sabato 25 aprile 2015

Italo Calvino. Vita e tre romanzi brevi - Materiali per tesine - A cura di Claudio Di Scalzo



Italo Calvino. Vita e tre romanzi brevi -
 materiale per tesine - 
a cura di Claudio Di Scalzo


Italo Calvino nasce il 15 ottobre 1923 a Santiago de Las Vegas, presso l'Avana. Il padre, Mario, è un agronomo di origine sanremese, che si trova a Cuba per dirigere una stazione sperimentale di agricoltura e una scuola agraria dopo venti anni passati in Messico. La madre, Evelina Mameli, di Sassari è laureata in scienze naturali e lavora come assistente di botanica all'Università di Pavia. Dal padre agronomo e dalla madre botanica riceve un'educazione rigorosamente laica.
Nel 1927 nasce suo fratello Floriano, futuro geologo di fama internazionale, mentre nel 1929 frequenta le scuole Valdesi, una volta che la famiglia si trasferisce definitivamente in Italia stabilendosi a San Remo, nella Villa Meridiana che ospita la direzione della Stazione Sperimentale di Floricoltura, dove Calvino vive «fino a vent'anni in un giardino pieno di piante rare ed esotiche». Nel 1934 supera l'esame per il ginnasio-liceo “G. D. Cassini” e completa la prima parte del suo percorso scolastico.
Il primo contatto con la letteratura avviene all'età di dodici anni, quando gli capita fra le mani il primo ed il secondo Libro della giungla di Kipling. È un amore al primo colpo, una fulminea infatuazione per i mondi esotici, le avventure e per le sensazioni fantastiche che può dare la lettura solitaria di testi trascinanti. Si diletta anche a leggere riviste umoristiche, cosa che lo spinge a disegnare lui stesso vignette e fumetti. In quegli anni si appassiona al cinema, un amore che durerà per tutta la sua adolescenza.
Intanto scoppia la guerra, un evento che segna la fine della sua giovinezza, così come il declino della cosiddetta belle epoque in versione sanremese. La sua posizione ideologica è incerta, tra il recupero di una identità locale ed un confuso anarchismo. Tra i sedici ed i venti anni scrive brevi racconti, opere teatrali ed anche poesie ispirandosi a Montale suo poeta prediletto per tutta la vita. È nei rapporti personali e nell'amicizia con il compagno di liceo Eugenio Scalfari, futuro direttore de La Repubblica, invece, che cominciamo a crescere in lui interessi più specificatamente e politici. Attraverso un intenso rapporto epistolare con Scalfari seguì il risveglio dell'antifascismo clandestino ed una sorta di orientamento rispetto ai libri da leggere: Huizinga, Montale, Vittorini, Pisacane e così via.
Nel 1941, conseguita la licenza liceale, Italo Calvino viene avviato dai genitori agli studi di Agraria, che non porta a compimento. Per quanto, infatti, tenti di seguire la tradizione scientifica familiare, ha già «la testa alla letteratura». Inoltre, a interrompere gli studi si intromette la guerra. Dopo l'8 settembre 1943, Calvino si sottrae all'arruolamento forzato nell'esercito fascista, e assecondando un sentimento che nutriva fin dall'adolescenza, si aggrega ai partigiani della Brigata Garibaldi, e fa così «la prima scoperta del lancinante mondo umano». È opinione della critica più accreditata che la sua scelta di aderire al partito comunista non derivò da ideologie personali, ma dal fatto che in quel periodo era la forza più attiva ed organizzata.
Dopo la liberazione, aderisce al Partito Comunista Italiano, collabora a giornali e riviste, e si iscrive alla Facoltà di Lettere di Torino, dove nel 1947 si laurea con una tesi su Joseph Conrad.
Nel 1946 comincia a gravitare attorno alla casa editrice Einaudi, vendendo libri a rate. In quell'ambiente «interdisciplinare, aperto alla cultura mondiale», matura la sua vocazione a «scrivere pensando ad uno scaffale di libri non solo di letteratura».
Nel 1947 esordisce come scrittore, pubblicando, grazie a Pavese, Il sentiero dei nidi di ragno (una ricognizione appunto del periodo bellico e del mondo partigiano). A questo romanzo, con cui si rivela il più giovane e dotato tra gli scrittori neorealisti, segue il volume di racconti Ultimo viene il corvo (1949).
Negli anni Cinquanta e Sessanta svolge le funzioni di dirigente nella casa editrice Einaudi e intensifica sempre più la sua attività culturale e il suo impegno nel dibattito politico-intellettuale, collaborando a numerose riviste.
Inoltre si impone nel panorama letterario italiano, come il più originale tra i giovani scrittori, in seguito alla pubblicazione della raccolta dei Racconti(1958), e soprattutto del volume I nostri antenati (1960), che comprende la trilogia di romanzi fantastici e allegorici sull'uomo contemporaneo: Il visconte dimezzato (1952), Il barone rampante (1957), e Il cavaliere inesistente (1959). In questi anni pubblica anche l'importante saggio Il midollo del leone (1955), e raccoglie e traduce Le fiabe Italiane che pubblica nel 1956 Il '56, però, è assai importante per un altro fatto significativo e cruciale nella vita di Calvino: i fatti di Ungheria, l'invasione della Russia Comunista nell'inquieta Praga, provocano il distacco dello scrittore dal PCI e lo conducono progressivamente a rinunciare ad un diretto impegno politico.
La sua creatività è invece sempre feconda ed inarrestabile, tanto che non si contano le sue collaborazioni su riviste, i suoi scritti e racconti (vince in quegli anni anche il Premio “Bagutta”), nonché la stesura di alcune canzoni o libretti per opere musicali d'avanguardia come Allez-hop dell'amico e sodale Luciano Berio. Insomma, un'attività culturale e artistica a tutto campo.
Alla fine degli anni cinquanta risale anche il soggiorno di sei mesi negli Stati Uniti, coincidenti con la pubblicazione della trilogia “Nostri antenati”, mentre appare sull’importante rivista culturale letteraria Il Menabò, che dirige insieme a Vittoriani, Il mare dell'oggettività (1959) e La sfida del labirinto (1962). Nel 1963, anno della Neoavanguardia, pubblica, oltre a Marcovaldo ovvero Le stagioni in città, il racconto costruito ancora su schemi di tipo tradizionale La giornata di uno scrutatore, con cui si chiude il ciclo apertosi all'incirca un decennio prima.
Nel 1964 avviene una svolta fondamentale nella vita privata dello scrittore: si sposa con un'argentina e si trasferisce a Parigi, pur continuando a collaborare con Einaudi. L'anno dopo nasce la sua prima figlia Giovannea, che gli infonde un senso di personale rinascita ed energia. Nel 1965 nasce la figlia Abigail, ed esce il volume Le Cosmicomiche, a cui segue nel 1967 Ti con zero, in cui si rivela la sua passione giovanile per le teorie astronomiche e cosmologiche. Il nuovo interesse per le problematiche della semiotica e per i processi combinatori della narrativa trova espressione anche ne Le città invisibili (1972), e ne Il castello dei destini incrociati (1973). Intanto cresce il suo successo e il suo prestigio in tutto il mondo.
Negli anni Settanta – anni in cui nutre una residua speranza nella ragione, pur avvertendo un degradarsi generale della vita civile italiana e mondiale – Calvino pubblica numerosi interventi, prefazioni e traduzioni in molte lingue, e collabora prima al Corriere della Sera, con racconti,resoconti di viaggio ed articoli sulla realtà politica e sociale del Paese poi alla Repubblica.
Nel 1976 tiene conferenze in molte università degli Stati Uniti, mentre i viaggi in Messico e Giappone gli danno spunti per alcuni articoli, che verranno poi ripresi in Collezioni di sabbia.
Nel 1979 esce il romanzo Se una notte d'inverno un viaggiatore, che diviene subito un best seller.
Si trasferisce a Roma nel 1980 in piazza Campo Marzio ad un passo dal Pantheon. Raccoglie nel volume Una pietra sopra gli scritti di “Discorsi di letteratura e società” la parte più significativa dei suoi interventi saggistici dal 1955 in poi.
Nel 1982 alla Scala di Milano viene rappresentata La vera storia, opera scritta insieme al già ricordato compositore Luciano Berio. Di quest'anno è anche l'azione musicale Duo, primo nucleo del futuro Un re in ascolto, sempre composta in collaborazione con Berio.
Nel 1985, avendo ricevuto l'incarico di tenere una serie di conferenze negli Stati Uniti (nella prestigiosa Harvard University), prepara le ormai celeberrime “Lezioni Americane”, che tuttavia rimarranno incompiute, e saranno edite solo postume nel 1988.
Durante il 1984 in seguito alla crisi aziendale dell'Einaudi decide di passare alla Garzanti presso la quale appaiono Collezione di sabbia e Cosmicomiche vecchie e nuove. Compie dei viaggi in Argentina e a Siviglia dove partecipa ad un convegno sulla letteratura fantastica. Il 6 settembre del 1985 viene colto da ictus a Castiglione della Pescaia. Ricoverato all'ospedale Santa Maria della Scala di Siena, muore il 19 settembre colpito da un'emorragia celebrale.



Lo Stile di Calvino. Analisi dei seguenti romanzi:
La giornata di uno scrutatore, Marcovaldo, le stagioni in città

“Eleganza”, “leggerezza”, “misura”, “chiarezza”, “razionalità” sono i concetti a cui più usualmente si fa ricorso per definire l'opera di Calvino; in effetti, essi individuano aspetti reali della personalità dello scrittore anche se, al tempo stesso, rischiano di sottovalutarne altri, ugualmente presenti e decisivi.
L'inclinazione fantastica, costante di tutta l'opera di Calvino, rappresenta comunque la corda più autentica dello scrittore. In molte delle sue opere, infatti, egli infrange una regola ferrea della vita (e di gran parte della letteratura) che vuole da una parte la realtà, dall'altra la finzione. Calvino, invece, spesso mescola i due piani, facendo accadere cose straordinarie e spesso impossibili all'interno di un contesto realistico, senza perdere colpi né sull'uno né sull'altro versante. Una delle sue caratteristiche, infatti, è quella di saper mantenere, nei confronti della materia trattata, un approccio leggero, trattenuto dall'umorismo, smussandone gli aspetti più sconcertanti con un atteggiamento quasi di serena saggezza.
Italo Calvino tenne, nell’anno accademico 1985-1986, una serie di sei conferenze per l’università di Harvard, Cambridge, nel Massachussets, che si sarebbero rivelate una dichiarazione di fiducia nei mezzi della letteratura e un tentativo di situare, nella prospettiva del nuovo millennio, alcune virtù.
Calvino, in queste conferenze, si riallaccia alla realtà contemporanea, che si rivela come un rappresentazione della realtà attraverso la ricerca del significato dell’essere, che si scoprirà poi consistere nella chiara affermazione della pesantezza del vivere, incatenati come si è da milioni di costrizioni, alle quali può sottrarsi, secondo Calvino, solo l’intelligenza pronta ed agile, dalle quali ci si può salvare solo imparando ad assumere una molteplicità di punti di vista, cambiando, quando è necessario, il proprio punto di osservazione del mondo.
Calvino ci avverte che siamo noi a determinare il peso effettivo di ciò che circonda, poiché tutto quello che esiste, esiste in rapporto a noi che lo viviamo: dal modo in cui interagiamo col mondo esterno, deriva la qualità della nostra vita. Ora tutto ciò che ci circonda si rivela di una pesantezza insopportabile, se ogni cosa ci lega e ci invischia impedendoci di vivere liberamente, è perché nell’interazione tra noi e le cose, il rapporto si è invertito: non siamo più noi ad assumere una posizione, a scegliere il nostro punto di vista, ma sono le cose che ci assalgono e ci tolgono la facoltà di esprimere un giudizio, di pensare. Ci lasciamo semplicemente sopraffare, senza sfruttare la nostra capacità più alta, ossia l’intelligenza, intesa come mobilità, come agilità, come esercizio continuo di verifica ed analisi della realtà.
Come Perseo sconfigge la Medusa evitando di guardarla negli occhi direttamente, ma non le sfugge, guarda il riflesso del suo viso in uno specchio e così la vince: ossia, cambia punto di vista; fino a quel momento, nessuno era potuto risultare vincitore del mostro, perché tutti avevano, prima o poi, sollevato lo sguardo per fissarla: nessuno aveva cambiato il suo punto di vista, e tutti erano stati trasformati in pietra. Poi, ecco Perseo, che per combattere si serve dei venti, delle nuvole e, alla fine, vince il simbolo della pesantezza usando l’astuzia, evitando l’esempio di tutti quelli che l’avevano preceduto, usando un altro metodo.


LA GIORNATA D’UNO SCRUTATORE (1963)
L'opera è stata concepita nel 1953 ed è stata pubblicata nel 1963; l'autore ha dunque impiegato ben 10 anni a scrivere questo breve libro parzialmente autobiografico (Calvino fece davvero lo scrutatore al Cottolengo nelle elezioni, però, del ’61): un dato che può far riflettere sulla complessità e sull'importanza degli argomenti da lui trattati.
Il racconto lungo di Calvino descrive appunto la giornata di Amerigo, dal mattino piovoso in cui si reca al seggio alla conclusione delle operazioni di voto e il suo incontro con quell'umanità desolata e con i religiosi, che con ammirevole e talvolta muto spirito di servizio, li assistono. Non succedono accadimenti particolari; il disbrigo delle operazioni di voto assume il suo andamento normale, sonnacchioso, burocratico.
L’opera è ambientata a Torino, quasi esclusivamente in due luoghi: l'edificio del “Cottolengo” nel quale si svolge la maggior parte della storia e l'abitazione di Amerigo Ormea che svolge però un ruolo più marginale. Nonostante gli spazi ristretti in cui la storia si svolge le descrizioni dell'ambiente sono piuttosto numerose e dettagliate. Le descrizioni più significative sono quelle che riguardano il “mondo-Cottolengo” mentre l'abitazione di Amerigo è descritta in maniera piuttosto sommaria. Questo perché grazie alla descrizione dell'ambiente e dei pazienti Calvino vuole farci entrare in questo mondo a noi nascosto e difficile da comprendere che è il mondo del Cottolengo. Si hanno descrizioni molto significative soprattutto nella parte finale del libro, dal momento in cui Amerigo entra a far parte del "seggio distaccato" che viene mandato nelle parti più nascoste dell'edificio, tra le persone più deformi e nelle più gravi condizioni; qui le descrizioni sono significative in quanto il libro in questa parte acquista il suo maggiore significato simbolico. (aveva la sensazione d’inoltrarsi al di là delle frontiere del suo mondo)
La storia si svolge durante le elezioni, svoltesi nel 1953, nelle quali si votava per l'approvazione della cosiddetta “legge truffa”.
Il tempo è comunicato dall'autore all'inizio del libro ed anche i luoghi sono descritti dallo stesso autore non appena il protagonista li raggiunge.
Non si hanno, all'interno del testo, numerose varianti di linguaggio; si può comunque riscontrare un linguaggio lievemente formale che viene usato dal presidente ma non dagli scrutatori i quali usano invece un linguaggio informale e più colorito sebbene nei limiti dell'educazione. Nei discorsi di Amerigo con Lia si ha un linguaggio diverso che può essere definito come “parlato familiare”. E' presente il linguaggio dialettale (quello torinese) solo per quanto riguarda l'aggettivo cutu che deriva dal nome del “Cottolengo” e col quale sono indicate a Torino le persone menomate. Nel racconto si ha la presenza di un tono drammatico usato (anche se soltanto in alcuni casi) per descrivere i pazienti, mentre le considerazioni di Amerigo contengono notevoli sfumature di tipo ironico ed in alcuni casi sarcastico riguardanti soprattutto il mondo della politica ed i collaboratori di Amerigo.
Il protagonista della storia è lo scrutatore comunista Amerigo Ormea che si ritrova nelle elezioni del 1953 (quelle della cosiddetta “legge truffa"), a fare lo scrutatore per conto di un partito della sinistra che poi si rivelerà essere quello comunista. (l'avevano fatto scrutatore: un compito modesto, ma necessario e anche d'impegno)
L'oggetto del desiderio consiste nella vittoria delle elezioni. Ad una più attenta lettura si nota, però, che Amerigo non risulta così interessato al successo politico (essendo poi così scarsa la possibilità di vittoria nel contesto del “Cottolengo”) ma piuttosto ai suoi problemi di uomo. Il libro è costituito dalla descrizione minuziosa degli oggetti e delle persone che si avvicendano davanti allo sguardo attento dello scrutatore e dalle riflessioni che i minimi avvenimenti della giornata determinano in lui. E così il protagonista prende spunto da fatti minimali, in apparenza insignificanti, per dare il via a una serie di interessanti e originali meditazioni sui più svariati argomenti: la democrazia, le istituzioni, la sofferenza, l'emancipazione femminile, la politica, l'amore, la metafisica, la religione, la bellezza, l'evoluzione della specie, la beatitudine, il potere, la donna, la lettura, la responsabilità della procreazione, la giustizia.
«A tutto ci si abitua (…) anche a veder votare i ricoverati del “ Cottolengo”. Dopo un poco, già sembrava la vista più usuale e monotona, per quelli di qua dal tavolo: ma di là,nei votanti, continuava a serpeggiare il fermento dell’eccezione, della rottura della norma. (…) C’era dunque in questa finzione di libertà che era stata loro imposta – si domandava Amerigo – un barlume, un presagio di libertà vera? O era solo l’illusione, per un momento e basta, d’esserci, di mostrarsi, d’avere un nome?»
Non conosciamo molto sulla sua occupazione, sappiamo soltanto che, nella professione, all'affermarsi preferiva il confermarsi persona giusta. Sappiamo, inoltre, che, il suo carattere lo portava verso una vita più raccolta, piuttosto che all'attivismo professionale e politico. Un personaggio piuttosto pacato e che adempie sempre ai propri doveri seppure in alcuni casi senza troppa motivazione. Americo è un personaggio che, pur essendo il protagonista non ci viene descritto dall'autore in maniera molto dettagliata, soprattutto dal punto di vista fisiognomico. Dalle sue riflessioni si può notare una conoscenza culturale molto vasta che spazia su vari campi: da quello storico a quello politico, da quello letterario a quello filosofico. La sua fede religiosa, seppur non dichiarata dall'autore non sembra particolarmente forte in quanto la sua fiducia nei membri della chiesa è molto limitata: egli ha il sospetto che tali ecclesiastici offrano un ricovero ai loro ospiti per ricavarne in cambio dei voti a votare del partito di governo, la Democrazia Cristiana, l'unico che gli è fatto credere tuteli i loro interessi. Amerigo può simboleggiare un uomo qualsiasi che, a contatto con qualcosa di più grande di lui, come il dolore e la menomazione che affliggono i ricoverati nel Cottolengo, perde ogni propria convinzione; questo a dimostrare che tutti i grandi ideali umani sono in realtà molto esigui se posti in relazione con ciò che ci circonda e che non riusciamo a spiegarci.
Il ruolo degli altri personaggi è difficilmente comprensibile, infatti nessuno di essi è descritto con molta precisione. Si può comunque fare una divisione tra antagonisti e aiutanti del protagonista limitandoci a tener conto del loro rispettivo schieramento politico e quindi rifacendosi solamente all'interpretazione più letterale del racconto. Così facendo risulta che Amerigo è aiutato unicamente dalla scrutatrice col golfino arancione, mentre ha come antagonisti lo smilzo, la scrutatrice con la blusa bianca, il prete, la monaca ed anche il presidente.All'introduzione di un nuovo personaggio, l'autore ci comunica soltanto i pochi elementi, riguardanti il fisico o l'abbigliamento, che sono necessari per distinguere un personaggio dall'altro. In seguito, osservando il loro comportamento il lettore può capire qualche altro elemento a loro riguardo anche se l'interesse dell'autore è molto incentrato sul percorso del protagonista. La descrizione risulta dunque una combinazione tra descrizioni dirette e indirette dei personaggi. Non sono comunicati i nomi dei personaggi se non quelli di Amerigo e di Lia.
A metà giornata fa un breve rientro nella sua spoglia abitazione di scapolo maturo e telefona alla sua ragazza, Lia, con la quale gli riesce più facile intrattenere rapporti quando se la raffigura nella sua fantasia che quando interagisce direttamente con lei. Lia gli comunica, telefonicamente, quasi con noncuranza, di essere incinta, disorientandolo e facendogli perdere la sua assorta concentrazione. Lia è una ragazza che il protagonista definisce "prelogica", naturale ed immediata, poco incline alle speculazioni del pensiero «Ecco... per lei non conta la logica della ragione ma solo la logica della fisiologia». Riesce difficile ad Amerigo coinvolgerla nel suo mondo interiore dominato dal pensiero e dalla riflessione.
Si ha la presenza di un solo narratore, esterno alla storia anche se la sua affinità ideologica con Amerigo si può notare in più di un frangente. Questo pur essendo esterno alla storia non è onnisciente in quanto ignora fatti che hanno un'importanza, seppure piuttosto marginale, all'interno del racconto. Egli non conosce i nomi di alcuni dei personaggi, come anche altri elementi che li riguardano. Nella descrizione dei componenti del seggio (come anche in altre occasioni) il narratore si limita infatti a fare delle supposizioni riguardo all'età, al mestiere e ad altri particolari che riguardano gli scrutatori: ipotizza, ad esempio, che la scrutatrice vestita di bianco sia vedova, osservando il ritratto che essa porta sul petto. Ciò che il narratore conosce ricalca molto da vicino ciò che conosce anche Amerigo con il vantaggio però di aver narrato la vicenda dopo la sua conclusione e conoscendo per cui alcuni particolari con maggior precisione. Si può dunque dire che, per quanto riguarda strettamente la vicenda, il narratore conosce più degli altri personaggi.
Il punto culminante della narrazione è quello in cui Amerigo, ormai membro del "seggio distaccato", constatando le condizioni delle persone ricoverate nelle più nascoste zone dell'edificio, si dimostra un uomo diverso rispetto all’Amerigo uscito di casa alle cinque e mezzo del mattino, denotando una personalità molto meno distaccata da ciò che lo circonda e ponendosi problemi di maggiore importanza rispetto a quelli più "pratici" da lui avuti in precedenza.
«Nel mondo-Cottolengo Amerigo non riusciva più a seguire la linea delle sue scelte morali o estetiche. Costretto per un giorno della sua vita a tener conto di quanto è estesa quella che viene detta la miseria della natura sentiva aprirsi sotto ai suoi piedi la vanità di tutto».
Il tema centrale riguarda l'idea dell'autore dell'assurdità dell'aspetto della democrazia che permette il voto ai deficienti ed ai paralitici i quali secondo lui appartengono ad un mondo a se stante. Questo è dichiarato esplicitamente dall'autore in una presentazione del libro, scritta in occasione dell'uscita della sua opera. In tale presentazione, l'autore afferma però di non trattare per intero questi temi così impegnativi bensì di sfiorarli soltanto.


MARCOVALDO, LE STAGIONI IN CITTÀ (1963)

Marcovaldo è un neologismo che nasce dalla fusione di due nomi, così come nasce il libro stesso di Calvino, frutto di unione tra realtà e immaginazione, vero e verosimile, satira e sarcasmo.
I racconti dedicati al personaggio di Marcovaldo hanno una storia particolare, ma non infrequente in Calvino: dieci testi escono nel 1958 (nella raccolta Gli amori difficili), altri dieci escono nel 1963 (nella raccolta Marcovaldo) assieme ai precedenti, che però vengono ora collocati in un ordine diverso e rifusi in una struttura che ha caratteristiche diverse da quella originaria.
Questo libro di Calvino non è un racconto unico; si articola infatti in 20 novelle, in cui il ciclo delle stagioni si ripete per cinque volte. Esse, raccontate da un narratore onnisciente, hanno sempre un finale comico e ironico, che fa sorridere da una parte ma piangere dall’altra. In esse si parla della vita del protagonista in un anno; una vita banale e fatta di stenti ambientata in una città industriale degli anni 60 durante il boom economico.
Marcovaldo è un operaio addetto al carico e scarico delle merci in una ditta che si chiama S.B.A.V, venuto dalla campagna in città per trovare lavoro, ha una moglie, Domitilla che mette a freno tutte le idee del marito, e quattro figli pestiferi da mantenere ed è sempre senza un soldo. È un personaggio “buffo e melanconico”, molto ingenuo infatti “smemorato com’era svitava sempre il coperchio con curiosità e ghiottoneria”. È però un uomo forte, che affronta mille disavventure senza disperarsi, con coraggio, si sa adattare e sa godere anche di piccole cose, come i bambini. È un personaggio a tutto tondo che rappresenta l’uomo medio dell’epoca che era appena uscito dal dramma della seconda guerra mondiale. Trasferitosi in città Marcovaldo vi cerca la natura, l’unico in realtà ad accorgersene, ma può solo sognarla immerso com’è tra l’inquinamento urbano.
Cartelli, semafori, vetrine, insegne luminose, manifesti, anche se studiati per cogliere l’attenzione, non riescono a colpire il suo sguardo, però una foglia che ingiallisce su un ramo, una piuma che si impiglia ad una tegola non gli sfuggono mai. In mezzo al cemento e all’asfalto della città inquinata, egli crede ogni tanto di rivedere un po’ della campagna lontana, ma si tratta di una illusione e i suoi entusiasmi vengono sempre mortificati. Infatti la natura, in città, sembra essere deformata, alterata, compromessa con la vita artificiale, non è la natura che ha forse conosciuto da bambino e che vorrebbe far amare anche ai suoi figli.
Egli cerca di mantenere dignitosamente la sua famiglia, ma tutti i suoi tentativi di trovare un po’ di fortuna e di stare un po’ meglio, finiscono sempre per prendere una piega bizzarra e ironica. Come ad esempio nella prima novella “Funghi in città”. Marcovaldo scopre e raccoglie dei funghi cresciuti sulla striscia d'aiola d'un corso cittadino. È tutto eccitato dalla sua scoperta e gli parve che il mondo grigio e misero che lo circondava diventasse tutt’ a un tratto generoso di ricchezze nascoste. I funghi furono ben presto notati anche da Amadigi, l’operatore ecologico già antipatico a Marcovaldo per il suo lavoro di “cancellatore” di tracce naturali. Ma quando è finalmente arrivato il momento di farsi una bella mangiata di funghi, essi si rivelano velenosi e tutta la famiglia si ritrovano in ospedale.
O come nell’episodio in cui ruba un coniglio e scopre che è contaminato da un virus, e così in tutti gli episodi, dove ogni volta si illude di aver ottenuto qualcosa ma poi si accorge che non è cambiato nulla.
Il libro narra di una storia molto originale e più profonda di quello che appare. È un romanzo realista e sociale che ritrae una fetta di società di quegli anni: la classe sociale a cui appartiene Marcovaldo, quella degli operai, degli spazzini, dei portieri. Tutte persone che dovevano lottare per vivere dignitosamente ma che comunque apprezzavano la vita e, dopo i tragici anni della guerra, la consideravano un paradiso.
Il libro mette anche in evidenza i numerosi problemi e le contraddizioni della società moderna industriale e la comicità delle novelle non fa altro che da sfondo alla critica di questa nuova società e di questo modo di vivere frenetico e monotono.

Marcovaldo rappresenta quella parte di noi che vuole evadere dallo stress cittadino e che cerca ancora in città le piccole cose che gli fanno sorridere, anche se non sempre le trova. Infatti come Marcovaldo voleva cercare la Natura nella sua città, così il lupo voleva addentare il coniglio. Entrambi però riuscirono soltanto a vedere i propri desideri ma non riuscirono a prenderli.



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