Il nome e la fama di Giovanni
Segantini si sono legati indissolubilmente all’Engadina, non solo perché la
valle svizzera lo ospitò nei suoi ultimi anni e più volte il pittore ne
ritrasse i panorami alpini nelle sue opere, ma anche perché in Engadina si sono
conservati i più importanti segni della presenza e dell’arte di Segantini,
visitabili dal pubblico.
A Maloja, il villaggio alpino che
lo ospitò dal 1894 fino alla morte, i luoghi che il pittore frequentava, verso
i quali passeggiava e nei quali traeva l’ispirazione per le sue opere sono oggi
uniti da un percorso commemorativo in 12 tappe, il Segantini Weg: percorrendolo
(è una semplice escursione di circa 2 ore) si può visitare il cosiddetto
Atelier, riproduzione in legno e in scala ridotta di quello che doveva essere
il padiglione engadinese all’Esposizione Universale di Parigi del 1900, nonché
il piccolo cimitero nel quale il pittore venne sepolto.
St. Moritz, la capitale
dell’Engadina, ospita invece il Segantini Museum, a tutt’oggi la più grande
raccolta di opere del pittore italiano. Venne creato per dare una degna
collocazione al grandioso Trittico delle Alpi, al quale poi vennero aggiunte
altre opere e molti disegni preparatori; progettato dall’architetto Nicholaus
Hartmann, fu inaugurato nel 1999. In occasione del centenario della morte di
Segantini, il museo è stato ristrutturato e ampliato, sia negli ambienti
espositivi che nella collezione: custodisce 55 tele e opere su carta, insieme a
molti disegni e bozzetti a matita, pastello e carboncino. Nel percorso
espositivo è documentata l’intera evoluzione artistica di Segantini: tra le
altre opere esposte, al periodo pre-divisionista risalgono le tele La vacca
nella stalla del 1882, La benedizione delle pecore del 1884 e La tosatura delle
pecore del 1886-1887; l’adesione al divisionismo è documentata da Il capriolo
morto del 1892 e La raccolta del fieno del 1889-1898; il momento centrale della
visita è naturalmente offerto dalla grande sala sormontata dalla cupola
centrale del museo che ospita il Trittico delle Alpi, insieme all’intera
sequenza dei bozzetti preparativi.
Sullo Schafberg, il monte sopra
Pontresina ove Segantini morì e dal quale si domina l'intera alta Engadina, è
stato dedicato al pittore un rifugio alpino, la Chamanna Segantini.
Dall’adolescenza alla morte
A 10 anni supera una grave
malattia infettiva che comporta un lungo ricovero. A 12 anni fugge da casa con
i pochi spiccioli avuti per comperare il latte e vive di espedienti e di
qualche lavoretto fino all'arresto per vagabondaggio che determina il ricovero
nel riformatorio “Marchiondi” per tre lunghi anni. Qui dovrà apprendere
forzosamente il mestiere di valigiaio.
Durante la permanenza nell'istituto,
auspice un certo padre Fedele, fa conoscenza e si appassiona alla pittura in
modo viscerale ed indissolubile. Dopo un'esperienza negativa come fotografo a
Borgo Valsugana presso un fratellastro, Segantini (così modifica egli stesso il
cognome dall’originario Segatini) rientra a Milano e si fa ben volere da
diversi conoscenti che lo spingono ad iscriversi all'Accademia di Belle Arti
del Palazzo Brera tenuto conto delle sue capacità pittoriche. Lavora per un
certo periodo, nella bottega del decoratore, ex garibaldino, Luigi Tettamanzi e
insegna disegno al “ Marchiondi”. Durante questi anni ha la possibilità di
frequentare gli ambienti milanesi dell'arte, della nobiltà e del commercio.
E' qui che un uomo che riassume in se
queste tre caratteristiche, il pittore, commerciante-critico d'arte e nobile di
origine magiara Vittore de Grubicy de Dragon unitamente al fratello Alberto, lo
nota, lo apprezza, lo incoraggia e non lo abbandonerà mai più. Anzi stipulerà
con lui un contratto di collaborazione e finanziamento, agli inizi del 1883,
che non sarà mai interrotto.
In quest’ambiente conosce anche la donna
della sua vita, Bice Bugatti che vivrà in unione libera con lui per quasi
vent'anni e fino alla morte e gli darà quattro figli: Gottardo, Bianca, Mario e
Bertino. Il grande pittore, dopo alcuni anni vissuti a Pusiano e poi Carella di
Brianza, si trasferisce con la famiglia, sempre con l'approvazione dei de
Grubicy, a Savognino in Svizzera. Qui vive momenti d’esaltante e intensa
produzione artistica, con numerosi riconoscimenti e momenti di felicità
coniugale e famigliare. Nell’autobiografia dirà di aver ultimato
l’attraversamento di tutta l’eterna pianura della tristezza e del dolore. Vive
anche momenti di scontri con la crescente ostilità degli abitanti contrari alla
presenza di una famiglia non religiosa, anche perché sovente in difficoltà
economiche. Nell'autunno del 1894 si trasferisce in un bel villino ampio e
pretenzioso al passo Maloja (chalet Kuomi).
Negli ultimi anni di vita, finalmente,
conosce la fama ed è benvoluto da tutti. L’eco della celebrità raggiunge anche
Trento e Arco, le cui Autorità lo invitano e preparano i festeggiamenti.
Segantini promette una visita, anche perché ha saputo che nel frattempo è
andata in prescrizione l’accusa di renitenza alla leva, che l’ha tenuto lontano
dal paese natio (che faceva parte ancora dell’Impero Austro-Ungarico) per quasi
vent’anni.
Segantini, pur vivendo isolato, è sempre
stato collegato ai movimenti dell'arte con studi, viaggi, ricerche,
partecipazione a mostre e, negli ultimi anni. anche mediante collaborazione con
riviste d’arte.
Durante la frequenza dell'Accademia entra
in contatto con gli artisti della scapigliatura e del naturalismo lombardo. In
Brianza si esprime con il cosiddetto naturalismo alla Millet. Nel 1884 nasce in
Francia il divisionismo che trova in Segantini un seguace convinto, tanto da
essere considerato un caposcuola. Il divisionismo è una tecnica pittorica che
prevede la stesura delle tinte con linee o puntini composti dai soli colori
fondamentali opportunamente frammischiati, talché l’opera si presenta come un
lavoro di finissimo mosaico, che ne esalta la luminosità.
Nelle sue opere, il grande
pittore, si perfeziona sempre più nell’istillarvi una “luminosità cristallina”
e nella continua ricerca di “ elevare ad altezza quasi religiosa la vita dei
montanari”. La sua personalità ha sempre sovrastato e migliorato le tecniche
utilizzate, anche grazie alla sua sempre più accentuata tendenza all’allegoria
e al simbolismo.
In numerosi quadri dell’artista sono
presenti le montagne, le cui cime rocciose fanno da cornice discreta e
rassicurante, mai oppressiva. Anche nella tela incompiuta, destinata a
rappresentare la morte, le montagne sono bianche, dall’aspetto quasi amico.
Citerò alcune delle opere più famose a
livello mondiale di Segantini: Alla stanga, Cavallo in corsa, Ragazza che fa la
calza, Ave Maria a trasbordo, Primavera sulle Alpi (balzato agli onori della
cronaca pochi anni fa, perché all’asta di Christie’s è stato venduto per 18
miliardi di lire), Petalo rosa (è il ritratto della compagna Bice a letto), Le
due madri, Mezzogiorno sulle Alpi, Alpe di maggio, L’amore alla fonte della vita,
L’angelo della vita e, naturalmente, il trittico delle Alpi (o dell'Engadina)
che è conservato con altre nel museo Segantini a St. Moritz, purtroppo
incompiuto.
Il trittico delle Alpi è stato concepito ed
iniziato nel 1897, su incarico di una Commissione che preparava la
partecipazione dell’Engadina all'esposizione di Parigi del 1900.
Si compone di: la Vita, la Natura e la
Morte. Per completare le ultime due opere, il Segantini è salito al rifugio
Schafberg, che ora si chiama capanna Segantini a q. 2731 dove si ammala
gravemente. Dalla visita dell’amico dr. Bernhard e dal consulto con due
luminari della medicina emerge che il paziente è affetto da tiflite (poi
peritonite), che è intrasportabile e inoperabile sul posto. Muore il 28
settembre 1899.
Ho sempre considerato la morte di Segantini
come il sacrificio della sua vita per l’arte e per la montagna. Infatti, la
malattia fatale lo ha colpito mentre era intento a studiare nuovi riflessi del
bianco della neve ad oltre tre mila metri di altitudine, sul Monte Muragl. E’
sepolto nel cimitero di Maloja unitamente a Bice Bugatti Segantini.
Poco prima di morire il grande pittore
della montagna, come racconta il Calzini, sopraffatto dalla malattia e dalla
febbre, ha chiesto di essere portato vicino alla finestra della camera e, con
le ultime forze, ha gridato: “ voglio le mie montagne”.
Opere maggiori
Ave Maria a trasbordo (II
versione)Natura morta con Santa Cecilia, tempera su carta incollata su
cartoncino, Milano, Civica Galleria d’Arte Moderna;
Il Coro di Sant’Antonio, 1879,
olio su tela,
Autoritratto all’età di venti
anni, 1879-1880, olio su tela, Arco, Municipio;
Ave Maria a trasbordo (I
versione), 1882, olio su tela,
Zampognari in Brianza, 1883-1885,
olio su tela, Tokyo, National Museum of Western Art;
Studio per “A messa prima”, 1885,
olio su cartoncino incollato su legno, Euerbach, Collezione Georg Schaefer;
Alla stanga, 1886, olio su tela,
Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna;
Gioia del Colore, 1886, olio su
tela,
Ave Maria a trasbordo (II
versione), 1886, olio su tela, San Gallo, Fondazione Otto Fischbacher;
La portatrice d’acqua, 1886-1887,
olio su tela, Wandenswil
La Raccolta del fieno, 1889-1898,
olio su tela, St. Moritz, Museo Segantini;
Le due madri, 1889, olio su tela,
Milano, Civica Galleria d’Arte Moderna;
Alpe di maggio, 1891, olio su
tela, Lugo di Vicenza,
Mezzogiorno sulle Alpi, 1891,
olio su tela, San Gallo, Fondazione Otto Fischbacher;
L'amore alla fonte della vita,
1896, olio su tela, Milano, Civica Galleria d’Arte Moderna;
L’angelo della vita, 1896, matita
dura su carta, St. Moritz, Museo Segantini;
Le cattive madri, 1896-1897,
graffito su cartone, Zurigo, Kunsthaus;
La propaganda, 1897, gesso nero e
bianco su carta, St. Moritz, Museo Segantini;
Trittico delle Alpi, 1894-1899
(parzialmente incompiuto), olio su tela, St. Moritz, Museo Segantini.
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