mercoledì 22 aprile 2015

Fascismo e Resistenza in valchiavenna e valtellina. Mariali per tesine a cura di Claudio Di Scalzo

Fascismo e Resistenza in Valchiavenna e Valtellina

DALL’UNITÀ D’ITALIA ALL’AVVENTO DEL FASCISMO. La situazione politica delle due valli, Valchiavenna e Valtellina, rispecchia quella nazionale; anche se con i propri caratteri tipici montani, avendo in maggior parte una popolazione contadina con insediamento abitativo sparso, senza un grosso centro urbano di riferimento. Dopo il censimento del 1861 Sondrio contava circa 3500 anime, mentre Chiavenna aveva un insieme più vivace, grazie all’antica tradizione commerciale ed anche alla consistente presenza di industrie. Ricordiamo che a Chiavenna nel 1861 nasce la prima Società Operaia della provincia, che portò nell’ultimo decennio del secolo un indirizzo socialista.
I socialisti, quasi tutti laureatisi all’università di Pavia, ebbero maggior peso politico nel novecento, confrontandosi con i cattolici sul piano amministrativo, sindacale e cooperativo. Mentre rimaneva sempre forte l’influsso che il clero aveva sulla popolazione agricola.
Dopo aver dato un notevole contribuito di caduti alla Prima Guerra mondiale, la provincia vide crescere sempre più il Partito Popolare, che si alimentava grazie alle origini cattoliche e sosteneva la piccola proprietà contadina. Dalle elezioni del ’19 a quella del ’21 il Partito Popolare passò dal 40% al 49%, mentre i socialisti continuavano a perdere sostenitori, grazie anche al nuovo Partito comunista nato in Italia.
Con le elezioni del ’24 il Blocco nazionale perse un buon 6% nonostante l’apporto fascista, infatti fu eletto il candidato popolare Merizzi Giovanni contro le volontà liberali-fasciste.


L’ANTIFASCISMO PRIMA DEL ‘43

L’anno successivo alla marcia su Roma, in occasione del 1° maggio, i lavoratori manifestarono la volontà di celebrare la festa internazionale. A Sondrio furono esposte bandiere rosse mentre a Chiavenna, poiché vietata la vendita di garofani rossi, i lavoratori infilarono all’occhiello un ravanello. Nel ’26 il Partito Comunista organizzo a Sondrio un congresso in preparazione a quello nazionale ( Congresso di Lione ). E proprio a Sondrio, l’anno successivo, furono arrestati nove antifascisti, di cui il comunista Ezio Parolo che morì in carcere in seguito ai pestaggi subiti, mentre cinque dei nove dovettero scontare dai tre ai cinque anni, con condanna di “ricostituzione del Partito Comunista e propaganda sovversiva”. Anche nel ’30 ci furono altri arresti per la stessa condanna, come il noto antifascista della Valchiavenna Giulio Chiarelli, a cui venne inflitta la maggior pena di 12 anni. A Chiavenna fu anche incendiata la sede della Società Operaia, punto di riferimento per gli oppositori al regime con dirigente socialista locale Tullio Pench, che venne aggredito e bastonato da una squadriglia venuta dal Lario apposta. Atti simili a questi furono subiti da personalità antifasciste come il sindaco socialista Giovanni Reboa o come il segretario locale della sezione socialista Febo Zanon. Tra gli esiliati ricordiamo anche esponenti del clero come don Carlo Scacchi parroco di Chiavenna. Il  clero sia prima che dopo il ’43 diede un grande contributo alla Resistenza con 19 parroci arrestati, 2 deportati in Germania, 10 espatriati in Svizzera per sfuggire all’arresto e tre cappellani nelle formazioni partigiane. Nelle famiglie l’antifascismo maturò dopo la chiamata alle armi e dopo i vari lutti familiari, ricordiamo che nella sola campagna in Russia ci furono 1235 tra caduti e dispersi su 150 000 abitanti della provincia.


DAL 25 LUGLIO ALL’INVERNO DEL ‘43

Il 25 luglio mentre la popolazione festeggiava la caduta del regime, nel capoluogo della provincia, a Sondrio, un gruppo di antifascisti si riunì nelle abitazioni di personaggi molto noti nelle nostre valli, come il notaio Lavizzari e i fratelli Ponti, con l’intento di dar vita ad un comitato clandestino, che poi diede vita al C.L.N. locale.
Nel mese e mezzo del governo Badoglio il gruppo si trovò diviso tra chi credeva prossima la fine del conflitto e chi propendeva per l’organizzazione della difesa armata sul nostro territorio. Perciò l’armistizio dell’8 settembre giunse improvviso entro una situazione ancora fluida, mentre nella zona transitavano e sostavano i perseguitati politici in fuga verso la Svizzera.
In casa Ponti fu steso un manifesto che invitava i valligiani ad opporre resistenza nei confronti del nemico, attraverso battaglioni volontari agli ordini dell’autorità militare. Questi manifesti furono affissi per tutta la cittadina di Sondrio contro la volontà del questore Pirrone; nello stesso giorno 9 settembre fu costituito il fascio repubblicano. Una settimana dopo l’intera provincia era stata occupata dai tedeschi.
Durante gli ultimi mesi del ’43 non vi fu una grande resistenza organizzata, si può parlare di piccoli gruppi di ex-militari e giovani ostili alla leva che con colpi di mano si procuravano armi pronti alle azioni future. Come in Val Gerola guidati dall’ex ufficiale Giuseppe Vaninetti o come sui monti di Buglio con a capo Ambrogio Gonfalonieri (detto il Biondo). Ma da poco a li vennero fatti rastrellamenti su molti monti da parte dei tedeschi che riuscirono a fermare molti partigiani. Uno dei più violenti rastrellamenti venne realizzato In alta Val Gerola dove uno degli squadroni più dinamici, detto “banda Spartaco” si difese utilizzando gli schemi garibaldini nella lotta partigiana.



ORGANIZZAZIONE DELLE FORZE PARTIGIANE NELLA PRIMAVERA-ESTATE DEL ‘44

Nell’inverno fra il ’43-’44 ci furono penetrazioni nella cospirazioni clandestine da parte nazifascista, così ci furono molti arresti di antifascisti. In questo periodo i partigiani si erano dati una sosta invernale dovuta al freddo e alla difficoltà nel procurarsi armi e cibo. Per riuscire a nutrirsi senza farsi bloccare, i partigiani fecero molte incursioni nei casolari montani e in nei crotti valligiani, a volte anche contro la volontà dei proprietari, per sottrarre quel poco che i contadini riuscivano a produrre, ma non furono i soli perché anche i militari tedeschi non fecero complimenti nello strappare alla povera gente le uniche risorse alimentari.
La resistenza si rafforzava sempre più di uomini e armi, dopo la chiamata delle classi 1922 e ’23 e di uomini maturi che volevano sottrarsi al reclutamento forzato di manodopera.
Anche in Valchiavenna si formarono piccoli gruppi apolitici prima guidati da Porcheria e poi dal socialista Zanon, questi come in Valtellina puntavano al raggiungimento di una grande offensiva, caratterizzata da attacchi frequenti e simultanei, così da impegnare la maggiore quantità di forze del nemico.
Dopo la liberazione di Roma ( 4 giugno 1944 ) e lo sbarco alleato in Normandia ( 6 giugno ), il popolo era in aspettativa e il 9 giugno venne sostituito il Comitato militare del C.L.N. con il Corpo Volontari della libertà. Le operazioni partigiane cominciarono a dare buoni esiti, assaltando treni, caserme e automezzi fino ad arrivare alla liberazione del paese di Buglio sul versante retico, cacciando i tedeschi e gestendo la zona distribuendo prodotti di qualsiasi genere alla popolazione ormai stremata.
Ma tedeschi e fascisti volendo tenere il controllo del passaggio con la Svizzera, intervenne con un violento attacco per spezzare sul nascere il formarsi di un pericoloso cuneo partigiano, nella battaglia furono uccisi 9 partigiani contro una settantina di “cosacchi” nemici; ma anche la zona  soprattutto nei dintorni di Buglio rimase lesa: case distrutte e incendiate.
Nell’inverno fra ’44 e ’45 i rastrellamenti nemici furono notevoli e i diversi gruppi partigiani si sgualcivano sempre più in Valchiavenna rimasero una sola ventina di partigiani e così per tutta la provincia; i dissesti erano enormi: villaggi saccheggiati, deturpati, incendiati e rasi ormai al suolo.


DALLA PRIMAVERA DEL ’45 ALLA LIBERAZIONE

Ormai maggior parte dell’ Italia era stata libera, dopo lo sbarco degli alleati in Sicilia,risalendo la penisola mediterranea. Una delle ultime zone furono proprio le due valli formanti la provincia sondriese.
Dopo molti tentativi di lanci d’armi, gli alleati riuscirono ad effettuare dei lanci di armi e una cinquantina di soldati americani nei pressi di Livigno; e grazie all’aiuto dei partigiani occuparono anche se periodicamente i paesi dell’alta Valtellina.
Nello stesso periodo, in Valchiavenna, la 90esima divisione Zampiero, dopo numero azioni di sabotaggio, attaccò il presidio tedesco di Campodolcino, riuscendo a liberare tutta la valle di S. Giacomo e con ciò a tenere sotto controllo la strada dello Spluga. La stessa divisione riusciva, contemporaneamente, a tenere il blocco e il controllo, impedendo l’entrata in Valtellina dal lago di Como. Così unendo tutte le brigate della Valchiavenna ( 52esima “Clerici”, 90esima “Zampiero”, e la “Falco”) e i partigiani scappati in Svizzera per sfuggire ai rastrellamenti, si formò la divisione “Spluga”.
Tra il 10 e il 20 aprile ci fu un afflusso dei reparti tedeschi e fascisti per tenere sgombre le vie di ritirata. Qualche giorno prima era giunto Alessandro Tavolini (segretario del P.F.R.) per attuare il progetto dell’estrema difesa delle forze fasciste. In una lettera a Mussolini egli assicurava di poter compiere un’azione di “ripulita in tutta la provincia di Sondrio entro il 30 aprile”.
Tutta la provincia in una confusione totale dove i nemici sembravano avere il sopravvento, fucilando molti partigiani e devastando i paesi dove passavano. Anche la Valchiavenna fu sottoposta a rastrellamenti intensi dal 13 e il 20 aprile, per rendere transitabile la via dello Spluga. A Chiavenna i nazifascismi resistettero ingaggiando una terribile battaglia con le forze garibaldine, fino alla resa nella sera del 27 aprile, firmata il 28 a Morbegno (sede del comando garibaldino) dalla colonna tedesca Fallmeyer, intercettata il giorno prima a Dongo dove furono arrestati Mussolini, in fuga verso la Svizzera, e i gerarchi fascisti. Ma per liberare tutta la provincia si arrivò al 3 maggio dove l’ultimo paese quello dello Stelvio venne sanato dai nazi-fascisti.




INFORMAZIONI SUL CANTO PARTIGIANO

Bella Ciao è una delle canzoni più conosciute della Resistenza italiana. Se ne conoscono diverse varianti, ma questa sembra la più comune:

Questa mattina mi son svegliato
oh bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao,
questa mattina mi son svegliato
e ho trovato l'invasor.

Oh partigiano, portami via
oh bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao,
oh partigiano, portami via,
che mi sento di morir.

E se io muoio lassù in montagna
oh bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao,
e se io muoio lassù in montagna
tu mi devi seppellir.

Seppellire sulla montagna,
oh bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao,
seppellire sulla montagna
sotto l'ombra di un bel fior.

E le genti che passeranno,
oh bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao,
e le genti che passeranno
mi diranno: " Che bel fior ".

È questo il fiore del partigiano,
oh bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao,
è questo il fiore del partigiano
morto per la libertà.




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