Italo Calvino. Vita e tre romanzi brevi -
materiale per tesine -
a cura di Claudio Di Scalzo
Italo Calvino nasce il 15 ottobre 1923 a Santiago de Las
Vegas, presso l'Avana. Il padre, Mario, è un agronomo di origine sanremese, che
si trova a Cuba per dirigere una stazione sperimentale di agricoltura e una
scuola agraria dopo venti anni passati in Messico. La madre, Evelina Mameli, di
Sassari è laureata in scienze naturali e lavora come assistente di botanica
all'Università di Pavia. Dal padre agronomo e dalla madre botanica riceve
un'educazione rigorosamente laica.
Nel 1927 nasce suo fratello Floriano, futuro geologo di fama
internazionale, mentre nel 1929 frequenta le scuole Valdesi, una volta che la
famiglia si trasferisce definitivamente in Italia stabilendosi a San Remo,
nella Villa Meridiana che ospita la direzione della Stazione Sperimentale di
Floricoltura, dove Calvino vive «fino a vent'anni in un giardino pieno di
piante rare ed esotiche». Nel 1934 supera l'esame per il ginnasio-liceo “G. D.
Cassini” e completa la prima parte del suo percorso scolastico.
Il primo contatto con la letteratura avviene all'età di
dodici anni, quando gli capita fra le mani il primo ed il secondo Libro della
giungla di Kipling. È un amore al primo colpo, una fulminea infatuazione per i
mondi esotici, le avventure e per le sensazioni fantastiche che può dare la
lettura solitaria di testi trascinanti. Si diletta anche a leggere riviste
umoristiche, cosa che lo spinge a disegnare lui stesso vignette e fumetti. In
quegli anni si appassiona al cinema, un amore che durerà per tutta la sua
adolescenza.
Intanto scoppia la guerra, un evento che segna la fine della
sua giovinezza, così come il declino della cosiddetta belle epoque in versione
sanremese. La sua posizione ideologica è incerta, tra il recupero di una
identità locale ed un confuso anarchismo. Tra i sedici ed i venti anni scrive
brevi racconti, opere teatrali ed anche poesie ispirandosi a Montale suo poeta
prediletto per tutta la vita. È nei rapporti personali e nell'amicizia con il
compagno di liceo Eugenio Scalfari, futuro direttore de La Repubblica, invece,
che cominciamo a crescere in lui interessi più specificatamente e politici.
Attraverso un intenso rapporto epistolare con Scalfari seguì il risveglio
dell'antifascismo clandestino ed una sorta di orientamento rispetto ai libri da
leggere: Huizinga, Montale, Vittorini, Pisacane e così via.
Nel 1941, conseguita la licenza liceale, Italo Calvino viene
avviato dai genitori agli studi di Agraria, che non porta a compimento. Per
quanto, infatti, tenti di seguire la tradizione scientifica familiare, ha già
«la testa alla letteratura». Inoltre, a interrompere gli studi si intromette la
guerra. Dopo l'8 settembre 1943, Calvino si sottrae all'arruolamento forzato
nell'esercito fascista, e assecondando un sentimento che nutriva fin
dall'adolescenza, si aggrega ai partigiani della Brigata Garibaldi, e fa così
«la prima scoperta del lancinante mondo umano». È opinione della critica più
accreditata che la sua scelta di aderire al partito comunista non derivò da
ideologie personali, ma dal fatto che in quel periodo era la forza più attiva
ed organizzata.
Dopo la liberazione, aderisce al Partito Comunista Italiano,
collabora a giornali e riviste, e si iscrive alla Facoltà di Lettere di Torino,
dove nel 1947 si laurea con una tesi su Joseph Conrad.
Nel 1946 comincia a gravitare attorno alla casa editrice
Einaudi, vendendo libri a rate. In quell'ambiente «interdisciplinare, aperto
alla cultura mondiale», matura la sua vocazione a «scrivere pensando ad uno
scaffale di libri non solo di letteratura».
Nel 1947 esordisce come scrittore, pubblicando, grazie a
Pavese, Il sentiero dei nidi di ragno (una ricognizione appunto del periodo
bellico e del mondo partigiano). A questo romanzo, con cui si rivela il più
giovane e dotato tra gli scrittori neorealisti, segue il volume di racconti
Ultimo viene il corvo (1949).
Negli anni Cinquanta e Sessanta svolge le funzioni di
dirigente nella casa editrice Einaudi e intensifica sempre più la sua attività
culturale e il suo impegno nel dibattito politico-intellettuale, collaborando a
numerose riviste.
Inoltre si impone nel panorama letterario italiano, come il
più originale tra i giovani scrittori, in seguito alla pubblicazione della
raccolta dei Racconti(1958), e soprattutto del volume I nostri antenati (1960),
che comprende la trilogia di romanzi fantastici e allegorici sull'uomo contemporaneo:
Il visconte dimezzato (1952), Il barone rampante (1957), e Il cavaliere
inesistente (1959). In questi anni pubblica anche l'importante saggio Il
midollo del leone (1955), e raccoglie e traduce Le fiabe Italiane che pubblica
nel 1956 Il '56, però, è assai importante per un altro fatto significativo e
cruciale nella vita di Calvino: i fatti di Ungheria, l'invasione della Russia
Comunista nell'inquieta Praga, provocano il distacco dello scrittore dal PCI e
lo conducono progressivamente a rinunciare ad un diretto impegno politico.
La sua creatività è invece sempre feconda ed inarrestabile,
tanto che non si contano le sue collaborazioni su riviste, i suoi scritti e
racconti (vince in quegli anni anche il Premio “Bagutta”), nonché la stesura di
alcune canzoni o libretti per opere musicali d'avanguardia come Allez-hop
dell'amico e sodale Luciano Berio. Insomma, un'attività culturale e artistica a
tutto campo.
Alla fine degli anni cinquanta risale anche il soggiorno di
sei mesi negli Stati Uniti, coincidenti con la pubblicazione della trilogia
“Nostri antenati”, mentre appare sull’importante rivista culturale letteraria
Il Menabò, che dirige insieme a Vittoriani, Il mare dell'oggettività (1959) e
La sfida del labirinto (1962). Nel 1963, anno della Neoavanguardia, pubblica,
oltre a Marcovaldo ovvero Le stagioni in città, il racconto costruito ancora su
schemi di tipo tradizionale La giornata di uno scrutatore, con cui si chiude il
ciclo apertosi all'incirca un decennio prima.
Nel 1964 avviene una svolta fondamentale nella vita privata
dello scrittore: si sposa con un'argentina e si trasferisce a Parigi, pur
continuando a collaborare con Einaudi. L'anno dopo nasce la sua prima figlia
Giovannea, che gli infonde un senso di personale rinascita ed energia. Nel 1965
nasce la figlia Abigail, ed esce il volume Le Cosmicomiche, a cui segue nel
1967 Ti con zero, in cui si rivela la sua passione giovanile per le teorie
astronomiche e cosmologiche. Il nuovo interesse per le problematiche della
semiotica e per i processi combinatori della narrativa trova espressione anche
ne Le città invisibili (1972), e ne Il castello dei destini incrociati (1973).
Intanto cresce il suo successo e il suo prestigio in tutto il mondo.
Negli anni Settanta – anni in cui nutre una residua speranza
nella ragione, pur avvertendo un degradarsi generale della vita civile italiana
e mondiale – Calvino pubblica numerosi interventi, prefazioni e traduzioni in
molte lingue, e collabora prima al Corriere della Sera, con racconti,resoconti
di viaggio ed articoli sulla realtà politica e sociale del Paese poi alla
Repubblica.
Nel 1976 tiene conferenze in molte università degli Stati
Uniti, mentre i viaggi in Messico e Giappone gli danno spunti per alcuni
articoli, che verranno poi ripresi in Collezioni di sabbia.
Nel 1979 esce il romanzo Se una notte d'inverno un
viaggiatore, che diviene subito un best seller.
Si trasferisce a Roma nel 1980 in piazza Campo Marzio ad un
passo dal Pantheon. Raccoglie nel volume Una pietra sopra gli scritti di
“Discorsi di letteratura e società” la parte più significativa dei suoi
interventi saggistici dal 1955 in poi.
Nel 1982 alla Scala di Milano viene rappresentata La vera
storia, opera scritta insieme al già ricordato compositore Luciano Berio. Di
quest'anno è anche l'azione musicale Duo, primo nucleo del futuro Un re in
ascolto, sempre composta in collaborazione con Berio.
Nel 1985, avendo ricevuto l'incarico di tenere una serie di
conferenze negli Stati Uniti (nella prestigiosa Harvard University), prepara le
ormai celeberrime “Lezioni Americane”, che tuttavia rimarranno incompiute, e
saranno edite solo postume nel 1988.
Durante il 1984 in seguito alla crisi aziendale dell'Einaudi
decide di passare alla Garzanti presso la quale appaiono Collezione di sabbia e
Cosmicomiche vecchie e nuove. Compie dei viaggi in Argentina e a Siviglia dove
partecipa ad un convegno sulla letteratura fantastica. Il 6 settembre del 1985
viene colto da ictus a Castiglione della Pescaia. Ricoverato all'ospedale Santa
Maria della Scala di Siena, muore il 19 settembre colpito da un'emorragia
celebrale.
Lo Stile di Calvino. Analisi dei seguenti romanzi:
La giornata di uno scrutatore, Marcovaldo, le stagioni in
città
“Eleganza”, “leggerezza”, “misura”, “chiarezza”,
“razionalità” sono i concetti a cui più usualmente si fa ricorso per definire
l'opera di Calvino; in effetti, essi individuano aspetti reali della
personalità dello scrittore anche se, al tempo stesso, rischiano di
sottovalutarne altri, ugualmente presenti e decisivi.
L'inclinazione fantastica, costante di tutta l'opera di
Calvino, rappresenta comunque la corda più autentica dello scrittore. In molte
delle sue opere, infatti, egli infrange una regola ferrea della vita (e di gran
parte della letteratura) che vuole da una parte la realtà, dall'altra la
finzione. Calvino, invece, spesso mescola i due piani, facendo accadere cose
straordinarie e spesso impossibili all'interno di un contesto realistico, senza
perdere colpi né sull'uno né sull'altro versante. Una delle sue
caratteristiche, infatti, è quella di saper mantenere, nei confronti della
materia trattata, un approccio leggero, trattenuto dall'umorismo, smussandone
gli aspetti più sconcertanti con un atteggiamento quasi di serena saggezza.
Italo Calvino tenne, nell’anno accademico 1985-1986, una
serie di sei conferenze per l’università di Harvard, Cambridge, nel
Massachussets, che si sarebbero rivelate una dichiarazione di fiducia nei mezzi
della letteratura e un tentativo di situare, nella prospettiva del nuovo
millennio, alcune virtù.
Calvino, in queste conferenze, si riallaccia alla realtà
contemporanea, che si rivela come un rappresentazione della realtà attraverso
la ricerca del significato dell’essere, che si scoprirà poi consistere nella
chiara affermazione della pesantezza del vivere, incatenati come si è da
milioni di costrizioni, alle quali può sottrarsi, secondo Calvino, solo
l’intelligenza pronta ed agile, dalle quali ci si può salvare solo imparando ad
assumere una molteplicità di punti di vista, cambiando, quando è necessario, il
proprio punto di osservazione del mondo.
Calvino ci avverte che siamo noi a determinare il peso
effettivo di ciò che circonda, poiché tutto quello che esiste, esiste in
rapporto a noi che lo viviamo: dal modo in cui interagiamo col mondo esterno,
deriva la qualità della nostra vita. Ora tutto ciò che ci circonda si rivela di
una pesantezza insopportabile, se ogni cosa ci lega e ci invischia impedendoci
di vivere liberamente, è perché nell’interazione tra noi e le cose, il rapporto
si è invertito: non siamo più noi ad assumere una posizione, a scegliere il
nostro punto di vista, ma sono le cose che ci assalgono e ci tolgono la facoltà
di esprimere un giudizio, di pensare. Ci lasciamo semplicemente sopraffare,
senza sfruttare la nostra capacità più alta, ossia l’intelligenza, intesa come
mobilità, come agilità, come esercizio continuo di verifica ed analisi della
realtà.
Come Perseo sconfigge la Medusa evitando di guardarla negli
occhi direttamente, ma non le sfugge, guarda il riflesso del suo viso in uno
specchio e così la vince: ossia, cambia punto di vista; fino a quel momento,
nessuno era potuto risultare vincitore del mostro, perché tutti avevano, prima
o poi, sollevato lo sguardo per fissarla: nessuno aveva cambiato il suo punto
di vista, e tutti erano stati trasformati in pietra. Poi, ecco Perseo, che per
combattere si serve dei venti, delle nuvole e, alla fine, vince il simbolo
della pesantezza usando l’astuzia, evitando l’esempio di tutti quelli che
l’avevano preceduto, usando un altro metodo.
LA GIORNATA D’UNO SCRUTATORE (1963)
L'opera è stata concepita nel 1953 ed è stata pubblicata nel
1963; l'autore ha dunque impiegato ben 10 anni a scrivere questo breve libro
parzialmente autobiografico (Calvino fece davvero lo scrutatore al Cottolengo
nelle elezioni, però, del ’61): un dato che può far riflettere sulla
complessità e sull'importanza degli argomenti da lui trattati.
Il racconto lungo di Calvino descrive appunto la giornata di
Amerigo, dal mattino piovoso in cui si reca al seggio alla conclusione delle
operazioni di voto e il suo incontro con quell'umanità desolata e con i
religiosi, che con ammirevole e talvolta muto spirito di servizio, li
assistono. Non succedono accadimenti particolari; il disbrigo delle operazioni
di voto assume il suo andamento normale, sonnacchioso, burocratico.
L’opera è ambientata a Torino, quasi esclusivamente in due
luoghi: l'edificio del “Cottolengo” nel quale si svolge la maggior parte della
storia e l'abitazione di Amerigo Ormea che svolge però un ruolo più marginale.
Nonostante gli spazi ristretti in cui la storia si svolge le descrizioni
dell'ambiente sono piuttosto numerose e dettagliate. Le descrizioni più
significative sono quelle che riguardano il “mondo-Cottolengo” mentre
l'abitazione di Amerigo è descritta in maniera piuttosto sommaria. Questo
perché grazie alla descrizione dell'ambiente e dei pazienti Calvino vuole farci
entrare in questo mondo a noi nascosto e difficile da comprendere che è il
mondo del Cottolengo. Si hanno descrizioni molto significative soprattutto
nella parte finale del libro, dal momento in cui Amerigo entra a far parte del
"seggio distaccato" che viene mandato nelle parti più nascoste
dell'edificio, tra le persone più deformi e nelle più gravi condizioni; qui le
descrizioni sono significative in quanto il libro in questa parte acquista il
suo maggiore significato simbolico. (aveva la sensazione d’inoltrarsi al di là
delle frontiere del suo mondo)
La storia si svolge durante le elezioni, svoltesi nel 1953,
nelle quali si votava per l'approvazione della cosiddetta “legge truffa”.
Il tempo è comunicato dall'autore all'inizio del libro ed
anche i luoghi sono descritti dallo stesso autore non appena il protagonista li
raggiunge.
Non si hanno, all'interno del testo, numerose varianti di
linguaggio; si può comunque riscontrare un linguaggio lievemente formale che
viene usato dal presidente ma non dagli scrutatori i quali usano invece un
linguaggio informale e più colorito sebbene nei limiti dell'educazione. Nei
discorsi di Amerigo con Lia si ha un linguaggio diverso che può essere definito
come “parlato familiare”. E' presente il linguaggio dialettale (quello
torinese) solo per quanto riguarda l'aggettivo cutu che deriva dal nome del
“Cottolengo” e col quale sono indicate a Torino le persone menomate. Nel
racconto si ha la presenza di un tono drammatico usato (anche se soltanto in
alcuni casi) per descrivere i pazienti, mentre le considerazioni di Amerigo
contengono notevoli sfumature di tipo ironico ed in alcuni casi sarcastico
riguardanti soprattutto il mondo della politica ed i collaboratori di Amerigo.
Il protagonista della storia è lo scrutatore comunista
Amerigo Ormea che si ritrova nelle elezioni del 1953 (quelle della cosiddetta
“legge truffa"), a fare lo scrutatore per conto di un partito della
sinistra che poi si rivelerà essere quello comunista. (l'avevano fatto
scrutatore: un compito modesto, ma necessario e anche d'impegno)
L'oggetto del desiderio consiste nella vittoria delle
elezioni. Ad una più attenta lettura si nota, però, che Amerigo non risulta
così interessato al successo politico (essendo poi così scarsa la possibilità
di vittoria nel contesto del “Cottolengo”) ma piuttosto ai suoi problemi di
uomo. Il libro è costituito dalla descrizione minuziosa degli oggetti e delle
persone che si avvicendano davanti allo sguardo attento dello scrutatore e
dalle riflessioni che i minimi avvenimenti della giornata determinano in lui. E
così il protagonista prende spunto da fatti minimali, in apparenza
insignificanti, per dare il via a una serie di interessanti e originali
meditazioni sui più svariati argomenti: la democrazia, le istituzioni, la
sofferenza, l'emancipazione femminile, la politica, l'amore, la metafisica, la
religione, la bellezza, l'evoluzione della specie, la beatitudine, il potere,
la donna, la lettura, la responsabilità della procreazione, la giustizia.
«A tutto ci si abitua (…) anche a veder votare i ricoverati
del “ Cottolengo”. Dopo un poco, già sembrava la vista più usuale e monotona,
per quelli di qua dal tavolo: ma di là,nei votanti, continuava a serpeggiare il
fermento dell’eccezione, della rottura della norma. (…) C’era dunque in questa
finzione di libertà che era stata loro imposta – si domandava Amerigo – un
barlume, un presagio di libertà vera? O era solo l’illusione, per un momento e
basta, d’esserci, di mostrarsi, d’avere un nome?»
Non conosciamo molto sulla sua occupazione, sappiamo
soltanto che, nella professione, all'affermarsi preferiva il confermarsi
persona giusta. Sappiamo, inoltre, che, il suo carattere lo portava verso una
vita più raccolta, piuttosto che all'attivismo professionale e politico. Un
personaggio piuttosto pacato e che adempie sempre ai propri doveri seppure in
alcuni casi senza troppa motivazione. Americo è un personaggio che, pur essendo
il protagonista non ci viene descritto dall'autore in maniera molto
dettagliata, soprattutto dal punto di vista fisiognomico. Dalle sue riflessioni
si può notare una conoscenza culturale molto vasta che spazia su vari campi: da
quello storico a quello politico, da quello letterario a quello filosofico. La
sua fede religiosa, seppur non dichiarata dall'autore non sembra
particolarmente forte in quanto la sua fiducia nei membri della chiesa è molto
limitata: egli ha il sospetto che tali ecclesiastici offrano un ricovero ai
loro ospiti per ricavarne in cambio dei voti a votare del partito di governo,
la Democrazia Cristiana, l'unico che gli è fatto credere tuteli i loro
interessi. Amerigo può simboleggiare un uomo qualsiasi che, a contatto con
qualcosa di più grande di lui, come il dolore e la menomazione che affliggono i
ricoverati nel Cottolengo, perde ogni propria convinzione; questo a dimostrare
che tutti i grandi ideali umani sono in realtà molto esigui se posti in
relazione con ciò che ci circonda e che non riusciamo a spiegarci.
Il ruolo degli altri personaggi è difficilmente
comprensibile, infatti nessuno di essi è descritto con molta precisione. Si può
comunque fare una divisione tra antagonisti e aiutanti del protagonista
limitandoci a tener conto del loro rispettivo schieramento politico e quindi
rifacendosi solamente all'interpretazione più letterale del racconto. Così
facendo risulta che Amerigo è aiutato unicamente dalla scrutatrice col golfino
arancione, mentre ha come antagonisti lo smilzo, la scrutatrice con la blusa
bianca, il prete, la monaca ed anche il presidente.All'introduzione di un nuovo
personaggio, l'autore ci comunica soltanto i pochi elementi, riguardanti il
fisico o l'abbigliamento, che sono necessari per distinguere un personaggio
dall'altro. In seguito, osservando il loro comportamento il lettore può capire
qualche altro elemento a loro riguardo anche se l'interesse dell'autore è molto
incentrato sul percorso del protagonista. La descrizione risulta dunque una
combinazione tra descrizioni dirette e indirette dei personaggi. Non sono
comunicati i nomi dei personaggi se non quelli di Amerigo e di Lia.
A metà giornata fa un breve rientro nella sua spoglia
abitazione di scapolo maturo e telefona alla sua ragazza, Lia, con la quale gli
riesce più facile intrattenere rapporti quando se la raffigura nella sua
fantasia che quando interagisce direttamente con lei. Lia gli comunica,
telefonicamente, quasi con noncuranza, di essere incinta, disorientandolo e
facendogli perdere la sua assorta concentrazione. Lia è una ragazza che il
protagonista definisce "prelogica", naturale ed immediata, poco
incline alle speculazioni del pensiero «Ecco... per lei non conta la logica
della ragione ma solo la logica della fisiologia». Riesce difficile ad Amerigo
coinvolgerla nel suo mondo interiore dominato dal pensiero e dalla riflessione.
Si ha la presenza di un solo narratore, esterno alla storia
anche se la sua affinità ideologica con Amerigo si può notare in più di un
frangente. Questo pur essendo esterno alla storia non è onnisciente in quanto
ignora fatti che hanno un'importanza, seppure piuttosto marginale, all'interno
del racconto. Egli non conosce i nomi di alcuni dei personaggi, come anche
altri elementi che li riguardano. Nella descrizione dei componenti del seggio
(come anche in altre occasioni) il narratore si limita infatti a fare delle
supposizioni riguardo all'età, al mestiere e ad altri particolari che
riguardano gli scrutatori: ipotizza, ad esempio, che la scrutatrice vestita di
bianco sia vedova, osservando il ritratto che essa porta sul petto. Ciò che il
narratore conosce ricalca molto da vicino ciò che conosce anche Amerigo con il
vantaggio però di aver narrato la vicenda dopo la sua conclusione e conoscendo
per cui alcuni particolari con maggior precisione. Si può dunque dire che, per
quanto riguarda strettamente la vicenda, il narratore conosce più degli altri
personaggi.
Il punto culminante della narrazione è quello in cui
Amerigo, ormai membro del "seggio distaccato", constatando le
condizioni delle persone ricoverate nelle più nascoste zone dell'edificio, si
dimostra un uomo diverso rispetto all’Amerigo uscito di casa alle cinque e
mezzo del mattino, denotando una personalità molto meno distaccata da ciò che
lo circonda e ponendosi problemi di maggiore importanza rispetto a quelli più
"pratici" da lui avuti in precedenza.
«Nel mondo-Cottolengo Amerigo non riusciva più a seguire la
linea delle sue scelte morali o estetiche. Costretto per un giorno della sua
vita a tener conto di quanto è estesa quella che viene detta la miseria della
natura sentiva aprirsi sotto ai suoi piedi la vanità di tutto».
Il tema centrale riguarda l'idea dell'autore dell'assurdità
dell'aspetto della democrazia che permette il voto ai deficienti ed ai
paralitici i quali secondo lui appartengono ad un mondo a se stante. Questo è
dichiarato esplicitamente dall'autore in una presentazione del libro, scritta
in occasione dell'uscita della sua opera. In tale presentazione, l'autore
afferma però di non trattare per intero questi temi così impegnativi bensì di
sfiorarli soltanto.
MARCOVALDO, LE STAGIONI IN CITTÀ (1963)
Marcovaldo è un neologismo che nasce dalla fusione di due
nomi, così come nasce il libro stesso di Calvino, frutto di unione tra realtà e
immaginazione, vero e verosimile, satira e sarcasmo.
I racconti dedicati al personaggio di Marcovaldo hanno una
storia particolare, ma non infrequente in Calvino: dieci testi escono nel 1958
(nella raccolta Gli amori difficili), altri dieci escono nel 1963 (nella
raccolta Marcovaldo) assieme ai precedenti, che però vengono ora collocati in
un ordine diverso e rifusi in una struttura che ha caratteristiche diverse da
quella originaria.
Questo libro di Calvino non è un racconto unico; si articola
infatti in 20 novelle, in cui il ciclo delle stagioni si ripete per cinque
volte. Esse, raccontate da un narratore onnisciente, hanno sempre un finale
comico e ironico, che fa sorridere da una parte ma piangere dall’altra. In esse
si parla della vita del protagonista in un anno; una vita banale e fatta di
stenti ambientata in una città industriale degli anni 60 durante il boom
economico.
Marcovaldo è un operaio addetto al carico e scarico delle
merci in una ditta che si chiama S.B.A.V, venuto dalla campagna in città per
trovare lavoro, ha una moglie, Domitilla che mette a freno tutte le idee del
marito, e quattro figli pestiferi da mantenere ed è sempre senza un soldo. È un
personaggio “buffo e melanconico”, molto ingenuo infatti “smemorato com’era
svitava sempre il coperchio con curiosità e ghiottoneria”. È però un uomo
forte, che affronta mille disavventure senza disperarsi, con coraggio, si sa
adattare e sa godere anche di piccole cose, come i bambini. È un personaggio a
tutto tondo che rappresenta l’uomo medio dell’epoca che era appena uscito dal
dramma della seconda guerra mondiale. Trasferitosi in città Marcovaldo vi cerca
la natura, l’unico in realtà ad accorgersene, ma può solo sognarla immerso
com’è tra l’inquinamento urbano.
Cartelli, semafori, vetrine, insegne luminose, manifesti,
anche se studiati per cogliere l’attenzione, non riescono a colpire il suo
sguardo, però una foglia che ingiallisce su un ramo, una piuma che si impiglia
ad una tegola non gli sfuggono mai. In mezzo al cemento e all’asfalto della
città inquinata, egli crede ogni tanto di rivedere un po’ della campagna
lontana, ma si tratta di una illusione e i suoi entusiasmi vengono sempre
mortificati. Infatti la natura, in città, sembra essere deformata, alterata,
compromessa con la vita artificiale, non è la natura che ha forse conosciuto da
bambino e che vorrebbe far amare anche ai suoi figli.
Egli cerca di mantenere dignitosamente la sua famiglia, ma
tutti i suoi tentativi di trovare un po’ di fortuna e di stare un po’ meglio,
finiscono sempre per prendere una piega bizzarra e ironica. Come ad esempio
nella prima novella “Funghi in città”. Marcovaldo scopre e raccoglie dei funghi
cresciuti sulla striscia d'aiola d'un corso cittadino. È tutto eccitato dalla
sua scoperta e gli parve che il mondo grigio e misero che lo circondava diventasse
tutt’ a un tratto generoso di ricchezze nascoste. I funghi furono ben presto
notati anche da Amadigi, l’operatore ecologico già antipatico a Marcovaldo per
il suo lavoro di “cancellatore” di tracce naturali. Ma quando è finalmente
arrivato il momento di farsi una bella mangiata di funghi, essi si rivelano
velenosi e tutta la famiglia si ritrovano in ospedale.
O come nell’episodio in cui ruba un coniglio e scopre che è
contaminato da un virus, e così in tutti gli episodi, dove ogni volta si illude
di aver ottenuto qualcosa ma poi si accorge che non è cambiato nulla.
Il libro narra di una storia molto originale e più profonda
di quello che appare. È un romanzo realista e sociale che ritrae una fetta di
società di quegli anni: la classe sociale a cui appartiene Marcovaldo, quella
degli operai, degli spazzini, dei portieri. Tutte persone che dovevano lottare
per vivere dignitosamente ma che comunque apprezzavano la vita e, dopo i
tragici anni della guerra, la consideravano un paradiso.
Il libro mette anche in evidenza i numerosi problemi e le
contraddizioni della società moderna industriale e la comicità delle novelle
non fa altro che da sfondo alla critica di questa nuova società e di questo
modo di vivere frenetico e monotono.
Marcovaldo rappresenta quella parte di noi che vuole evadere
dallo stress cittadino e che cerca ancora in città le piccole cose che gli
fanno sorridere, anche se non sempre le trova. Infatti come Marcovaldo voleva
cercare la Natura nella sua città, così il lupo voleva addentare il coniglio.
Entrambi però riuscirono soltanto a vedere i propri desideri ma non riuscirono
a prenderli.
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