giovedì 23 aprile 2015

Giovanni Segantini e L'Engadina. Materiali per tesine a cura di Claudio Di Scalzo

Il nome e la fama di Giovanni Segantini si sono legati indissolubilmente all’Engadina, non solo perché la valle svizzera lo ospitò nei suoi ultimi anni e più volte il pittore ne ritrasse i panorami alpini nelle sue opere, ma anche perché in Engadina si sono conservati i più importanti segni della presenza e dell’arte di Segantini, visitabili dal pubblico.

A Maloja, il villaggio alpino che lo ospitò dal 1894 fino alla morte, i luoghi che il pittore frequentava, verso i quali passeggiava e nei quali traeva l’ispirazione per le sue opere sono oggi uniti da un percorso commemorativo in 12 tappe, il Segantini Weg: percorrendolo (è una semplice escursione di circa 2 ore) si può visitare il cosiddetto Atelier, riproduzione in legno e in scala ridotta di quello che doveva essere il padiglione engadinese all’Esposizione Universale di Parigi del 1900, nonché il piccolo cimitero nel quale il pittore venne sepolto.

St. Moritz, la capitale dell’Engadina, ospita invece il Segantini Museum, a tutt’oggi la più grande raccolta di opere del pittore italiano. Venne creato per dare una degna collocazione al grandioso Trittico delle Alpi, al quale poi vennero aggiunte altre opere e molti disegni preparatori; progettato dall’architetto Nicholaus Hartmann, fu inaugurato nel 1999. In occasione del centenario della morte di Segantini, il museo è stato ristrutturato e ampliato, sia negli ambienti espositivi che nella collezione: custodisce 55 tele e opere su carta, insieme a molti disegni e bozzetti a matita, pastello e carboncino. Nel percorso espositivo è documentata l’intera evoluzione artistica di Segantini: tra le altre opere esposte, al periodo pre-divisionista risalgono le tele La vacca nella stalla del 1882, La benedizione delle pecore del 1884 e La tosatura delle pecore del 1886-1887; l’adesione al divisionismo è documentata da Il capriolo morto del 1892 e La raccolta del fieno del 1889-1898; il momento centrale della visita è naturalmente offerto dalla grande sala sormontata dalla cupola centrale del museo che ospita il Trittico delle Alpi, insieme all’intera sequenza dei bozzetti preparativi.

Sullo Schafberg, il monte sopra Pontresina ove Segantini morì e dal quale si domina l'intera alta Engadina, è stato dedicato al pittore un rifugio alpino, la Chamanna Segantini.




Dall’adolescenza alla morte

A 10 anni supera una grave malattia infettiva che comporta un lungo ricovero. A 12 anni fugge da casa con i pochi spiccioli avuti per comperare il latte e vive di espedienti e di qualche lavoretto fino all'arresto per vagabondaggio che determina il ricovero nel riformatorio “Marchiondi” per tre lunghi anni. Qui dovrà apprendere forzosamente il mestiere di valigiaio.
     Durante la permanenza nell'istituto, auspice un certo padre Fedele, fa conoscenza e si appassiona alla pittura in modo viscerale ed indissolubile. Dopo un'esperienza negativa come fotografo a Borgo Valsugana presso un fratellastro, Segantini (così modifica egli stesso il cognome dall’originario Segatini) rientra a Milano e si fa ben volere da diversi conoscenti che lo spingono ad iscriversi all'Accademia di Belle Arti del Palazzo Brera tenuto conto delle sue capacità pittoriche. Lavora per un certo periodo, nella bottega del decoratore, ex garibaldino, Luigi Tettamanzi e insegna disegno al “ Marchiondi”. Durante questi anni ha la possibilità di frequentare gli ambienti milanesi dell'arte, della nobiltà e del commercio.
    E' qui che un uomo che riassume in se queste tre caratteristiche, il pittore, commerciante-critico d'arte e nobile di origine magiara Vittore de Grubicy de Dragon unitamente al fratello Alberto, lo nota, lo apprezza, lo incoraggia e non lo abbandonerà mai più. Anzi stipulerà con lui un contratto di collaborazione e finanziamento, agli inizi del 1883, che non sarà mai interrotto.
    In quest’ambiente conosce anche la donna della sua vita, Bice Bugatti che vivrà in unione libera con lui per quasi vent'anni e fino alla morte e gli darà quattro figli: Gottardo, Bianca, Mario e Bertino. Il grande pittore, dopo alcuni anni vissuti a Pusiano e poi Carella di Brianza, si trasferisce con la famiglia, sempre con l'approvazione dei de Grubicy, a Savognino in Svizzera. Qui vive momenti d’esaltante e intensa produzione artistica, con numerosi riconoscimenti e momenti di felicità coniugale e famigliare. Nell’autobiografia dirà di aver ultimato l’attraversamento di tutta l’eterna pianura della tristezza e del dolore. Vive anche momenti di scontri con la crescente ostilità degli abitanti contrari alla presenza di una famiglia non religiosa, anche perché sovente in difficoltà economiche. Nell'autunno del 1894 si trasferisce in un bel villino ampio e pretenzioso al passo Maloja (chalet Kuomi).
    Negli ultimi anni di vita, finalmente, conosce la fama ed è benvoluto da tutti. L’eco della celebrità raggiunge anche Trento e Arco, le cui Autorità lo invitano e preparano i festeggiamenti. Segantini promette una visita, anche perché ha saputo che nel frattempo è andata in prescrizione l’accusa di renitenza alla leva, che l’ha tenuto lontano dal paese natio (che faceva parte ancora dell’Impero Austro-Ungarico) per quasi vent’anni.
    Segantini, pur vivendo isolato, è sempre stato collegato ai movimenti dell'arte con studi, viaggi, ricerche, partecipazione a mostre e, negli ultimi anni. anche mediante collaborazione con riviste d’arte.
    Durante la frequenza dell'Accademia entra in contatto con gli artisti della scapigliatura e del naturalismo lombardo. In Brianza si esprime con il cosiddetto naturalismo alla Millet. Nel 1884 nasce in Francia il divisionismo che trova in Segantini un seguace convinto, tanto da essere considerato un caposcuola. Il divisionismo è una tecnica pittorica che prevede la stesura delle tinte con linee o puntini composti dai soli colori fondamentali opportunamente frammischiati, talché l’opera si presenta come un lavoro di finissimo mosaico, che ne esalta la luminosità.



Nelle sue opere, il grande pittore, si perfeziona sempre più nell’istillarvi una “luminosità cristallina” e nella continua ricerca di “ elevare ad altezza quasi religiosa la vita dei montanari”. La sua personalità ha sempre sovrastato e migliorato le tecniche utilizzate, anche grazie alla sua sempre più accentuata tendenza all’allegoria e al simbolismo.
     In numerosi quadri dell’artista sono presenti le montagne, le cui cime rocciose fanno da cornice discreta e rassicurante, mai oppressiva. Anche nella tela incompiuta, destinata a rappresentare la morte, le montagne sono bianche, dall’aspetto quasi amico.
    Citerò alcune delle opere più famose a livello mondiale di Segantini: Alla stanga, Cavallo in corsa, Ragazza che fa la calza, Ave Maria a trasbordo, Primavera sulle Alpi (balzato agli onori della cronaca pochi anni fa, perché all’asta di Christie’s è stato venduto per 18 miliardi di lire), Petalo rosa (è il ritratto della compagna Bice a letto), Le due madri, Mezzogiorno sulle Alpi, Alpe di maggio, L’amore alla fonte della vita, L’angelo della vita e, naturalmente, il trittico delle Alpi (o dell'Engadina) che è conservato con altre nel museo Segantini a St. Moritz, purtroppo incompiuto.
    Il trittico delle Alpi è stato concepito ed iniziato nel 1897, su incarico di una Commissione che preparava la partecipazione dell’Engadina all'esposizione di Parigi del 1900.

    Si compone di: la Vita, la Natura e la Morte. Per completare le ultime due opere, il Segantini è salito al rifugio Schafberg, che ora si chiama capanna Segantini a q. 2731 dove si ammala gravemente. Dalla visita dell’amico dr. Bernhard e dal consulto con due luminari della medicina emerge che il paziente è affetto da tiflite (poi peritonite), che è intrasportabile e inoperabile sul posto. Muore il 28 settembre 1899.
    Ho sempre considerato la morte di Segantini come il sacrificio della sua vita per l’arte e per la montagna. Infatti, la malattia fatale lo ha colpito mentre era intento a studiare nuovi riflessi del bianco della neve ad oltre tre mila metri di altitudine, sul Monte Muragl. E’ sepolto nel cimitero di Maloja unitamente a Bice Bugatti Segantini.
    Poco prima di morire il grande pittore della montagna, come racconta il Calzini, sopraffatto dalla malattia e dalla febbre, ha chiesto di essere portato vicino alla finestra della camera e, con le ultime forze, ha gridato: “ voglio le mie montagne”.
 Opere maggiori

Ave Maria a trasbordo (II versione)Natura morta con Santa Cecilia, tempera su carta incollata su cartoncino, Milano, Civica Galleria d’Arte Moderna;
Il Coro di Sant’Antonio, 1879, olio su tela,
Autoritratto all’età di venti anni, 1879-1880, olio su tela, Arco, Municipio;
Ave Maria a trasbordo (I versione), 1882, olio su tela,
Zampognari in Brianza, 1883-1885, olio su tela, Tokyo, National Museum of Western Art;
Studio per “A messa prima”, 1885, olio su cartoncino incollato su legno, Euerbach, Collezione Georg Schaefer;
Alla stanga, 1886, olio su tela, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna;
Gioia del Colore, 1886, olio su tela,
Ave Maria a trasbordo (II versione), 1886, olio su tela, San Gallo, Fondazione Otto Fischbacher;
La portatrice d’acqua, 1886-1887, olio su tela, Wandenswil
La Raccolta del fieno, 1889-1898, olio su tela, St. Moritz, Museo Segantini;
Le due madri, 1889, olio su tela, Milano, Civica Galleria d’Arte Moderna;
Alpe di maggio, 1891, olio su tela, Lugo di Vicenza,
Mezzogiorno sulle Alpi, 1891, olio su tela, San Gallo, Fondazione Otto Fischbacher;
L'amore alla fonte della vita, 1896, olio su tela, Milano, Civica Galleria d’Arte Moderna;
L’angelo della vita, 1896, matita dura su carta, St. Moritz, Museo Segantini;
Le cattive madri, 1896-1897, graffito su cartone, Zurigo, Kunsthaus;
La propaganda, 1897, gesso nero e bianco su carta, St. Moritz, Museo Segantini;

Trittico delle Alpi, 1894-1899 (parzialmente incompiuto), olio su tela, St. Moritz, Museo Segantini.

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