IL ’68 NEL MONDO. IL ‘68 IN ITALIA
(a cura di Claudio Di Scalzo)
Il Vietnam resta l’esempio unico
di una guerra che fu combattuta non solo nella giungla e nelle risaie, ma nelle
strade, nelle piazze e nelle università di tutto il mondo. La sconfitta Usa da
lì ebbe origine, più politica che militare.
Solo più tardi sarebbe arrivata
la delusione: presto il Vietnam finì di rappresentare un simbolo e una
speranza.
In Spagna è all'ordine del giorno
l'uscita dalla dittatura del generalissimo Franco. Studenti e operai sono
l'elemento scatenante di un sovvertimento istituzionale che si concluderà più
tardi con il ritorno a una forma di monarchia costituzionale. Università e
Asturie i punti caldissimi del 68 spagnolo, con la nascita delle Comisiones
Obreras.
In Italia il sessantotto nasce
prima, nelle università occupate, e si prolunga dopo, fino all'autunno operaio
del 1969 che segna il momento di massimo scontro sociale nell'Italia del
dopoguerra. Una caratteristica del 68 italiano è la forte interazione, molto
polemica, con la cultura e le forme della politica dei partiti della sinistra.
L'altra è la durezza delle repressioni di polizia sia verso gli studenti che
verso gli operai.
Da marzo al 19 agosto: Polonia e
Cecoslovacchia provano a rinnovare il loro socialismo reale. Alla testa ci sono
anche qui studenti e operai, ma anche dirigenti come Dubcek che credono
possibile riformare il sistema stalinista che ai loro paesi era stato imposto.
Durerà fino ai carri armati e fino al rogo, sulla piazza Venceslao, dello
studente Jan Palach il 16 gennaio 1969.
Le radici sono a Berkeley,
California, nel movimento antiautoritario per la libertà di parola. Ma nel 68
il movinento Usa si fa anche nero, nei ghetti, e pacificista, nelle università
bianche. Due facce della contestazione che non si incontreranno mai per
davvero. Pantere nere da una parte, fin sul podio di Città del Messico,
radicals dall'altra.
La rivoluzione politica e morale
del popolo tedesco contro le ombre della democrazia autoritaria e del passato
nazista. Studenti dell'Sds contro l'editore Springer e la sua campagna di odio.
L'attentato a Rudi Dutschke, la legislazione d'emergenza e la nascita della
Raf.
Un paese in mano agli studenti.
Il regime gollista sembra vacillare, dopo avere scatenato la polizia per il
Quartiere Latino e le università. E' il Maggio, una stagione felice cui seguirà
tuttavia il ritorno di De Gaulle con un memorabile discorso alla pancia della
nazione e il ritorno della Quinta Repubblica.
La Cina suggerisce all'Occidente
un comunismo "non imborghesito", diventa l'emblema di un terzo mondo
rurale e rivoluzionario. Il maoismo, le Comuni popolari, la frattura con
l'Urss, i Cento fiori, la Rivoluzione culturale. Un paese mitico e un po'
sconosciuto. Qui, il 68 è in realtà l'anno in cui gli studenti escono di scena,
l'anno della normalizzazione della Rivoluzione culturale.
Nel novembre del '68 il corteo
per il funerale dell'anziano Papandreu, a capo del governo prima del colpo di
stato dell'aprile 1967, si trasforma in una manifestazione contro la giunta dei
colonnelli. Sarà l'ultima insurrezione fino al novembre del 1973, quando ad
Atene gli studenti del Politecnico si barricano all'interno dell'università. La
fine della rivolta coincide con la caduta della dittatura militare di Papadopoulos.
Negli anni Sessanta, guerriglie e
rivolte studentesche da una parte e autoritarismo militarista dall'altra
percorrono in modo trasversale quasi tutti i paesi dell'America Latina. La
Rivoluzione cubana. Che Guevara. Il massacro a piazza delle Tre culture di
Città del Messico. Fino al golpe di Pinochet in Cile, nel '73. Il
capitalismo-imperialismo tornerà a dominare, Cuba esclusa, l'intera area.
La nascita della nuova sinistra
in Giappone, che precede di un decennio il 68, è intrecciata al periodo di occupazione
americana. La lega nazionale degli studenti (Zengakuren) individua nella
riorganizzazione autoritaria del capitalismo giapponese e nella sua alleanza
con l'imperialismo Usa i principali ostacoli a una vera democratizzazione. Nel
68, a fine ottobre, Tokyo è assediata da studenti e operai. Poi, inizia la
"ricomposizione" della società giapponese.
La London School of Economics
(Lse), epicentro della rivolta studentesca tra il '67 e il '69. Il congresso
"Dialettiche della liberazione". Le manifestazioni contro la guerra e
la campagna contro le armi batteriologiche. Ma la Gran Bretagna è soprattutto
il luogo dove nasce il nuovo costume. I rockers, i mods e i Beatles.
IL ’68 ITALIANO
Il sessantotto italiano inizia
con qualche mese di anticipo sul calendario e si prolunga ben oltre il 31
dicembre. Il profondo sommovimento iniziato in quell'anno durerà infatti oltre
un decennio, e coinciderà con una radicale modernizzazione complessiva del
paese. Ad accendere la miccia sono gli studenti universitari. Nell'autunno del
1967 occupano gli atenei di tutte le principali città del centro-nord, con la
sola esclusione di Roma.
Nel mirino della contestazione ci
sono sopratutto la connotazione classista del sistema dell'istruzione,
denunciata anche da una parte del mondo cattolico a partire da don Lorenzo
Milani autore del severo atto d'accusa Lettera a una professoressa, e
l'autoritarismo accademico, interpretato come addestramento a un consenso e a
una passività globali, per nulla limitati allo specifico universitario.
La critica del movimento
studentesco, i cui principali testi teorici vengono elaborati nelle università
di Pisa, Torino e Trento, si appunta tanto contro il sistema capitalistico quanto
contro le organizzazioni della sinistra, accusate di aver rinunciato a
qualsiasi ipotesi di trasformazione radicale dell'esistente. Di fronte al
dilagare delle occupazioni i rettori chiedono l'intervento della polizia.
Occupazioni, sgombri e nuove occupazioni si susseguono. A Torino, Palazzo
Campana, sede delle facoltà umanistiche, viene sgombrato e rioccupato più volte
in un braccio di ferro che si concluderà con un diluvio di denunce ai danni
degli occupanti. Il 2 febbraio viene occupata l'università di Roma, la più
grande d'Italia. Alla fine del mese, il rettore D'Avack fa intervenire la
polizia. Il giorno dopo, primo marzo, un corteo di protesta arriva a Valle
Giulia, sede della facoltà di architettura, e forza i blocchi della polizia.
Gli scontri durano per ore. L'eco è enorme. I giornali, in edizione
straordinaria, parlano di "battaglia". Con i fatti di Valle Giulia il
movimento studentesco si sposta definitivamente dal piano di una protesta
universitaria a quello della contrapposizione frontale con l'intero assetto
sociale.
Nella cultura del movimento
confluiscono i diversi filoni di pensiero critico e di protesta sociale che
avevano costellato gli anni '60: l'elaborazione delle riviste della sinistra
non istituzionale e quella dei vari gruppi cattolici dissenzienti; la critica
alla società dei consumi elaborata dalla Scuola di Francoforte e da Herbert
Marcuse nel suo celebre "L'uomo a una dimensione" e i fermenti
terzomondisti innescati dalle lotte di liberazione dei popoli ex coloniali e
dalla guerra nel Vietnam; l'"antipsichiatria" praticata da Franco
Basaglia nell'ospedale di Gorizia e il movimento libertario giovanile
sviluppatosi negli anni del "beat italiano". Inizialmente meno
visibile, ma destinata ad affermarsi sempre di più negli anni successivi, sino
a mettere in discussione l'intera impostazione politica del movimento, è
l'originale versione del femminismo impostata da alcune pensatrici italiane.
L'inequivoco schieramento
all'estrema sinistra del movimento studentesco scatena i neofascisti. Il 16
marzo, guidati dai deputati del Msi Anderson e Caradonna assaltano la facoltà
di lettere a Roma. Messi in fuga si barricano nella facoltà di legge tirando
dalle finestre banchi e armadi. Il leader del movimento studentesco Oreste
Scalzone resta gravemente ferito.
La protesta degli studenti non
trova alcun ascolto nel quadro politico di governo.
Da cinque anni l'Italia è guidata
da una maggioranza di centro sinistra, basata sull'alleanza tra Dc e Psi, che
ha rapidamente accantonato le iniziali promesse riformiste. Offrono invece una
sponda al movimento i partiti di sinistra, il Pci e il Psiup. Si tratta però di
un flirt di breve durata. Il Pci guarderà infatti prima con crescente sospetto,
poi con aperta ostilità a un movimento che rifiuta di riconoscerne la
leadership. Nelle elezioni politiche che si tengono in maggio, il Pci registra
una lieve avanzata e il neonato Psiup, che raccoglie la maggior parte dei voti
del movimento, coglie un notevole successo. Crollano invece i socialisti, che
perdono oltre cinque punti percentuali, mentre la Dc mantiene le sue posizioni
pressoché invariate.
Il vento della protesta arriva,
senza ancora investirle in pieno, anche nelle grandi fabbriche del nord.
In aprile, a Valdagno, gli operai
tessili della Marzotto si scontrano con la polizia e abbattono la statua di
Gaetano Marzotto, fondatore della dinastia e dell'azienda. In estate un aspro
conflitto operaio si accende al Petrolchimico di Porto Marghera. In ottobre,
alla Pirelli di Milano, nasce il Cub, comitato unitario di base, prima
struttura autonoma operaia svincolata dalla leadership dei sindacati. Fatto
ancor più rilevante, il 7 marzo uno sciopero generale indetto dai sindacati
registra per la prima volta da anni una massiccia adesione degli operai Fiat, la
principale industria del paese.
In estate, con le università
chiuse, la contestazione si sposta sul terreno delle istituzioni culturali.
Artisti e studenti interrompono la Biennale e la mostra del cinema di Venezia.
In autunno la palla passa agli studenti medi che occupano ovunque gli istituti
e riempiono le piazze con grandi cortei. Il 3 dicembre a Roma sfilano 30.000
studenti medi. Alla protesta contro l'assetto scolastico si somma quella contro
la polizia, che il giorno prima, ad Avola, Sicilia, ha aperto il fuoco contro
una manifestazione di braccianti uccidendone due.
Il 1968 si chiude nel sangue. La
notte del 31 dicembre gli studenti pisani contestano un veglione di lusso di
fronte al locale versiliese "La Bussola". Uno dei clienti spara
ferendo il sedicenne Soriano Ceccanti, che resterà paralizzato.
Nel '69 sono gli operai a
impedire che il movimento degli studenti declini come nel resto d'Europa. Tra
maggio e giugno, alla Fiat, una serie di scioperi spontanei e improvvisi,
proclamati al di fuori del controllo sindacale, paralizza la produzione per
oltre 50 giorni.
In prima fila ci sono gli operai
meno qualificati e meno sindacalizzati, spesso immigrati dal meridione, che
danno vita a un'assemblea congiunta con gli studenti. La radicalità dello scontro
si rivela in pieno quando il 3 luglio, in occasione di uno sciopero generale
cittadino, gli operai torinesi affrontano per 24 ore la polizia.
Il conflitto riprende su larga
scala in autunno, quando arrivano a scadenza i contratti di lavoro che riguardano
oltre 5 milioni di operai. L'"autunno caldo" segna il momento di
massimo scontro sociale nell'Italia del dopoguerra. Gli operai rinnegano la
suddivisione della forza lavoro in fasce diversamente qualificate e chiedono
che il salario sia svincolato dalla produttività. Nascono in questi mesi i
principali gruppi della sinistra extraparlamentare, mentre i sindacati, in un
primo momento colti di sopresa dalle dimensioni dell'agitazione operaia, danno
vita a strutture unitarie di base, i Consigli di fabbrica.
In un clima di asprezza senza precedenti, il
12 dicembre a Milano una bomba deposta nella Banca nazionale dell'agricoltura
uccide 12 persone. E' l'inizio della strategia della tensione, una sanguinosa
catena di stragi che si ripeteranno per tutti gli anni '70 e i cui colpevoli
non verranno mai scoperti. Sull'onda della strage di Milano, della quale viene
accusato un gruppo di anarchici poi assolti, i contratti vengono firmati prima
della fine dell'anno. Lo scontro sociale però non si interrompe neppure così.
Negli anni '70 si allargherà ulteriormente, sino a coinvolgere oltre agli
operai e agli studenti, praticamente tutti i settori della società civile.
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