giovedì 23 aprile 2015

La donna nella storia. Femminismo. Donna e Islam. Materiali per tesine a cura di Claudio Di Scalzo

La figura femminile nel secondo dopoguerra

Questo breve viaggio abbraccia l’arco di tempo trascorso dalla fine della Seconda guerra mondiale ad oggi e che quindi ci porterà verso l’incerta linea di confine che separa la storia dalla cronaca. Negli anni fra le due guerre vengono ripresi e approfonditi molti dei temi culturali che erano balenati nella complessa ricerca del primo 900. La nostra letteratura si svolge, in questo periodo, nell'atmosfera oscurantistica e oppressiva del Fascismo. Vi furono intellettuali che tradirono la loro missione per piegarsi all'adulazione servile e alle esigenze della propaganda, ma la maggioranza dei nostri scrittori più vivi (ad esempio Eugenio Montale e Cesare Pavese) furono scrittori d'opposizione.
Durante gli anni ‘60 i mutamenti demografici, economici e sociali portarono in tutto l’Occidente a una nuova ondata di femminismo. La diminuzione del tasso di mortalità infantile, l’aumento generalizzato della speranza di vita e la diffusione della pillola contraccettiva alleviarono il carico di responsabilità e lavoro delle donne relativamente alla cura dei figli. Questi mutamenti, combinati da una parte con l’inflazione (che comportò per molte famiglie la necessità del doppio stipendio) e dall’altra con l’aumentato numero di casi di divorzio, indussero un numero crescente di donne a entrare nel mondo del lavoro. Il movimento femminista in quegli anni mise in discussione le istituzioni sociali e i valori dominanti, fondando le proprie critiche su studi che dimostravano l’origine culturale e non biologica delle supposte differenze tra uomo e donna.
Il primo documento del femminismo italiano porta la data del 1° dicembre 1966 e si intitola “Manifesto programmatico del gruppo Demau”. Demau era l’abbreviazione di Demistificazione dell’autoritarismo patriarcale. In realtà né il gruppo né il suo manifesto avevano molto a che fare con la demistificazione dell’autoritarismo. Il tema centrale del manifesto, come dei testi che gli faranno seguito nel ‘67 (“Alcuni problemi sulla questione femminile”) e nel ‘68 (“Il maschile come valore dominante”), è la contraddizione tra donne e società.
Il principale bersaglio polemico del Demau è la politica di “integrazione della donna nell’attuale società”. La polemica è indirizzata specialmente alle numerose associazioni e movimenti femminili che si interessano della donna e della sua emancipazione.
Coerentemente, le autrici attaccano i trattamenti di favore, leggi o altri provvedimenti, riservati alle sole donne perché queste, volendo o dovendo inserirsi nel mondo del lavoro, possano continuare ad assolvere il tradizionale ruolo femminile. Nella società in cui si inserisce la donna scopre inevitabilmente che il femminile è “privo di qualsiasi valore sociale”. Avviene di conseguenza che la singola, trovandosi confrontata con la sfera del maschile, abbia la sola alternativa di “mascolinizzarsi” o rifugiarsi nel vecchio ruolo femminile. In ogni caso la sostanza del potere maschile e della società che su di esso si basa rimane immutata.

A metà degli anni ‘60 negli USA gli studenti delle università incominciarono un movimento di contestazione, che si allargò velocemente, a macchia d’olio. Gli studenti avevano iniziato a protestare contro il governo degli USA perché aveva partecipato alla guerra tra il Vietnam del Nord e il Vietnam del Sud, a fianco di quest’ultimo. I ragazzi non erano d’accordo con la guerra. Il loro pacifismo trovò come forma di protesta la disobbedienza civile. Scelsero cioè di disobbedire a quelle leggi dello stato, che andavano contro la loro coscienza, rischiando per questo di frequente la prigione. Da forma di protesta contro il governo, il movimento degli studenti divenne ben presto qualche cosa di più e di molto più esteso. Si incominciò a discutere che significato avesse la politica. Che cosa fosse pubblico e che cosa privato. Si andò formando un movimento liberatorio. Le donne contribuirono a questo movimento in modo originale. Scelsero una strada autonoma, in quanto, pur partendo anche loro dalla contestazione nei confronti delle gerarchie, misero in evidenza che quelle gerarchie erano composte in genere e per la maggior parte di uomini e che dunque i principi e le norme che regolavano la società erano scelti e sostenuti più dagli uomini che dalle donne. Esisteva, secondo loro, un intreccio molto stretto tra dominio sociale e sessualità maschile. Per questo la pratica che queste donne scelsero fu quella di separarsi con un gesto chiaro anche dal movimento politico degli studenti: anche i capi di questo movimento erano uomini.
Separarsi politicamente significava organizzare incontri di riflessione solo fra donne, escludendo decisamente qualsiasi presenza maschile. Nel discutere tra loro le donne si esponevano personalmente in tutte le sfaccettature della loro esperienza. Non si trattava infatti soltanto di contestare una legge dello stato, una gerarchia, ma di saper vedere anche nella propria vita di ogni giorno i segni del predominio maschile. Significava perciò analizzare insieme alle altre gli amori, le fantasie, i legami affettivi nella famiglia e nelle amicizie. Se il dominio era un dominio maschile, esso attraversava non solo la vita pubblica ma anche quella privata.

Alla fine degli anni ‘60 il movimento degli studenti si diffuse in tutta l’Europa, sia quella democratica che quella comunista. In Italia, in Francia, in Germania questo movimento antigerarchico e di contestazione delle leggi si mescolò con i diversi movimenti comunisti, che si opponevano anch’essi alle leggi e alle gerarchie, ma con lo scopo ben preciso di costruire una nuova forma di comunismo. Il maggio del ‘68 a Parigi fu il momento dell’esplosione della contestazione in Francia e fu come un segnale per il resto d’Europa.
Agli inizi degli anni ‘70, le donne europee ripresero le pratiche già sperimentate dalle donne statunitensi: fecero propria sia la critica alle gerarchie come generalmente maschili sia il separarsi dagli uomini per ragionare tra donne di sé e di quello che stavano vivendo.
In Italia si riconosce generalmente a Carla Lonzi non solo di aver fatto conoscere le scelte delle americane ma soprattutto di aver ragionato a fondo sulla pratica della conoscenza di sé nei gruppi di donne.
Nel 1970 l’uguaglianza non era ancora raggiunta e già si doveva sopportare, oltre alla perdurante discriminazione, il peso nuovo di un inserimento sociale alla pari con l’uomo. Era troppo e quasi bruscamente la prospettiva di portarsi alla pari con l’altro sesso perse le sue attrattive. Alcune, molte, le voltarono le spalle per aprirsi una strada tutta diversa, quella del separatismo femminile. Da sempre, si può dire, le donne hanno l’abitudine di trovarsi fra loro per parlare delle loro cose al riparo dall’orecchio maschile.
Dal femminismo viene la proposta entusiasmante di abbattere strutture e assunzioni inaccettabili, per lasciare fluire i veri pensieri e i sentimenti. Le donne non devono più adeguarsi alle opinioni altrui, “abbiamo finalmente trovato la libertà di pensare, dire, fare ed essere ciò che noi decidiamo. Compresa la libertà di sbagliare”, che per alcune è stata la cosa più liberatoria.
Fino al 1975 circa i gruppi autonomi di donne sono stati gruppi la cui attività principale consisteva nel parlare. Intorno al 1975 cominciarono a costituirsi gruppi che si dedicarono alla realizzazione di qualcosa, come librerie, biblioteche, case editrici, luoghi di ritrovo. Nasce la cosiddetta pratica del fare tra donne. Nell’ottobre del 1975 si apri a Milano la “Libreria delle donne”, dopo dieci mesi circa di preparazione.
La Libreria sarà dunque un “centro di raccolta e di vendita di opere delle donne”.
La scelta di tenere e vendere soltanto opere di donne viene motivata con l’importanza che ha avuto e ha per noi il conoscere ciò che altre hanno pensato prima di noi e con il proposito di privilegiare i prodotti del pensiero femminile contro il misconoscimento sociale del loro valore.
In quello stesso anno, a Milano, nasce la casa editrice La Tartaruga, dedicata alla letteratura femminile. Primo titolo del catalogo, Le tre ghinee di Virginia Woolf. Si cominciò con la scelta delle scrittrici e dei romanzi da leggere. Le preferite risultarono essere Jane Austen, Emily Brontë, Charlotte Brontë,Elsa Morante e Virginia Woolf.
Le donne nel femminismo riprendono idee della psicoanalisi e del materialismo, ma in forma originale, perché ciò che le guida è seguire la via che porta alla consapevolezza di ciò che si è senza doversi inventare diverse da sé né migliorarsi per raggiungere un altro modo di essere.

La cornice storica della fine degli anni ‘60 e dell’inizio dei ‘70 ci serve per meglio comprendere il testo che è al centro della filosofia di quegli anni:Speculum. L’altra donna di Luce Irigaray. Guardando più specificatamente al panorama della produzione italiana contemporanea, notiamo che è da sempre viva, nel nostro paese, una letteratura scritta da donne per le donne: si tratta per lo più di opere narrative, che soprattutto per le tematiche affrontate coinvolgono in modo praticamente esclusivo l’universo femminile. La novità degli ultimi decenni in questo ambito consiste soprattutto nell’innalzamento qualitativo di queste opere, che fa seguito probabilmente alla maggiore preparazione culturale raggiunta dalle donne, oltre che alla loro più cosciente maturità. Rientrano in questa categoria, più o meno programmaticamente, tutti quei romanzi incentrati sulle vicende biografico-sentimentali di eroine dei nostri giorni che tanto successo ottengono in sede di premi letterari: si pensi, per un esempio significativo al best-seller di Susanna Tamaro Va’ dove ti porta il cuore (1993).
Non possiamo risalire il corso del tempo fino ad arrivare prima di quel momento in cui la nostra differenza dall’uomo fu interpretata come un essere da meno. Non faremo dipendere la libertà femminile, la nostra e quella delle nostre simili, dai progressi di una cultura che da tempo immemore si è nutrita di disprezzo per il nostro sesso. Faremo viceversa. Ci legheremo in un patto di libertà con le nostre simili affinché la società si liberi dal disprezzo per il sesso femminile. Le donne per sopravvivere si sono date e si danno un aiuto materiale e simbolico così elementare che, se viene a mancare, non c'è garanzia sociale che possa sostituirlo, né religione, né leggi, né galateo.


Eventi che hanno caratterizzato
l’emancipazione femminile

Nel secolo XIX cominciarono a comparire in Inghilterra e negli Stati Uniti i primi movimenti e gruppi di cosiddette “sufragette”. Erano le donne che prendevano coscienza dei propri diritti e reclamavano la possibilità di votare. L'obiettivo era che il suffragio fosse realmente universale, e non universale solo degli uomini. È logico che tale movimento ebbe il suo sorgere negli stati in cui già da tempo era in vigore l'esercizio della democrazia rappresentativa, anche perché spesso in quella società persisteva un'oppressione puritana dalla quale le donne volevano giustamente liberarsi (vedi La lettera scarlatta diNathaniel Hawtorne e soprattutto i romanzi di Virginia Woolf). Queste idee si realizzarono all'inizio del secolo XX, con le prime leggi che concedevano quel diritto appunto in quegli stati.
E in Italia? Si dovette aspettare il 2 giugno 1946 per vedere riconosciuto questo diritto, in verità più per la presa di coscienza di alcuni uomini politici illuminati e di poche donne politiche, come Nilde Jotti, che non per la presenza di un vero e proprio movimento femminile nel nostro paese. Quest'ultimo si ebbe solo sull'onda delle manifestazioni studentesche del 1968, con la nascita dei primi collettivi femministi. Si passò in pochi anni da canzoni come “Non ho l'età” ad altre di carattere opposto, come “Non sono una signora”. Molte più donne incominciarono perfino a far politica, soprattutto nei ranghi del Partito Radicale, come Adele Faccio e la giovane Emma Bonino, o dei partiti della sinistra, ma anche della Democrazia Cristiana, come Tina Anselmi, che fu anche il primo ministro donna della nostra repubblica. In questa fase il processo di emancipazione non investì più solo il piano della rappresentanza politica, ma si spostò in tutti i campi della società. Si arrivò allora a dichiarazioni “radicali”, del tipo: «l'utero è mio e me lo gestisco io» a «l'uomo a casa e la donna al lavoro», ecc.
Sembrava che la donna, per liberarsi, dovesse abbandonare il ruolo di madre e tutta la sua femminilità. In fondo anche questa poteva diventare una vittoria dell'uomo, che riusciva a rendere “maschile” anche l'altro sesso. Molti film insistono ancora oggi su una immagine virile della donna, che diventa poliziotto, soldato, e supera l'uomo in un campo che non è il suo (la violenza e la sopraffazione). In altri film commerciali la donna torna ad essere oggetto stupido e inconsapevole nelle mani dell'uomo gaudente (vedi le varie serie diVacanze di Natale e simili). Forse sono le donne-registe come Jane Campionle uniche che riescono a descrivere l’universo femminile con intensità senza cadere negli slogan. Dal punto di vista politico, qualche anno fa è nato il ministero delle pari opportunità, proprio perché talvolta le affermazioni di diritto non coincidono con quelle di fatto, e le donne faticano ancora oggi ad occupare tutti i posti che sono ricoperti dagli uomini. Il cammino, a quanto pare, è ancora lungo.


La Donna e l’Islam

La tragedia americana dell’11 settembre, con le migliaia di vittime del terrorismo islamico, ha riproposto drammaticamente il tema dei rapporti tra Oriente e Occidente e richiamato l’attenzione sulla situazione della vita all’interno di paesi di religione musulmana.
La curiosità e gli interrogativi maggiori di noi europei, riguardano il ruolo della donna nei paesi dell’Islam. Le donne che vediamo in televisione o nelle fotografie dei giornali, interamente coperte dalle loro vesti e con il velo che copre i loro visi ci fanno immaginare una realtà contemporanea diversa dalla nostra, con un mondo femminile completamente sottomesso a quello maschile. C’è stata, sicuramente, una certa evoluzione negli ultimi anni e le donne hanno assunto ruoli pubblici e professionali proibiti in passato, ma la tradizione vuole una donna considerata inferiore all’uomo resiste tuttora. Rimane un retaggio di un mondo passato anche se si aprono particolarmente in alcuni paesi prospettive di cambiamento, mentre in altri si devono fare i conti con regimi repressivi dove alle donne è vietato uscire dalle case senza autorizzazione e sono in pratica sepolte sotto i burqua, quelle vesti che coprono anche gli occhi.
In altri paesi la situazione è molto differente e la presenza femminile è ormai simile a quella che si riscontra nel resto del mondo, ma ci sono settori rimasti inaccessibili alla partecipazione femminile, quali l’esercito, la burocrazia, la giustizia. L’obbligo del velo nella maggior parte dei paesi islamici è tuttavia ancora presente, e di questa imposizione si è occupato anche Amnesty International in un rapporto sulla donna nel 1995. Nella società occidentale il velo delle donne islamiche viene interpretato come simbolo dell’oppressione e allo stesso tempo dell’arretratezza della società di quei paesi che l’impongono.
Un altro problema è quello della dignità matrimoniale: la donna spesso viene assegnata ad un giovane. Il matrimonio è combinato dai genitori e i figli devono sottostare senza possibilità di dissenso. L’idea della donna, nei paesi dell’Islam, sia considerata un essere inferiore e debole è assai diffuso anche nella letteratura.
Già nel 1859 Gustav Flaubert in una lettera alla sua amica Louis Colet così scriveva: «La donna orientale è una macchina e niente più; non trova differenza tra un uomo e un altro uomo».


Tappe storiche dell'emancipazione femminile in Italia

1678      Lucrezia Cornaro, giovane di vastissima cultura (parla correntemente 6 lingue ed è studiosa di teologia e filosofia), diventa, per incarico della Repubblica di Venezia, la prima professoressa universitaria.
1758      La bolognese Anna Morandi, occupa la cattedra di anatomia all'Università di Firenze.
Nei moti carbonari del 1821 si distingueranno le donne chiamate in codice “giardiniere”, ma si tratta soltanto di casi isolati, in generale, nelle donne si continua a vedere solo qualcuno da destinare alla cura della casa e dei figli, da tenere lontano dalle attività politiche e sociali.
1889      Viene fondato a Varese il primo sindacato femminile che difende i diritti delle tessitrici.
1907      Entra in vigore la prima legge sulla tutela del lavoro femminile e minorile. La prima donna italiana, la torinese Ernestina Prola, ottiene la patente per la guida automobilistica.
Maria Montessori fonda, nel quartiere popolare di S. Lorenzo, a Roma, la prima “casa del bambino”.
1908      Anno di fondazione dell'Unione Donne di Azione Cattolica (UDACI), che cerca di opporsi alla laicizzazione della scuola e di promuovere la cultura femminile.
1912      Sulla scia della Lega Socialista, nata agli inizi del secolo, si costituisce l'Unione nazionale delle donne socialiste. Da qualche tempo esule in Italia, Anna Michailovna Kuliscioff, a fianco di Filippo Turati, lavora per inserire la donna nella vita politica e affinché lo Stato riconosca i suoi diritti. Nel “Primo Congresso delle Donne Italiane”, al quale parteciparono tanto le donne cattoliche quanto le socialiste, le ideologie e le mete, però, differiscono troppo fra loro e ciascun gruppo intraprende strade differenti, perseguendo obbiettivi diversi.
1918      Nasce la Gioventù Cattolica, destinata a formare le giovani dall'infanzia fino ai 30 anni alla vita religiosa e sociale.
1931      Il Fascismo abolisce tutte le associazioni cattoliche e solo dopo la ferma presa di posizione di Pio XI, permetterà loro di vivere a condizione che esse abbiano solo uno scopo religioso.
Tuttavia la seconda guerra mondiale, assai più della prima, porterà la donna, ad occupare anche posti di grande responsabilità civile considerati fino a quel momento soltanto “maschili” ottenendo non di rado risultati anche migliori. L'apporto dato dalla donna alla Resistenza è stato spesso insostituibile.
1945      Nascono il Centro Femminile Italiano (CIF) che si propone di ottenere la ricostruzione della Patria, devastata dalla guerra e impoverita già precedentemente dalla politica ambiziosa di Mussolini, attraverso la giusta valorizzazione delle risorse femminili, e l'Unione Donne Italiane (UDI), propaggine del Partito Comunista, che si propone di coinvolgere attivamente le donne nella vita del Paese.
Anche in Italia (1946) dopo Svezia (1866), Finlandia (1906), Norvegia (1909), Danimarca (1915), U.R.S.S. (1917), Inghilterra (1918), Stati Uniti (1920) e Francia (1945) fu riconosciuto alle donne il diritto di voto.
1950      Viene emanata la prima legge che garantisce la conservazione del posto di lavoro per la lavoratrice madre.
1951      Angela Cingolani, democristiana, è la prima donna sottosegretario d'Italia.
1958      È approvata dal Parlamento, una legge, proposta dalla senatrice Lina Merlin (socialista), in cui si sancisce la chiusura dei bordelli, la legge che aveva lo scopo di eliminare dal Paese la piaga della prostituzione, mostra subito i suoi limiti, infatti la prostituzione dalle famose “case chiuse”, si riversa nelle strade, non diminuendo affatto il giro di affari.
1959      Nasce il Corpo di Polizia femminile.
1961      Le donne possono intraprendere senza più ostacoli la carriera della magistratura e della diplomazia.
1963      Alle casalinghe viene riconosciuto il diritto alla pensione di invalidità e vecchiaia.
1975      Entra in vigore il nuovo Diritto di famiglia.
1976      Per la prima volta in Italia una donna, la democristiana Tina Anselmi, assume la carica di Ministro di un settore piuttosto difficile: quello del Lavoro.
1979      Leonilde Jotti (comunista) è eletta presidente della Camera dei Deputati italiana. La francese Simone Weil, è eletta presidente del Parlamento Europeo.

Le tappe dell'emancipazione femminile in Italia, da questo momento in poi, si susseguono una dietro l'altra con un ritmo incalzante.
Il ruolo della donna, nonostante ci sia ancora tanta strada da percorrere, è giunto ad avere un pieno riconoscimento in tutte le società occidentali.
Non dobbiamo dimenticare, però, che molto è stato fatto e che parecchi obiettivi sono stati raggiunti, grazie soprattutto al lavoro e all'impegno di molte donne, che hanno contribuito lavorando senza raggiungere la fama, nell'ombra, con il loro quotidiano impegno, a volte con sacrificio, affinché ci fosse uguaglianza effettiva e non soltanto a parole fra i sessi.



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