, gli offrì l'opportunità di
unire la sua perizia di autore di arie a un energico stile corale che già aveva
adottato nella musica da chiesa.
Bach morì nel 1750 e la carriera
creativa di Händel cessò praticamente al sopraggiungere della cecità, dopo il
completamento dell'oratorio Jefta, nel 1751. Una singolare coincidenza
metteva fine, esattamente a metà del secolo, al grande periodo barocco. Nella
produzione successiva di Händel si trovano alcune anticipazioni del nuovo
linguaggio melodico e armonico che avrebbe caratterizzato il periodo
successivo, quello dello stile classico.
Nessun commento:
Posta un commento