giovedì 5 marzo 2015

Il Barocco e la musica - Manuale Tellus Scolastico a cura di Claudio Di scalzo







Claudio Di Scalzo

Il Manuale Tellus Scolastico (Transmoderno) riguardo ai grandi periodi della cultura occidentale opera delle sintesi e propone delle cornici divulgative ed insieme rigorose, senza però dimenticare la vocazione alla narrazione che ogni buon manuale ieri su carta e oggi sul web deve avere. 



IL BAROCCO E LA MUSICA

Breve introduzione
Il Barocco è un’esperienza europea che nasce e si afferma evolvendosi contemporaneamente nelle principali culture continentali, imprimendo i suoi connotati, anche se con sfumature e intensità diverse, a tradizioni storicamente e geograficamente molto lontane, dalla Spagna alla Germania, dall’Italia all’Inghilterra, dalle Fiandre all’Est. È un dato di testimonianza che evidenzia l’omogeneità dei motivi di fondo da cui è scaturito questo modo di percepire e rappresentare la realtà.
Il Barocco vive di un’esperienza onnicomprensiva, nel significato che interessa non soltanto la letteratura, ma le arti, la musica, il costume e la mentalità.
Il Barocco ha la caratteristica dell’ufficialità, assurge, cioè, come la forma di cultura più vicina agli interessi del potere costituito, e contemporaneamente rappresenta anche l’esaltazione dell’anticonformismo e della trasgressione (ed è proprio in questa esagerazione che sta il motivo maggiore del suo fascino).
Il limite maggiore del Barocco fu quello di volere a tutti i costi stupire e meravigliare, ricorrendo a un formalismo esasperato e ad immagini inusitate (il cosiddetto concettismo), oppure affrontando gli argomenti più improbabili, singolari e bizzarri con un risultato che molto spesso, riduce l’arte barocca ad uno sfoggio di bravura fine a se stessa e non di rado indisponente per il suo fondo esibizionistico e vacuo. E se le arti figurative e la letteratura uscendo dall’esperienza del Manierismo cinquecentesco avevano già la nuova tendenza intrisa in esse, la musica invece, che non aveva alle spalle alcuna grande tradizione, trovò nell’età barocca il suo vero atto di nascita.

Musica del barocco
Normalmente questa età viene contraddistinta da queste due date: il 1600, con la nascita del melodramma, ed il 1750, data della morte di J.S. Bach. Si nota, in questa epoca, una unità di fondo tra la musica rinascimentale e quella barocca, ma verso la fine del XVI secolo si evidenzia un cambiamento di stile significativo: lo si può vedere confrontando alcune delle ultime opere di Palestrina con quelle più mature di Monteverdi, in cui si nota una forte influenza dell'Umanesimo.
La dottrina umanistica, per i compositori del XVI sec., portava al dominio del testo verbale su quello musicale, mentre fino ad allora la musica aveva avuto il sopravvento. La parola, come elemento che meglio esprimeva l'individualità umana, era di primaria importanza nella visione umanistica, per cui era vietato soffocarla con la musica. Per soddisfare questa necessità i compositori dell'epoca adottarono uno stile consistente in una sola linea melodica, con un accompagnamento armonico, mentre per rafforzare i concetti espressi nel testo venivano usati metodi diversi.
Anche in questi secoli i compositori dipendevano dalle corti o dal clero, come nel passato: bisognerà attendere il periodo del Romanticismo per poter assistere alla cessazione di questa dipendenza. Ai compositori dunque si chiedeva musica adatta alle occasioni, su commissione: per esempio l'Orfeo fu commissionato a Monteverdi per il carnevale di Mantova, mentre Bach componeva le cantate sacre per il servizio domenicale nella cattedrale di San Tommaso. Peraltro la composizione su "ordine" non escluse la nascita di capolavori come la Passione secondo Matteo o il Magnificat, proprio di J.S. Bach.

Forme e tecniche del Barocco
Caratteristico del periodo è l'uso di un accorgimento particolare nella notazione, quello cioé del Basso continuo, di solito riservato agli strumenti a tastiera: si trattava di una linea di basso, con sopra segnate delle cifre per indicare le armonie richieste, e venne usato fin dagli inizi dell'opera per recitativi ed arie.
Il primo teatro d'opera pubblico a pagamento fu aperto a Venezia nel 1637. Da questo primo evento risultò chiaramente che l'aria dominava sul recitativo, in quanto maggiormente melodica e quindi più adatta ad un pubblico normalmente poco preparato in campo musicale: cosa più rimarchevole, nacque allora il culto del solista, tuttora duraturo. I cantanti di allora erano invitati a sfoggiare la loro bravura ed agilità, impegnandosi in arie ricche di virtuosismi e prodezze tecniche: questi principi erano molto rispettati, a partire da Monteverdi per arrivare a Haendel.
Stessa cosa valse per la musica strumentale: questo aspetto della musica si trasportò al di fuori dell'opera, portando modelli come l'"allegro - adagio - allegro" tipico delle ouvertures di opere come quelle di Scarlatti nel concerto grosso: la stessa struttura del ritornello, con i passaggi vocali interrotti da frasi puramente strumentali, fu adottata in opere strumentali.
Un'altra caratteristica, già presente nel XVI secolo, fu quella dello stile concertato in cui strumenti solisti o gruppi contrastavano con l'orchestra: questo stile venne usato per molte musiche, compresa quella sacra.
Un merito dell'epoca barocca fu il maggior studio delle capacità espressive degli strumenti, che così non risultarono più intercambiabili facilmente tra loro e permisero di raggiungere risultati di maggior livello rispetto ai tempi precedenti. Già all'inizio del XVII secolo la monodia (canto ad una sola voce) prevalse; la polifonia si sviluppò ulteriormente, portando agli alti livelli del contrappunto strumentale mostrati dalle fughe di Bach. Nel processo di semplificazione attraversato, inizia la codificazione moderna del concetto di tonalità: gli otto modi precedenti, nel 1700, vennero del tutto sostituiti dai due modi (maggiore e minore) conosciuti nella musica occidentale.
Infine, le forme strumentali più affermate del periodo furono la suite e la sonata. La suite era una selezione di danze, solitamente presentata nelle quattro parti di allemanda, corrente, sarabanda e giga: di solito queste erano in una stessa tonalità, in cui ogni danza presentava due parti, delle quali la prima modulava in una tonalità vicina, la seconda tornava invece alla tonalità iniziale, il tutto poi veniva ripetuto due volte.
La sonata inizialmente era simile alla suite, poi se ne differenziò, consistendo semplicemente in uno, al massimo due movimenti. Più tardi si definirono due tipi di sonata da camera (basata su movimenti di danza) e sonata da chiesa, dal contenuto solenne.

La Musica barocca e la religione
La Musica del periodo barocco è intimamente legata alle evoluzioni ed involuzioni creative che videro protagonisti la Riforma luterana prima e la Controriforma cattolica dopo. Nell’elaborazione della sua proposta, Martin Lutero rivalutava la posizione individuale e indipendente del soggetto nel suo rapporto con Dio, con le istituzioni della Chiesa, con le Sacre Scritture. Di fatto egli escludeva la centralità e il ruolo intermedio del clero, che fino ad allora (ci troviamo nella prima metà del 1500) aveva tenuto, nel rapporto con i credenti, una posizione di evidente vantaggio economico e culturale. Lutero sostiene la necessità di una lettura individuale della Bibbia e favorisce per questa ragione l’incremento dell’alfabetizzazione di massa e a carattere popolare, gratuita e obbligatoria. Lutero auspica lo sviluppo dell’attività filologica e l’incremento della circolazione del libro in quanto strumento indispensabile a quella che egli definiva una ‘autoliberazione’ della coscienza, l’affermazione di un pensiero libero e svincolato da quelle paure che proprio nella Chiesa cattolicasubordinavano lo spirito critico all’obbedienza assoluta.
La Chiesa, che sembrava inizialmente ignorare le teorie luterane, cominciò, dopo l’affissione sul portale della cattedrale di Wittenberg delle “95 tesi”, la sua controffensiva: il Concilio di Trento (1545-1563) servì a deliberare e poi ad applicare in concreto le iniziative che diedero vita alla Controriforma.
Tra le più disparate iniziative che la Controriforma diede origine è la ‘rinascita’ delle arti in genere e la Musica, è una delle forme artistiche che laChiesa adoperò per sostenere la sua causa controriformista, con l’intenzione di suscitare ed esaltare nell’intimo dei credenti cattolici – con lo stupore e la magnificenza delle note che riecheggiavano nelle immense volte delle Cappelle ecclesiastiche – una soggezione spirituale intenta a sostenere le ragioni morali e spirituali del credo cattolico.

Musica sacra a Roma e a Venezia
La musica del XVII secolo fu caratterizzata da uno scambio intenso d’influssi stilistici fra le varie nazioni d’Europa, dove lo stile italiano predominò sempre più nel teatro musicale e nella musica strumentale. Oltre a questo il periodo seicentesco s’identifica anche con l’affermarsi del “sistema tonale” e con l’uso specifico del “basso continuo”. Senza però allargare troppo i nostri confini, vorrei attirare l’attenzione soprattutto sulla prima metà del Seicento musicale sacro in Italia, con esclusivo riferimento ai due centri più importanti della cultura musicale sacra di quel periodo: Roma e Venezia. La scuola romana e quella veneziana continuarono a celebrare la tradizionale musica liturgica che si era stabilita sullo scorcio del Cinquecento, secondo le rispettive “scuole” del Palestrina e dei Gabrieli. Musiche interpretate esclusivamente, secondo la tradizione dell’epoca, da quegli “angeli del canto” che erano i castrati (e/o dal coro di voci bianche dei fanciulli).
A Roma la figura simbolica di Palestrina contribuì, non poco, a far considerare la polifonia a voci sole come a un “patrimonio” locale della più alta gerarchia ecclesiastica (anche se più tardi, non mancò ad arrivare l’influsso della scuola veneziana con lo stile concertato dei Gabrieli, in quei maestri che si sentivano gli eredi autentici dello stile palestriniano come Orazio Benevoli ed Ercole Bernabei, dei quali fecero epoca le loro messe) e dove la Cappella Sistina, con a capo il Papa, era il fulcro della tradizionale musica “antica”.
A Venezia, invece, la figura emblematica di Monteverdi e la sua musica liturgica rispecchiarono lo stile concertato dei Gabrieli, con strumenti tanto nei mottetti quanto nei salmi e nelle messe.

Il Cantore della Chiesa
La Musica del periodo barocco, è anche strettamente legata alle nuove evoluzioni nel campo musicale che diedero origine all’uso specifico del ‘basso continuo’ e alla monodia. Questa nuova espressione di pensare e fare musica si sviluppò sullo scorcio del Cinquecento e per tutto il ‘600, diede vita ad una vera e propria rivoluzione, portando alla ribalta l’aria. Il significato del termine “aria” è indivisibilmente legato al canto monodico che si sviluppò col tramonto della polifonia e la gloria del solista vocale.
La Chiesa, sempre attenta alle forme di espressione più vicine a Dio, non tardò molto a capire il valore della musica monodica nel divulgare i valori evangelici e la nuova figura del ‘cantore’ solista, fu uno strumento di comunicazione di massa.
Il cantore della Chiesa è fortemente legato all’espressione musicale sacra di tutto il periodo barocco (1600-1750). Alla donna era proibito sin dal 1588 calcare le scene teatrali in tutto lo Stato Pontificio e il cantore, molto presto, divenne il ’simbolo’ del nuovo linguaggio musicale sacro cattolico. Il cantore si distingueva in due categorie: sopranista e contraltista. Due vocalità dallo stesso registro vocale della donna che segnarono un’epoca: l’Epoca d’Oro dei castrati.
Il cantore dell’epoca barocca fin dal suo impiego professionale nella Cappella Pontificia e poi in tutte le chiese,ma ancor prima del tempo di Papa Sisto V (il Papa che proibì alle donne l’esibizione pubblica, 1588) ha rappresentato, con il suo canto e la sua vocalità, il linguaggio evangelico universale racchiuso nella musica sacra di grandi compositori quali Giacomo Carissimi, per esempio, elevando il messaggio cristiano ad altissime e forti sensazioni nelle alte sfere delle emozioni intime dell’uomo, che facevano vibrare l’anima nel suo profondo.
Il cantore, uno degli ultimi Alessandro Moreschi è scomparso nel primo ventennio del ‘900, è una figura lontana dall’immaginario collettivo, da troppo tempo dimenticata e così legata all’esecuzione di musica da chiesa, ma non solo, da farne quasi l’unica ragione per cui si scrivesse musica nel periodo che stiamo esaminando fino alla comparsa sulla scena europea del Romanticismo, che decretò la fine di un’epoca e l’inizio di un’altra.

Il castrato e la donna sulla scena teatrale
Di fronte a un caso come quello dei cantori evirati – che la storia musicale sembra averci tramandato come fenomeno di costume – si rimane affascinati dal mistero di quelle voci: né di uomo, né di donna e né di bambino. Voci che sembrano avere (secondo le cronache dell’epoca, Riflessioni pratiche sul canto figurato, G.B. Mancini, 1777) qualcosa di ‘soprannaturale’.
Una nota distintiva di tutta l’epoca barocca fu proprio la presenza, nei teatri di prosa e lirici di tutta Europa ma non solo, degli evirati cantori. Questi ultimi, inizialmente, cantavano prevalentemente nelle Cappelle ecclesiastiche dopo che il veto di Papa Sisto V (1588), come già sottolineato, proibì l’esibizione pubblica alla donna in tutto lo Stato della Chiesa. I fedeli che assistevano alla messa, rapiti dallo stupore e dalla meraviglia che il canto dell’ evirato destava nell’animo, facendosi sempre più numerosi alle funzioni liturgiche davano vita, molto spesso, a veri e propri deliri di massa (pensate ai concerti dei moderni cantautori o al tifo nello stadio per una partita di pallone). Da qui il loro passo sulle scene teatrali fu breve.
La donna, che tranne nello Stato Pontificio si esibiva in tutti i teatri di prosa e lirici europei, si trovò ben presto di fronte un forte rivale sulla scena teatrale, l’evirato. Il castrato aveva la “presunzione” non solo di subentrare nei panni della protagonista femminile di un’opera o credere di rappresentare un’alternativa alla vocalità femminile e maschile, ma aveva anche l’ardire di effigiarsi del titolo di ‘primo virtuoso del canto’ (da qui nacquero tante storie di rivalità tra il castrato e la prima donna), volendo relegare così il ruolo di cantatrice a secondo e terzo ordine.
È fuor di dubbio che l’immagine del castrato è soprattutto legata all’esecuzione di musica da chiesa, la quale è stata sempre pensata - almeno per quanto riguarda il cattolicesimo - in funzione della vocalità dell’eunuco e comunque, per una figura maschile (pensiamo ai cori greco-bizantini e ai cori gregoriani, per esempio). Solo più tardi, con il Motu Proprio de Musica Sacra di Pio X (1903) la donna sarà ammessa al canto liturgico, da prima solo sul sagrato e poi nel presbiterio.

Due stili a confronto
Due stili a confronto è la conflittualità di due vocalità e due stili di canto che hanno caratterizzato due distinte epoche musicali: quella barocca prima e quella romantica dopo. L’esecuzione del canto nel periodo barocco, che era caratterizzato dalla stilizzazione dei sentimenti, da un virtuosismo fine a se stesso, dall’improvvisazione dell’ornamentazione (lasciata all’arbitrio dei cantanti) e dalla perfezione estetica nella cura della ‘forma’ musicale, venne a decadere con lo sviluppo, l’evoluzione di una nuova maniera di cantare: il canto “romantico” (più drammatico ed espressivo) che segnò la fine della ragion d’essere dei castrati e del loro modo di cantare, per una rinnovata schiera di ‘prime donne’ sulla scena lirica.
L’avvento del Romanticismo spazzò via, dalla scena operistica, storie e leggende mitologiche, eroi ed eroine del mondo antico, volendo dare spazio così, per un forte desiderio di concretezza e per una maggiore realtà scenica, a storie vissute nella quotidianità borghese, plebea e militaresca (Rivoluzione francese 1789).
Nacquero in questo modo, solo per citarne alcune, opere immortali quali Il franco cacciatore di Weber (1821, prima opera romantica), Guglielmo Tell di Rossini (grànd – opéra, 1829) ; fino ad arrivare agli spiriti ottocenteschi di Verdi e di Wagner e a cavallo dei due secoli all’opera verista con Mascagni (Cavalleria rusticana, 1890), Puccini (La Bohème, 1896) e Cilea ( Adriana Lecouvreur, 1902).
Questa nuova rivoluzione del canto e della vocalità, da un timbro sempre più drammatico e potente, mosse i suoi primi passi con l’opera Orfeo ed Euridicedi Gluck (1762), passando poi attraverso Cherubini (Medea, 1797), al gluckiano Spontini (La Vestale, 1807), fino ad arrivare al ventennio 1820-’40, che i contemporanei considerarono come la fine di un epoca e l’inizio di un’altra.


LE TRE FASI DELLA MUSICA BAROCCA

Musica composta in Europa tra il 1600 e il 1750. Lo sviluppo del barocco può dividersi in tre fasi: primo, medio e alto barocco, ciascuna della durata approssimativa di un cinquantennio. L'inizio del barocco è contrassegnato da innovazioni stilistiche e tecniche che permisero la creazione del nuovo genere operistico, mentre nel periodo conclusivo iniziarono ad affiorare gli elementi del successivo stile classico. La definizione di musica barocca fu adottata dalla storiografia musicale nel secondo decennio del Novecento non più per definire, con una connotazione dispregiativa, una musica considerata eccessivamente esuberante, quanto per indicare un'epoca musicale.

- Il primo barocco
Il genere operistico fu sviluppato da un'associazione di letterati e musicisti di Firenze (la Camerata fiorentina) nell'ultimo decennio del Cinquecento. L'intento della Camerata era quello di rinnovare la potenza emotiva del dramma classico greco usando la musica per accrescere la potenzialità comunicativa della voce umana. La prima opera completa giunta sino a noi, Euridice (1600), di Jacopo Peri e Giulio Caccini, combinava la declamazione dei solisti con le danze villerecce di ninfe e pastori, fondendo la forza del dramma tragico con la contemporanea convenzione bucolica.
Per fornire i mezzi musicali necessari a uno stile vocale potente e flessibile era necessario sviluppare nuove forme e creare in particolare uno stile elevato di canto accompagnato o monodico. Ciò richiese dunque lo sviluppo di mezzi adeguati per accompagnare i solisti, e fu allora che si impose il basso continuo. L'accompagnamento del "basso figurato", che prevedeva l'improvvisazione di una determinata struttura di accordi, da comoda pratica esecutiva finì per modellare l'approccio alla composizione musicale per i successivi centocinquant'anni, stimolando un tipo di composizione a "motivo e basso" e la produzione di melodie sulla base di strutture principalmente armoniche.
Creata nel contesto degli sfarzosi e occasionali intrattenimenti di corte, l'opera richiedeva una messa in scena elaborata e impegnativa per l'impiego di un gran numero di esecutori. Un fattore importante per lo sviluppo del genere fu l'istituzione a Venezia, verso il 1630, sotto il patrocinio delle famiglie più facoltose della città, di teatri d'opera permanenti accessibili al grande pubblico.
Fu Claudio Monteverdi a fare dell'opera un genere artisticamente coerente, prima a Mantova con l'Orfeo (1607) e l'Arianna (1607, la cui musica è andata quasi interamente perduta), e poi soprattutto con le opere veneziane Il ritorno d'Ulisse in patria (1640) e L'incoronazione di Poppea (1642). La declamazione fortemente drammatica sostenuta da sorprendenti effetti orchestrali (lo stile definito "concitato") si ritrova anche nella scena drammatica Il combattimento di Tancredi e Clorinda (1624).
Oltre alla creazione dell'opera, nell'ultimo decennio del Cinquecento si verificò un altro evento importante: la pubblicazione a Venezia nel 1597 delleSacrae Symphoniae strumentali di Giovanni Gabrieli, che presentavano folti organici divisi in gruppi tali da essere variamente combinati e contrapposti. Questo principio di orchestrazione, sul modello corale detto dei "cori spezzati", era la diretta conseguenza delle opportunità offerte dalle gallerie separate della basilica di San Marco, ma l'idea poté applicarsi più coerentemente alla distribuzione strumentale quando i compositori barocchi ebbero a disposizione un maggior numero di orchestrali. La Sonata pian e forte di Gabrieli segnò l'ingresso delle indicazioni dinamiche nella musica europea.

- Il medio barocco
Verso la metà del XVII secolo, in Francia, Jean-Baptiste Lully – espatriato italiano al seguito del duca di Guisa – sviluppò un nuovo genere di opera nella magniloquenza della corte francese. Mentre l'opera italiana aveva portato sempre più in primo piano il cantante solista, quella francese valorizzava gli elementi della danza (rifacendosi alla tradizione del balletto di corte), del coro e della spettacolarità degli effetti scenici. L'elegante stile melodico dei solisti, consono ai testi francesi, contrastava con il virtuosismo spinto della vocalità italiana. In entrambi i paesi, comunque, cresceva la distinzione tra i recitativi (episodi più colloquiali e veloci a cui era affidato lo sviluppo della trama) e le arie (che dovevano veicolare le tensioni e i sentimenti dei personaggi).
Fu in quest'epoca che si posero le basi dell'orchestra moderna. L'oboe e la tromba divennero strumenti da concerto, mentre gli archi conobbero un periodo di splendore, soprattutto in Italia, dove i grandi liutai cremonesi Amati, Stradivari e Guarneri fornirono adeguato materiale strumentale a compositori quali il veronese Giuseppe Torelli, l'emiliano Giovanni Battista Vitali (1632-1692) e la veneziana Barbara Strozzi (XVII secolo). Il concerto per orchestra d'archi e la sonata a tre per complesso da camera emersero tra i principali generi strumentali, ampliando i singoli movimenti delle precedenti analoghe composizioni. Il nuovo stile italiano si propagò rapidamente in tutta Europa. Amsterdam e poi Londra divennero importanti centri della stampa musicale e, grazie alla popolarità delle composizioni italiane, la terminologia musicale di questa lingua divenne patrimonio comune della cultura musicale dell'intero continente.
Alla fine del medio barocco, i caratteri propri di questo stile iniziarono ad avere un'ampia risonanza sul continente. Nel contrasto tra musica italiana e francese, i compositori che operavano in Germania e in Austria, come Georg Muffat e Johann Kusser, prediligevano lo stile francese, mentre gli stili vocali e orchestrali italiani influenzarono lo sviluppo della cantata da chiesa tedesca.
Risulterebbe difficile individuare in questo periodo uno stile specificamente "tedesco", ma la lingua del paese fornì un particolare modello di inflessioni alle parti vocali, e i corali, profondamente radicati nella cultura della Riforma, costituirono una caratteristica risorsa per i compositori tedeschi, sia nelle cantate da chiesa sia nella musica per organo. Con Heinrich Schütz, la Germania ebbe un compositore di altissimo livello nella prima metà del XVII secolo, ma la guerra dei Trent'anni provocò una battuta d'arresto nello sviluppo culturale del paese. Con la ripresa delle attività, le corti e le città tedesche istituirono loro teatri d'opera, idealmente di ispirazione italiana, ma che spesso attingevano a tradizioni esecutive di origine locale. Non era insolito che nella stessa opera alcuni personaggi cantassero in tedesco, mentre altri usassero l'italiano, o che i recitativi fossero nella lingua locale e le arie in italiano.
Le esigenze di partitura della musica italiana per archi fornivano uno schema per l'impiego dei musici di corte: ai solisti molto ben pagati – due violini, un violoncello o una viola da gamba (sovente italiani o francesi) e un Kapellmeister o Konzertmeister che poteva essere un clavicembalista o un primo violino – si affiancavano orchestrali molto più modesti. Tale struttura corrispondeva all'emergere del principio musicale italiano del concerto grosso per orchestra d'archi, nel quale il "concertino" dei solisti si contrapponeva all'insieme dell'orchestra che costituiva l'accompagnamento. Questo contrasto fece la sua prima apparizione nell'accompagnamento orchestrale dell'oratorioSan Giovanni Battista (1675) di Alessandro Stradella. Il genere dell'oratorio si sviluppò in Italia nel XVII secolo parallelamente all'opera, usando le stesse tecniche e gli stessi stili musicali per la presentazione di episodi della storia sacra, ma senza le risorse della messinscena teatrale.
Un altro genere collegato all'opera fu la cantata da camera, che rispecchiava le caratteristiche musicali dell'opera italiana e francese. Alcune di esse erano vere e proprie scene operistiche in miniatura, mentre altre erano essenzialmente orchestrazioni di testi poetici.
Il maggior compositore del medio barocco è l'inglese Henry Purcell. All'inizio del secolo, gli sviluppi musicali italiani avevano incontrato una forte resistenza in Inghilterra, soprattutto nella musica da camera, che aveva privilegiato le fantasie contrappuntistiche rinascimentali per insiemi di viole, e il canto per voce sola accompagnata dal liuto. Purcell realizzò la fusione tra la tradizione inglese e le più recenti mode europee, dapprima con inni e odi per la corte e poi, nel 1683, con la pubblicazione di una serie di sonate a tre "a imitazione dei più famosi maestri italiani". In realtà, Purcell aggiungeva di suo una grande maestria contrappuntistica e un sistema armonico che conservava un trattamento della dissonanza molto distante dal modello italiano. Pochi anni prima, Purcell aveva scritto alcuni pezzi per viola nel vecchio genere della fantasia.

Il tardo barocco
Nel primo decennio del Settecento, le guerre continentali sospinsero in Gran Bretagna alcuni tra i migliori strumentisti d'Europa; la loro presenza fu uno dei fattori che permise la creazione della grande orchestra, destinata ad accompagnare la compagnia d'opera italiana che proprio in quel periodo si stava insediando a Londra. Ormai la musica italiana aveva compiuto altri passi verso uno stile ancora più ampio e grandioso, tanto nella produzione operistica quanto in quella strumentale.
Con Alessandro Scarlatti e Giovanni Bononcini, l'opera italiana aveva sviluppato una grandiosità espressiva adeguata al virtuosismo di una nuova generazione di cantanti-attori. Il Settecento avrebbe avuto, tra i castrati, divi come Nicolini, Senesino e Farinelli, e controparti di pari talento tra le voci femminili (tranne nella Roma papale, dove alle donne era vietato calcare le scene e i ruoli femminili erano interpretati da uomini). Sempre nel XVIII secolo il libretto per l'"opera seria" italiana fu portato a un alto livello di qualità poetica da Pietro Metastasio, attivo in Italia e alla corte imperiale di Vienna.
Nella musica strumentale, la fama di violinista, direttore e compositore di Arcangelo Corelli si diffuse rapidamente in tutta Europa nell'ultimo ventennio del Seicento; basti pensare che i suoi Concerti grossi (come l'Op. 6) erano celebri ben prima che venissero pubblicati nel 1714, anno successivo alla sua morte. Tuttavia, nella loro struttura in più movimenti e nello stile armonico ricercato essi risultavano essere in un certo senso antiquati: il gusto allora all'avanguardia preferiva i vivaci concerti in tre movimenti di Antonio Vivaldi, l'anticonvenzionale "prete rosso", virtuoso di violino e autore, oltre che di concerti, di musica operistica e da chiesa. Ciononostante, le sonate e i concerti corelliani segnarono una tappa importante nello sviluppo dello stile musicale. Nelle sue composizioni, la tonalità aveva definitivamente rimpiazzato la varietà dei modi e i sistemi armonici modali caratteristici della musica rinascimentale. Altri compositori del tardo barocco, tuttavia, conservarono l'uso occasionale di pratiche modali più antiche, utilizzate in contrasto con il prevalente sistema armonico di scale maggiori e minori.
Il tardo barocco vide anche importanti progressi nella musica per strumenti a tastiera. La tradizione francese della musica per clavicembalo, elegante e assai ornata, raggiunse l'apice nelle opere di François Couperin, il cui primo libro di Ordres (suite) fu pubblicato nel 1713. Le suite di Couperin erano composizioni in più movimenti che affiancavano pezzi "di carattere" alla danza; i compositori tedeschi e inglesi autori di suite in stile francese adottarono per lo più una struttura con quattro tipi di danze: alemanna, sarabanda, corrente e giga.
La produzione dei clavicembali fiorì nel periodo barocco grazie ai fabbricanti fiammingo-olandesi, tedeschi, francesi e italiani. Il pianoforte, inventato quasi per caso da uno dei principali fabbricanti italiani nel tardo Seicento, acquistò una sua autonomia artistica solo un secolo dopo. Il clavicembalo e l'organo erano i principali strumenti a tastiera del periodo, ma anche il clavicordo venne spesso utilizzato come strumento da camera e da studio, soprattutto in Germania.
Nelle mani di costruttori quali Schnifger, Smith o Silbermann, l'organo raggiunse il culmine del suo sviluppo nel medio e alto barocco: i differenti gusti tonali rappresentati da questi e dai fabbricanti di organi francesi trovano riscontro nella musica per organo di compositori come Dietrich Buxtehude, William Croft, Johann Pachelbel e Louis Marchand. La forma binaria in un solo movimento della sonata per clavicembalo fu sviluppata da Domenico Scarlatti, figlio di Alessandro, il quale trascorse gli anni della maturità al servizio della corte spagnola.
Il tardo barocco è dominato anche da due altri compositori nati entrambi nel 1685, Johann Sebastian Bach e Georg Friedrich Händel. Tra i contemporanei, raggiunsero entrambi la fama come esecutori, ma per noi la loro importanza è legata alla loro opera di compositori. Entrambi diedero contributi fondamentali a tutti i generi più importanti del periodo, e la loro musica è un compendio di tutte le tendenze stilistiche del tardo barocco. Nelle cantate da chiesa e nelle passioni, Bach immise nello stile vocale italiano la solennità tedesca, e le sue suite per tastiere mostrano una contaminazione altrettanto efficace con lo stile francese. Pur lavorando chiaramente all'interno della tradizione del basso continuo, l'interesse di Bach per le possibilità intellettuali ed emotive della fuga e dell'imitazione diede alla musica del tardo barocco una dimensione che le mancava. Händel era attirato principalmente dall'opera italiana: fu questo genere che lo portò dalla nativa Germania prima in Italia e poi a Londra. Fu nella città inglese che, dopo aver prodotto alcune tra le opere più notevoli del tardo barocco, si dedicò a sviluppare un nuovo tipo di oratorio inglese, destinato all'esecuzione teatrale. Questo sviluppo, impostogli in una certa misura dai mutamenti nel gusto musicale londinese, gli offrì l'opportunità di unire la sua perizia di autore di arie a un energico stile corale che già aveva adottato nella musica da chiesa.
Bach morì nel 1750 e la carriera creativa di Händel cessò praticamente al sopraggiungere della cecità, dopo il completamento dell'oratorio Jefta, nel 1751. Una singolare coincidenza metteva fine, esattamente a metà del secolo, al grande periodo barocco. Nella produzione successiva di Händel si trovano alcune anticipazioni del nuovo linguaggio melodico e armonico che avrebbe caratterizzato il periodo successivo, quello dello stile classico.





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