giovedì 23 aprile 2015

La società di massa ieri e oggi. Materiali per tesine a cura di Claudio Di Scalzo

INTRODUZIONE
La tv nel corso del XX secolo ha acquisito un carattere sempre più importante soprattutto nel 1969 con la nascita della mondovisionemostrando a tutti lo sbarco sulla luna, la quale ha proiettato il singolo individuo nel mondo determinando così un primo passo verso la globalizzazione.
Le diverse culture sono state sempre più sottoposte ad un processo di incontro e, in alcuni casi di scontro. Da un lato vi è la mancata standardizzazione dei costumi e la diffusione di modelli culturali politici ed economici che rispecchiano i canoni dell’occidente; dall’altro vi è la riscoperta di molte culture tradizionali e quindi di identità che divengono riconoscibili proprio grazie alla maggiore diffusione delle informazioni e tutto questo può portare alla condivisione di alcuni valori universali che vanno al di la delle differenze culturali.
Per tanto l’informazione diventa una risorsa fondamentale della società moderna tanto da far definire quest’ultima: società dell’informazione.
Da almeno vent’anni la trasmissione delle informazioni è un bene commerciale, usufruibile da un vasto mercato di consumatori, basti pensare alla musica.
I mass media contribuiscono ad innalzare il livello culturale degli utenti anche se a volte si rischia di uniformare in modo eccessivo gusti ed atteggiamenti, realizzando così il totalitarismo della tv.
Questa sua presa di potere è stata trattata nella canzone, nella pittura e nel romanzo. Per cui ho deciso di analizzare l’argomento attraverso tre personaggi che dal mio punto di vista rispecchiano al meglio questo fenomeno: Vasco Rossi, George Orwell, Andy Warhol.


SOCIETA’ DI MASSA
Agli inizi del XX secolo negli Stati Uniti fece la sua prima apparizione la moderna società dei consumi. Verso la fine dell’Ottocento la maggior parte della popolazione era caratterizzata dal cosiddetto livello di sussistenza, cioè non vi era la possibilità di andare oltre lo stretto necessario per mantenere la famiglia. Non si riusciva quindi ad andare oltre a consumi obbligati: abitazione, cibo, un minimo di abbigliamento e istruzione per i figli.
I consumi di massa ebbero inizio quando le persone riuscirono a spendere una quota via via sempre più sostanziosa del proprio reddito per i beni non strettamente collegati alla sopravvivenza.
Un chiaro segnale d’avvio verso questo tipo di consumi si ebbe a partire dal 1910, quando l’industriale automobilistico Henry Ford ideò l’utilitaria Modello T. Già prima del 1914  ne furono vendute centinaia di migliaia di esemplari.
Ford voleva democratizzare l’uso dell’automobile. Egli capì che attraverso l’impiego della catena di montaggio e aumentando i salari, il prezzo del bene diminuiva e si allargava il pubblico di potenziali acquirenti. Un elemento fondamentale della moderna società dei consumi era: le macchine servivano per produrre una quantità maggiore di beni a prezzi via via decrescenti, la diminuzione dei prezzi aumenta il numero dei compratori. Unendo a ciò un’efficace campagna pubblicitaria e un tangibile miglioramento della qualità di vita, permisero di creare un nuovo largo mercato.
Tra il 1908 e il 1927 Ford vendette circa quindici milioni di modello T. In Italia e in Europa la motorizzazione di massa giunse in seguito alla seconda guerra mondiale.
Il fordismo divenne il simbolo della produzione di beni di consumo a livello di massa. Ford mise in pratica le idee dell’ingegnere americano Taylor sullo “scientific management”. Egli teorizzò la necessità di riorganizzare scientificamente il lavoro in fabbrica, al fine di eliminare i tempi morti di produzione.
Quest’azione era volta ad accrescere la produttività del singolo lavoratore, il quale mediante un’adeguata incentivazione salariale, sarebbe stato invogliato ad aderire alla nuova organizzazione di lavoro.
Questa disciplina andò a sostituire il rapporto diretto tra imprenditore e dipendente introducendo la figura del menager il quale svolge una funzione di filtro tra la base degli operai e il vertice dei proprietari.

La società di massa determinò anche l’entrata in politica delle masse, le quali durante l’Ottocento rimasero escluse. Questo fu un significativo cambiamento che rese necessaria un’istruzione sempre più allargata. Istruzione voleva dire idee, letture, progetti; quindi si delineavano due linee essenziali di contestazione da parte del popolo: una per contare di più a livello politico e l’altra per avere una maggiore quota di reddito. Occorreva quindi che nascesse una nuova categoria beni, quelli destinati al consumo di massa. Essi sarebbero arrivati dall’industria americana.
Se non si potevano consumare oggetti era possibile però consumare idee, simboli, aspirazioni. La politica di massa ebbe sviluppo attraverso i partiti. Dal punto di vista della ricchezza la piramide dell’Antico regime (che poneva una larga base popolare spesso analfabeta; uno strato esiguo di artigiani,commercianti, impiegati e professionisti; e un sottile vertice di aristocratici e proprietari borghesi e spesso ancora la famiglia reale.) ma, la popolazione era tutta coinvolta attraverso una complessa rete di comunicazione fatta di messaggi che non era più possibile ignorare a livello di vertice.
Per cui la società di massa prima che sul piano dei consumi nacque su quello dell’integrazione sociale. In questa situazione c’era chi temeva le folle e chi invece le sosteneva, in quanto vedeva nella loro elevazione un passaggio obbligato verso la democrazia.
La comunicazione tra pochi individui ben educati era stata relativamente facile perché attraverso università, club, istituti elettorali, era stata costituita una classe media che utilizzava lo stesso linguaggio, che faceva riferimento a una medesima cultura classica.
Con l’entrata in campo delle masse però la situazione si modificava. A discorsi molto complessi dovevano essere sostituite delle parole molto semplici da capire, delle parole d’ordine. La cultura di massa per essere consumata doveva entrare nella testa di milioni di persone. In questo contesto le ideologie ebbero un notevole successo per il fatto che riuscirono a trasformare le complicata idee del XIX secolo (socialismo, liberalismo) in un sistema di luoghi comuni comprensibili anche da coloro che avevano un’istruzione minima. Gran parte delle idee fondanti del Novecento (socialismo, liberalismo, razzismo e nazionalismo) furono elaborate nel secolo precedente. Nel XX secolo furono tradotte in termini di massa, per cui l’ideale politico si trasformò in ideologia. In questa importante evoluzione la politica prese il posto della religione, diventando capace di muovere le folle, scatenare guerre, distruggere imperi. Fino al secondo dopoguerra il consumo delle ideologie politiche prevalse.
Dal 1945 l’economia stile Henry Ford si generalizzò, uscendo dagli USA si diffuse in Europa e in Giappone, portando con sé frigoriferi, auto e televisioni. Così le masse diventarono moderne. Le fasi principali di questo percorso furono: l’urbanesimo, il suffragio universale e l’istruzione obbligatoria.
Le invenzioni e le scoperte del periodo caratterizzarono un miglioramento delle condizioni di vita, determinando un generale aumento della popolazione, di quasi tre volte mentre quella urbana di dieci volte. L’esplosione urbana dipese direttamente dalla rivoluzione industriale che diede vita a nuovi centri industriali sviluppando la diffusione dei trasporti, del commercio e dei servizi. Ne sono esempi Essen in Germania e Pitsburg negli Usa. Questo cambiò le prospettive e gli stili di vita degli individui, la popolazione impiegata nel settore agricolo diminuì notevolmente; ad esempio in Gran Bretagna si passò dal 52% al 27% della popolazione attiva, negli Usa dal 90% al 54%. Le campagne si svuotarono in quanto individui che prima erano attivi nel settore primario si dedicarono ad altri mestieri. Essi diventarono operai soprattutto e il proletariato urbano aumentò.
All’espansione delle società occidentali corrispondeva un incremento di posti di lavoro in settori non tradizionali; all’inizio era l’industria, ma verso la fine dell’Ottocento con l’esigenza di connettere meglio i mercati una parte rilevante della popolazione era occupata nel settore dei servizi.

Le infrastrutture crescevano e le città assorbivano più manodopera.  Si realizzò una rete sempre più complessa di strade, ferrovie, tubature e cavi elettrici, indispensabili per la produzione industriale, la quale grazie ai ritrovati del progresso veniva semplificata e costi importanti come quelli di trasporto venivano diminuiti.
Si verifica un’evoluzione del terziario,il quale oggi riveste un’importanza cruciale, in quanto sono necessari servizi che mettano in relazione compratori e venditori, per portare il bene a contatto diretto con chi è disposto a pagarlo di più. In Gran Bretagna in cui i processi venivano anticipati, subì la cosiddetta terziarizzazione del lavoro già sul finire del XIX secolo. Nel 1981 a Londra un terzo della popolazione era attiva  nell’industria mentre il resto era impiegata nei servizi. La ottime performances finanziarie e commerciali unite alla forte concorrenza tedesca e americana spinsero verso una progressiva riduzione della classe operaia.
Un elemento decisivo del dibattito politico in occidente fu la questione delsuffragio universale. Solo Francia, Germania, Svizzera nella seconda metà del XIX secolo avevano concesso il suffragio universale o semiuniversale. A seconda di ciò le campagne elettorali svolte assumevano dei profili del tutto diversi. In Italia e in Gran Bretagna le campagne elettorali si risolvevano all’interno di pochi gruppi di notabili facenti parte dell’èlite dei possidenti terrieri. Nei luoghi dove l’accesso al voto era invece più largo, si affermarono i partiti di massa, inizialmente soprattutto socialisti.
Nel 1850 solo pochi paesi potevano vantare un tasso di analfabetismo fra gli adulti inferiore al 30% (Francia, Inghilterra, Belgio, Austria). Lo stato per istruire i suoi cittadini aveva due potenti mezzi: la scuola e l’esercito. Una politica comune a tutti i paesi toccati dallo sviluppo industriale nella seconda metà dell’Ottocento fu l’istruzione obbligatoria. La coscrizione obbligatoria permise a molti giovani di conoscere fisicamente il proprio paese. Nelle caserme venne passato messaggio di orgoglio nazionale, fedeltà alle istituzioni e possibilità di progresso per tutti. Oltre tutto le forze armate istruivano le reclute analfabete attraverso apposite scuole reggimentali che andarono ad esaurirsi nei primi decenni del XX con il funzionamento delle scuole primarie.
Un più alto tasso di alfabetizzazione significava un aumento dei potenziali lettori dando così alla stampa una grande capacità di influire sull’opinione pubblica. I quotidiani trovavano però un grande limite tecnologico, la riproduzione delle copie.
Nel 1866 il Times adottò una rotativa a vapore a nastro continuo. All’uso delle rotative si affiancò quello della lynotipe, una macchina comandata da una tastiera simile a quella della macchina per scrivere che permette di comporre il testo in linee intere. La gente leggeva e scriveva di più.  Nel 1873 negli Usa Remington inventò la prima macchina per scrivere industriale. In Inghilterra e negli Stati Uniti  soprattutto, si diffuse una offerta editoriale di basso livello, ricca di pettegolezzi e inneggiante ai temi del nazionalismo.


 IL CONSUMISMO
Viene definito consumismo la tendenza delle società moderne e sostenuta dalla pubblicità, al consumo veloce di bene e servizi. E’ un metodo di interpretazione del rapporto che si ha con le merci che consumiamo.
Sostanzialmente è un’ideologia basata sul materialismo che ha come scopo quello di spingere la mente umana al consumo e alla dipendenza ai beni materiali, è una delle malattie della società e dell’uomo contemporaneo.
Si compra più di quanto serva, si acquistano oggetti non tanto per la loro necessità o per il piacere di usarli, ma per ciò che rappresentano, cioè il valore di scambio. Questi placano le insicurezze dell’uomo moderno, lo confermano nella sua importanza e nel suo valore. Il comportamento di consumo che mira alla soddisfazione  che mira alla soddisfazione di bisogni veri e più spesso immaginari, nelle maggior parte delle volte guidato e invogliato da un’attività manipolatoria esercitata dai mezzi di comunicazione di massa: la pubblicità. Questa agisce in particolare sui soggetti più facilmente influenzabili, o su quelli che per il loro ruolo sono a più diretto contatto con il mercato dei beni di consumo, o  sulle persone che per la loro particolare posizione sociale possono costituire dei modelli di comportamento per gli altri. Il consumismo si è accompagnato a una crescita del tempo libero, che i mass media hanno tentato, con successo, di ridurre a tempo di consumo.
La pubblicità quindi spinge l’individuo ad acquistare. Con il passare degli anni, gli spot pubblicitari mirarono più che ad informare, a persuadere i potenziali acquirenti della necessità di comperare; per cui il consumatore affascinato dall’immagini dello spot, si sente spinto a comperare quel determinato prodotto.



VASCO ROSSI
Ho scelto Vasco Rossi perché secondo me rappresenta un ottimo esempio dicomunicazione mediante la canzone.
Infatti per i suoi sostenitori quello di Vasco, rispecchia “un pensiero che vola più in alto di tutti”, dimostrando che anche in una società basata solamente sull’apparire e sull’immagine ci può essere poesia.
Ama definirsi provocatore, ed in modo ironico, semplice e diretto, quasi colloquiale ha espresso i pensieri di una “generazione di sconvolti, che non ha più santi ed eroi”.
Con termini ed espressioni comuni ha manifestato una protesta ed un disagio nei confronti di una società troppo conservatrice e bigotta, come recita ad esempio in” fegato fegato spappolato”.
A causa di questo suo carattere fortemente trasgressivo e rivoluzionario, è stato molto criticato in particolare da Nantas Salvalaggio che lo ha definito “ebete, cattivo e drogato”; mentre è considerato da altri il miglior rocker italiano. Il manifesto della sua poetica lo possiamo trovare in “vita spericolata” nella quale come un poeta maledetto parla di una vita al limite, al massimo.

Egli stesso afferma: “io non faccio poesia, io comunico” ;per cui non lo possiamo definire un poeta in quanto utilizza un linguaggio diverso, musica e parole dettate dall’istinto, le quali vanno oltre il pensiero perchè sono espressioni derivanti direttamente dal cuore. In questo modo comunica ad un’anima sola: all’anima umana.
La canzone è una forma d’arte più complessa della poesia in quanto la musica deve creare l’ambiente giusto, affinchè la parola non si perda.
La parola che Vasco vuole esaltare è quella che riflette l’immagine della vita degli anni del boom economico durante i quali il mondo iniziava a spegnere il proprio pensiero davanti ai sogni catodici del virtuale, del lontano e dell’irraggiungibile. La trasgressione secondo Vasco è non fare quello che gli altri si aspettano da te, infatti secondo lui le persone devono ribellarsi al sempre maggior potere che la tv esercita sull’individuo.
Il cantante ha avuto delle intuizioni che oggi risultano essere più che mai vere. Con i versi: “non siamo mica gli americani/ che tanto loro possono sparare agli indiani”, ci dimostra il potere politico decisionale che l’america ha avuto e continua ad avere a livello internazionale. Soprattutto con “non appari mai” in cui Vasco scrive: “problemi?!?... Qui non esistono problemi/…qui siamo tutti uguali/…qui siamo tutti belli e sani/ e non c’è niente da pensare…/ qui basta solo lavorare…/ e poi guardare la tv/ magari quello là in fondo sei tu!”, dove va a fotografare prima del tempo una tendenza che anni dopo ci travolgerà a suon di reality. In “Sally” questo dramma sociale viene trattato nuovamente quando canta:”si accendono le luci dei lampioni/ tutta la gente corre a casa davanti alle televisioni…”, la quale riprende il coprifuoco che il fascismo imponeva al calar della notte, sostituendolo però con un fascismo più invisibile ma allo stesso modo macabro: la dittatura della democrazia che al manganello ha sostituito la televisione. Grazie anche a questa sua grande capacità di vedere ed interpretare il mondo in un modo così unico lo Iulm gli ha conferito la laurea ad honoris causa in scienze della comunicazione.

ANDY WARHOL
Pseudonimo del pittore e cineasta statunitense di origine cecoslovacca Andrew Warhola (Pittsburg 1928 – New York 1987). Inizialmente grafico pubblicitario, passò
poi alla pittura, sfruttando come nuovi mezzi di espressione i sistemi meccanici di produzione dell’immagine. Il suo linguaggio si è definito negli anni 1961/62  con la scelta di procedimenti tecnici, in particolare il riporto serigrafico, di fondamentale importanza per lo sviluppo della pop art americana, di cui Warhol  è stato uno dei maggiori protagonisti. Celebri sono i grandi acrilici con le scatole di minestra Campbell’s, i ritratti di Marilyn Monroe, le bottiglie di Coca-Cola, le sequenze di fotogrammi della Gioconda, le immagini di Jackie Kennedy, di Litz Taylor, di Elvis Presley fino al ritratto di Mao Tse-tung e all’ultima serie dei Travestiti negri (1975). Oltre a questa attività di fabbricazione di immagini che, ripetute ossessivamente, costituiscono una denuncia di aspetti della vita quotidiana come il consumismo e il divismo, a partire dal 1963, unitosi al movimento underground, rivoluzionò anche il cinema.
Operando nella factory, officina newyorkese di lavoro collettivo, ripropone un cinema “primitivo”, basato su inquadrature fisse, cinepresa statica, assenza di montaggio, pellicola muta e bianconera. Sostituì alla parola l’eloquenza del corpo, dei suoi atti fisiologici e sessuali (Kiss e Eat,1963; Blow Job e Couch, 1964). Ai divi della morta Hollywood ha opposto “cavie viventi”ribattezzate superstars.  Procedendo in una nuova ricerca spaziotemporale e di montaggio, servendosi progressivamente dei mezzi più moderni (sonoro, colore, obiettivi variabili, movimenti di macchina, schermo espanso), ha fotografato i suoi personaggi (drogati,travestiti) negli atti quotidiani, anche intimi.
My Hustler (1965), The Chelsea Girls (1966), The Nude Restaurant (1967), Lonesome Cowboys e Blue Movie (1968), provocarono scandalo per ciò che era visto, specie in materia di sesso e portarono a una svolta commerciale quel tipo di cinema.
Di tale svolta si fece animatore il regista P. Morrissey,che con una trilogia dai titoli secchi incorporò la crudezza in un discorso quasi hollywoodiano e coi suoi ultimi due film riuscì ad arrivare anche in Italia. Qui nel 1977 si è visto anche, ideato e prodotto da Warhol pure se firmato da un altro regista, il film Il male, una commedia dell’orrore.
Andy Warhol conosciuto come il “padre della pop art” americana, è un personaggio molto amato dal pubblico non solo per le sue opere d’arte, ma soprattutto per la sua personalità evasiva. Si rivela un uomo molto complesso infatti anche le persone che lo conoscevano meglio ebbero difficoltà nel descriverlo caratterialmente.
Egli fu il primo a scoprire nell’oggetto banale e quotidiano impensati poteri comunicativi, crea delle grandi opere utilizzando un linguaggio privo di emozione e di stile personale nel quale viene abolito di proposito qualsiasi elemento di soggettività a favore uno stile universale, che si adatta cioè a qualsiasi tipo di lavoro.
Mediante questa tecnica il prodotto artistico si trasforma in un articolo di serie industriale, proposto come arte ad una società culturalmente livellata incapace di vedere oltre i primi prototipi che il consumismo esponeva, massificata e mentalmente offuscata dalla pubblicità.
Egli utilizzò una tecnica che personificava l’idea di produzione di massa, essa consisteva nella riproduzione meccanica, con metodo serigrafico dando avvio alla creazione di opere destinate al grande pubblico, le quali divennero dei veri e propri prodotti di massa, non èlitari. Andando così contro il concetto dell’unicità dell’opera d’arte.
Nacquero quindi negli anni Sessanta i famosi ritratti di personaggi celebri come Elvis Presley, Marilyn Monroe, Litz Taylor, John Lenon, oltre questi sono famosissime le riproduzioni delle scatolette Champbell’s soup e le inconfondibili bottigliette di Coca-Cola. Ciò a testimonianza del condizionamento televisivo esercitato anche sull’arte.
Iniziò a ritrarre Marylin Monroe a partire dal 1962, subito dopo il suo suicidio, la rappresentò più volte e in più versioni, con un interesse quasi ossessivo, singola multipla, a colori in bianco e nero,  con il metodo del riporto fotografico, ottenendo spesso tra le versioni delle differenze minimali e solo cromatiche come si può notare nelle seguenti riproduzioni.
Le scelte di Warhol sono fortemente condizionate dalla notorietà del soggetto, il quale veniva rappresentato in modo superficiale, senza alcun interesse per la sua interiorità. Infatti Marylin viene rappresentata come un sex symbol da consumare, con una plateale esaltazione dei tratti tipicamente femminili: trucco pesante, labbra evidenziate dal rossetto, espressione ammiccante e sorriso di chi sorride per mestiere.
Le raffigurazioni dell’attrice sembrano da un lato esprimere il passaggio da Norma Jean a Marylin oltre alla sua carriera e alla vita pubblica. Con queste immagini molto semplici apparentemente ma, molto elaborate iniettò il fascino nel mondo dell’arte.
Quindi l’artista ripropone una bellezza stereotipata, icona del fascino femminile, regina dell’immaginario americano e venduta dalla grande industria hollywoodiana, confezionata nei suoi ritratti come una perfetta operazione di marketing pubblicitario.
Attraverso la replica di immagini familiari appartenenti al patrimonio visivo di ogni americano, Warhol riesce a cogliere ciò che non vuole, un riflesso dell’anima, la nostalgia per l’interiorità nella quale la diva non sa più riconoscersi; persa in un’immagine che ripropone infinitamente la superficialità di una vita basata sull’apparire.
Warhol non si limitò alla raffigurazione di soli personaggi e oggetti “prodotti”dell’industria del consumismo ma, anche di personalità politiche come Mao Tse Tung e Che Guevara.
Sempre attento agli sviluppi dei materiali e della politica estera america introdusse Warhol, nel 1972 un nuovo soggetto: il presidente cinese Mao Zedong.
In quell’anno il presidente americano Nixon si recò per la prima in Cina a far visita al leader comunista cinese, il quale dichiarò una nuova era di democrazia. Ciò fornì una nuova icona per l’artista sempre pronto a diventare più ricco.
Warhol prese l’immagine del leader cinese dalla copertina delle “Citazioni del presidente Mao Tse-tung” prodotte in milioni di copie. Egli creò più versioni di quest’opera, già nel 1972 ne produsse dieci. Anche queste, come le altre, vennero realizzate su tele molto grandi utilizzando colori vivaci e forti.
Durante un’asta di arte contemporanea e del dopoguerra, Warhol a quasi ventanni dalla sua morte è riuscito a stabilire un nuovo record. Un ritratto di Mao Tse-tung è stato venduto per 13,6 milioni di euro. Ciò determina il fascino che ancora questo grande genio della pittura esercita sul pubblico.
Un’opera molto curiosa dell’artista sono senz'altro le misteriose Time capsules.  Esse sono delle scatolette contenenti più di seicento oggetti di uso quotidiano che l’artista ha raccolto e custodito fino alla sua morte. Quindi sono parte del suo lavoro artistico in quanto egli sostenne che “tutto fa parte della memoria e tutto può diventare icona.“ Come tutti diventeremo prima o poi famosi per almeno 15 minuti, andando ad anticipare un desiderio molto presente nella società contemporanea; basti pensare alla “febbre da reality”.
Warhol diede anche una personale definizione dell’artista:” an artist is someone who produces things that people don't need to have but that he - for some reason - thinks it would be a good idea to give them.” Cioè un artista è qualcuno che produce oggetti, di cui le persone non hanno bisogno ma per qualche ragione pensa che sia una buona idea fornirli.
Una importante affermazione dell’artista che evidenziava un carattere fondante della società dei consumi fu:“Quel che c’è di veramente grande in questo paese è che l’America ha dato il via al costume per cui il consumatore più ricco compra essenzialmente le stesse cose del più povero. Mentre guardi alla televisione la pubblicità della Coca-Cola, sai che anche il Presidente beve Coca-Cola, Liz Taylor beve Coca-Cola, e anche tu puoi berla”.

IL RAPPORTO TRA ARTE E CONSUMISMO
Dopo aver analizzato l’operato di Warhol, risulta chiaro che il rapporto tra arte e consumismo è rappresentato dalla pop art.
Il termine pop art è l’abbreviazione di popular art, arte popolare, è stato introdotto dagli studiosi L. Flieder e R. Banham e adottato nel 1961 dal critico inglese L. Alloway, il termine indica un movimento artistico di avanguardia nato parallelamente in Gran Bretagna e negli Stati Uniti intorno al 1955, come reazione alla pittura degli espressionisti astratti. Gli artisti della pop art attingono forme e linguaggio dal vastissimo repertorio dei mass-media, cioè dei mezzi di comunicazione e di cultura di massa: televisione, immagini pubblicitarie, fotografie, fumetti, beni di consumo, ecc.; essi si servono dunque di immagini e di oggetti già esistenti che, manipolati e presentati in vario modo, si caricano di una nuova espressività. Scopo del movimento è quello di sottrarre l'operazione artistica al suo carattere di esperienza unica e soggettiva, per riaccostare invece l'arte alla realtà quotidiana. La figurazione del banale e del quotidiano della pop art, mediata dalle diverse esperienze del cubismo, del futurismo, del dadaismo e del surrealismo, ebbe la sua prima definizione in Gran Bretagna attraverso l'attività dell'Independent Group di Londra (1953-58). La prima opera pop inglese, realizzata da Richard Hamilton, figurò alla rassegna "This Is Tomorrow" tenuta a Londra nel 1956. Negli Stati Uniti la pop art scaturì dall'esaurimento delle esperienze astratte, dalle battute finali dell'informale e soprattutto dalle esaltazioni dell'“oggetto consumato” da parte degli artisti del New Dada.

GEORGE ORWELL 1984
Il consumismo crea problemi però è anche un antidoto contro fascismo e comunismo come si vede nel libro “1984” di Orwell.
George Orwell, pseudonimo di Eric Arthur Blair è nato in India nel 1903. Egli studio a Eton e a 20 anni si arruolò nella polizia imperiale britannica in Birmania. Traumatizzato dall’esperienza nel 1928 abbandonò il servizio, iniziò a vagabondare fra Parigi e Londra svolgendo delle umili professioni, deciso a dedicare anima e corpo alla letteratura. Si arruolo volontario nella guerra di Spagna sul fronte anti-franchista provando così l’esperienza del comportamento politico del comunismo la cui ideologia combatterà fino alla morte senza rinnegare però le proprie convinzioni socialiste.
Egli collaborò a numerosi periodici (ad es. “Tribune” ed “Observer”). Tra le sue opere troviamo: “Fiorirà l’aspidrista”, “Omaggio alla Catalogna”, la quale narra le sue esperienze al fronte; “La fattoria degli animali”, satira della politica stalinista. Morì nel 1950 a Londra per tubercolosi.
Il romanzo “1984” è una delle opere più conosciute di George Orwell e costituisce il completamento della “fattoria degli animali”. Quando venne pubblicato questo suscitò notevole scalpore tra il pubblico per la sua straordinaria attualità. In modo estremamente realistico descrive uno scenario futurista angosciante e possibile. Il mondo descritto è frutto di una rivoluzione comunista mondiale che causa la sua divisione in tre super-stati: Oceania, Eurasia ed Estasia. Essi sono dominati da governi e tecnologie totalizzanti, in continuo contrasto tra loro.
Il protagonista Winston Smith vive a Londra, la principale città di Oceania, nella quale il Grande Fratello onnisciente e infallibile che nessuno ha mai visto, controlla tutto. Al di sotto di esso vi è il partito e la grande massa dei sudditi. Ovunque sono presenti manifesti con il volto del Grande Fratello che in realtà non si sa se è umano o essenza. Gli slogan politici principalmente diffusi sono: “La  pace è guerra”, “La libertà è schiavitù”, “L’ignoranza è forza”!
Smith lavora al ministero della Verità, egli ha il compito di censurare i libri e i giornali non in linea con la politica del partito, di alterare la storia e di ridurre le possibilità espressive della lingua. Ogni mezzo di comunicazione viene manipolato per adattare continuamente le informazioni alle esigenze del partito. Il nemico e l’alleato vengono spesso invertiti da linee politiche segrete, ma si fa in modo che l’opinione pubblica non se ne accorga per mantenere costante il sentimento di ostilità verso il concetto di nemico. Per impedire la comunicazione e favorire le varie interpretazioni del partito viene alterato immettendo nelle parole significati contrastanti.
Winston era l’unico a comprendere la situazione disumana e perversa in cui si trovava il mondo, ma non lo può esternare a nessuno. Egli inizierà a tenere dei diari segreti che scriverà seduto nella rientranza del muro del suo appartamento, l’unico luogo in cui l’occhio del grande fratello che osservava tutto obbligando la massa a tenere la tv sempre accesa, non riusciva vedere.
Un giorno il protagonista fu avvicinata da Julia una collega di lavoro, la quale gli infilò un biglietto in tasca. Egli temette di essere stato scoperto, ma quando con estrema cautela lo lesse trovò scritto “Ti amo”. Il regime vietava qualsiasi relazione sentimentale. I due insieme al un collega O’Brien iniziano a collaborare ad un’organizzazione clandestina, “Lega della fratellanza”. O’Brien era una spia, ma Smith venne arrestato prima perché il Grande fratello scoprì la relazione con Julia. Egli venne condotto nella sala delle torture nel ministero dell’amore; alla fine del trattamento fu costretto a denunciare la ragazza. E’ molto importante il confronto intellettuale fra il protagonista ed il suo giustiziere, entrambi a conoscenza della struttura del sistema, il primo affermò: “Non si stabilisce una dittatura nell’intento di salvaguardare una rivoluzione, ma si fa una rivoluzione nell’intento di stabilire una dittatura”. Wilson invece disse: “La libertà consiste nella libertà di dire che due più due fanno quattro. Se è concessa questa libertà, ne seguono tutte le altre”. Il protagonista capirà di essere una specie ormai in via d’estinzione, l’ultimo uomo. Dopo avergli fatto cambiare idea, il partito lo lascio libero. Winston si accorgerà con grande amarezza, di amare anche lui il Grande Fratello.
Questo succedette perché il Grande Fratello voleva avere per se l’anima e il corpo di ogni suddito prima di metterlo a morte.
Orwell in 1984 sviluppò una dittatura come assenza di libertà per tutti gli individui. Infatti anche i funzionari più alti del partito non godevano di privilegi, ma anzi essi erano i primi ad essere convinti che l’autolimitazione della liberta personale fosse giusta.
Questo romanzo è uno dei più sbalorditivi della storia della letteratura in quanto venne ipotizzata una dittatura disumana. Di fatto non vi è neppure l’inconscio conforto della corruzione del privilegio alla classe al potere. Per cui lo scrittore descrive una dittatura mentale che avviene attraverso il lavaggio del cervello. Un aspetto molto inquietante è la decisione di rendere il Grande Fratello immortale. La folla descritta è una massa di persone che si comportano tutte allo stesso modo accettando passivamente l’ideologia imposta senza alcuna ribellione e resistenza, in quanto il Grande Fratello attraverso la manipolazione del linguaggio ha limitato la capacità di pensiero.
Paragonando questa situazione a quella odierna possiamo notare che la tv sta impoverendo culturalmente e linguisticamente il pubblico, ad esempio basti pensare alla scomparsa del congiuntivo, ai notevoli errori grammaticali in quanto la cultura è stata in molti casi sostituita da programmi trash che hanno molto successo  poco insegnamento.

CONCLUSIONE
Al termine di questo lavoro mi sento di dire che mal grado tutto la comunicazione, soprattutto attraverso la tv ci sta plagiando con molto trash e determinano una visione distorta della realtà. La violenza visiva e quella reale generano un’identificazione immediata con l’aggressore o con la vittima. Nel caso che ci si immedesimi nell’aggressore ci si convince che con la forza si ottiene tutto; mentre se ci riconosce nella vittima si instaura una visione del mondo esterno come cattivo, senza nulla di buono da offrire. Molti caso di violenza e di bullismo tra i giovani sono dettati dalla voglia di voler apparire, di mettersi in mostra; basti pensare alla “moda” che da qualche anno sta riempendo le cronache , ragazzi che compiono delle violenze ai danni di coetanei, filmandosi e mettendosi in rete per dare spettacolo. Con i media le nostre vite vengono trasformate in spettacolo, l’importante è apparire ad ogni costo, diventare famosi anche solo per quindici minuti come affermava Warhol. Per cui in questo modo ci si spiega anche la grande foga di voler partecipare a reality show ed sottoposti al giudizio, quindi anche alle critiche, di estranei, dove molto spesso si finge di essere ciò che non si è, perché nel mondo moderno l’uomo qualunque non ha identità. Questo è il paradosso della società dei consumi di massa in cui si è affermato il feticismo delle merci affiancato dalla trasformazione di ogni episodio della vita del singolo in spettacolo.


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